Era abbastanza facile pensare che le grandi mistificazioni – diffuse già dal giorno 8 da parte di autorevoli ambienti ecclesiali circa l’impatto pastorale e teologico dell’esortazione apostolica – avrebbero avuto vita breve. Affermare con disinvoltura che «non c’era nulla di nuovo» e che tutti i 325 numeri di AL dovessero essere interpretati esclusivamente alla luce di 4 o 5 numeri di Familiaris consortio appariva, fin da allora, una “linea di resistenza” priva di qualsiasi plausibilità e molto prossima alla irresponsabilità. Nei giorni successivi, tuttavia, questa “lettura” aveva anche iniziato a passare dai giornali e dalle interviste alle “pratiche pastorali”: ho infatti notizia certa che alcuni relatori – di fronte al clero radunato in singole diocesi – avrebbero già avvalorato irresponsabilmente questa lettura infondata.
Bisogna riconoscere, tuttavia, che fin dall’inizio una larga parte dell’opinione pubblica, buona parte dei teologi e dei pastori, aveva invece rilevato le grandi novità che AL comporta e si era disposta alla “conversione pastorale” necessaria.
Ma ora provvede direttamente papa Francesco a dissolvere le residue ostinate resistenze. Facendo ritorno dall’Isola di Lesbo, durante la consuete conferenza stampa “ad alta quota”, Francesco ha risposto non solo alle pressanti domande sul senso della visita e sulle implicazioni politiche e umanitarie del suo gesto, ma anche sulle prime reazioni a AL. Riporto qui di seguito il testo, riprendendolo da Avvenire, e poi lo commento:
Il testo della intervista (da “Avvenire”)
Domanda: Come lei sa ci sono state molte discussioni su uno dei punti della sua esortazione Amoris lætitia: alcuni sostengono che niente è cambiato per l’accesso ai sacramenti ai divorziati risposati, altri sostengono che molto è cambiato e ci sono tante nuove aperture. Ci sono nuove possibilità concrete o no?
«Io posso dire sì. Ma sarebbe una risposta troppo piccola. Vi raccomando di leggere la presentazione del documento che ha fatto il cardinale Schönborn, che è un grande teologo e ha lavorato alla Congregazione per la dottrina della fede».
Domanda: Perché ha messo in una nota e non nel testo il riferimento all’accesso ai sacramenti?
«Senta, uno degli ultimi papi, parlando del Concilio, ha detto che c’erano due concili, quello Vaticano II, in San Pietro, e quello dei media. Quando ho convocato il primo Sinodo, la grande preoccupazione della maggioranza dei media era: potranno fare la comunione i divorziati risposati? Siccome io non sono santo, questo mi ha dato un po’ di fastidio e un po’ di tristezza. Perché quei media non si accorgono che quello non è il problema importante. La famiglia è in crisi, i giovani non vogliono sposarsi, c’è un calo di natalità in Europa che è da piangere, la mancanza di lavoro, i bambini che crescono da soli… Questi sono i grandi problemi. Io quella nota non la ricordo, ma se è in nota è perché è una citazione della Evangelii gaudium».
Le risposte e il loro contesto
Va subito detto che queste sono le ultime due domande di una lunga intervista dedicata, per 4/5 al tema della catastrofe umanitaria, della tristezza per la disumanità delle condizioni di vita dei profughi. Alla fine di queste considerazioni, le due domande sull’esito del Sinodo suonano quasi “strane” e “inopportune”. Ciò spiega anche perché, nella seconda risposta, il papa insista giustamente nel non “perdere il senso delle proporzioni” e non smarrire le priorità del testo. Dunque la prima preoccupazione è di recuperare il discorso di fondo, su amore, matrimonio e famiglia. Solo all’interno di questa prospettiva “fisiologica” si può cogliere il senso della risposta alle “patologie”.
Ma, accanto a ciò, bisogna riconoscere che Francesco ammette apertamente tre cose:
a) Rispetto alla condizione dei “divorziati risposati” ci sono nuove possibilità concrete di accesso ai sacramenti;
b) Per capirlo, il riferimento indicato da Francesco, ovviamente oltre al testo di AL, è la presentazione del card. Schönborn
c) Circa la “querelle sulla nota”, altro pretesto sollevato dai negatori di ogni novità, Francesco la riconduce ad una citazione di Evangelii gaudium, come asserzione già acquisita dal magistero.
La affermazione chiara e i due rinvii
Allora possiamo dire che troviamo in questa intervista una affermazione chiara e due rinvii.
L’affermazione chiara è che ci sono novità concrete, che impegnano la Chiesa ad una svolta pastorale di discernimento, accompagnamento e integrazione, non riducibile alla prassi precedente. Chi volesse ancora negarlo, non potrebbe farlo con la “copertura” di papa Francesco. Questo, sia chiaro, resta possibile, anche per i teologi che vogliano segnalare al magistero il loro motivato dissenso.
Ma dei due rinvii, quello alla presentazione del card. Schönborn appare particolarmente importante. Che cosa aveva detto, in proposito, Schönborn, nel giorno della presentazione?
Riporto qui di seguito la parte conclusiva del discorso del card. Schönborn, che è molto chiara:
«Si pone naturalmente la domanda: e cosa dice il papa a proposito dell’accesso ai sacramenti per persone che vivono in situazioni “irregolari”? Già papa Benedetto aveva detto che non esistono delle “semplici ricette” (AL 298, nota 333). E papa Francesco torna a ricordare la necessità di discernere bene le situazioni, nella linea della Familiaris consortio (84) di san Giovanni Paolo II (AL 298). “Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio” (AL 305). E papa Francesco ci ricorda una frase importante che aveva scritto nell’Evangelii gaudium 44: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà” (AL 304). Nel senso di questa “via caritatis” (AL 306) il papa afferma, in maniera umile e semplice, in una nota (351), che si può dare anche l’aiuto dei sacramenti “in certi casi”. Ma allo scopo egli non ci offre una casistica, delle ricette, bensì ci ricorda semplicemente due delle sue frasi famose: “Ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” (EG 44) e l’eucaristia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (EG 44).
Non è una sfida eccessiva per i pastori, per le guide spirituali, per le comunità, se il “discernimento delle situazioni” non è regolato in modo più preciso? Papa Francesco conosce questa preoccupazione: “comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione” (AL 308). Ad essa egli obietta dicendo: “poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e quello è il modo peggiore di annacquare il Vangelo” (AL 311).
Papa Francesco confida nella “gioia dell’amore”. L’amore sa trovare la via. È la bussola che ci indica la strada. Esso è il traguardo e il cammino stesso, perché Dio è l’amore e perché l’amore è da Dio. Niente è così esigente come l’amore. Esso non si può avere a buon mercato. Per questo nessuno deve temere che papa Francesco ci inviti, con “Amoris laetitia”, a un cammino troppo facile. Il cammino non è facile, ma è pieno di gioia!».
Queste poche parole del card. Schönborn – che meritano di essere lette nella loro integralità – aiutano anche nell’ermeneutica della nota 351. Essa introduce, – umilmente e senza fanfare, quasi in modo penitenziale – la via dei sacramenti come possibile “terapia”. Su tutto questo la Chiesa deve meditare, ma non per affannarsi a negare la evidenza di un cambiamento, ma per collocarsi dentro questa necessaria “conversione pastorale” con tutta la lucidità e la prudenza necessaria. Non raramente, infatti, la cosa più prudente che si possa fare, in situazioni di emergenza, è anzitutto quella di non restare immobili nelle proprie abitudini pratiche e irrigiditi nei propri orizzonti mentali. Ma la resistenza delle abitudini stanche e degli orizzonti ristretti è molto forte. Forse solo una “interpretazione autentica dall’alto” è in grado di smuoverla: dove non arriva la evidenza, può rimediare la autorità. In pieno stile cattolico.
Pubblicato il 17 aprile 2016 nel blog: Come se non