L’8 giugno, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, si è concluso l’iter di approvazione dell’Istruzione Ecclesiae Sponsae Imago, sulla consacrazione nell’Ordo virginum. L’Istruzione, scritta dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica (CIVCSVA), è il primo documento della Sede Apostolica che «stabilisce i principi normativi e i criteri orientativi che i pastori di ogni diocesi e Chiesa particolare assimilata alla Diocesi dovranno applicare nella cura pastorale dell’Ordo virginum» (ESI 10).
Ecclesiae Sponsae Imago risponde alle numerose richieste pervenute alla CIVCSVA da parte dei vescovi e delle vergini consacrate, riguardo alla vocazione dell’Ordo virginum, alla sua presenza nella Chiesa, alla formazione e al discernimento vocazionale. L’Istruzione vuole aiutare a scoprire la bellezza di questa vocazione e a delinearne la fisionomia «affinché nel necessario adeguamento ai diversi contesti culturali sia custodita l’identità specifica dell’Ordo virginum» (ESI 10). Il documento è frutto di un lavoro sinodale cui hanno partecipato vescovi, vergini consacrate ed esperti di ogni parte del mondo che hanno cercato di mettere in luce le specificità e le ricchezze di questa forma di vita.
Uno stato di vita antico
Si tratta della più antica forma di consacrazione delle vergini – nata nei primi secoli, poi ripristinata e promossa a partire dal concilio Vaticano II – che negli ultimi anni ha visto una grande fioritura in ogni continente, specialmente in Francia e in Italia. È una forma di vita cui aderiscono le donne che sentono la chiamata a donarsi totalmente al Signore col proposito di verginità, continuando a vivere nel mondo; è il desiderio di vivere una «totalità» gioiosa nel dono di sé e, di conseguenza, la ricerca costante del primato della contemplazione pur nella totale disponibilità per il servizio nella Chiesa, con e per i fratelli. Lo specifico della verginità consacrata è la sponsalità con Cristo per seguirlo e amarlo con cuore indiviso, divenendo segno eloquente dell’amore sponsale della Chiesa a Cristo.
«Nei primi tre secoli numerosissime furono le vergini consacrate che per restare fedeli al Signore subirono il martirio. Tra queste Agata di Catania, Lucia di Siracusa, Agnese e Cecilia di Roma, Tecla di Iconio, Apollonia di Alessandria, Restituta di Cartagine, Justa e Rufina di Siviglia. In seguito e fino ad oggi, la memoria delle vergini martiri è rimasta come vivo richiamo al dono totale di sé che la consacrazione verginale esige. Nelle donne che accoglievano questa vocazione e vi corrispondevano con la decisione di perseverare nella verginità per tutta la vita, i Padri della Chiesa vedevano riflessa l’immagine della Chiesa Sposa totalmente dedita al suo Sposo: per questo si riferivano a loro come sponsae Christi, Christo dicatae, Christo maritatae, Deo nuptae» (ESI 2).
L’Istruzione si sviluppa in tre parti: la vocazione e la testimonianza dell’Ordo virginum; la configurazione dell’Ordo virginum nelle Chiese particolari e nella Chiesa universale; il discernimento vocazionale e la formazione per l’Ordo virginum.
Una vocazione sponsale
A partire dal fondamento biblico e cristologico della verginità consacrata, la prima parte del documento presenta il carisma, la fisionomia e la forma di vita assunta dalle vergini. «Come ogni vocazione cristiana, la vocazione delle vergini consacrate nell’Ordo virginum è esperienza del dialogo tra la grazia divina e la libertà umana. La dedizione di sé da parte della vergine infatti è preceduta, sostenuta e portata a compimento dalla iniziativa libera e gratuita di Dio, sul fondamento della vocazione battesimale e nella trama generativa e fraterna delle relazioni ecclesiali» (ESI 21).
Viene sottolineato anche l’inscindibile nesso tra consacrazione battesimale e consacrazione verginale, per la quale la donna è segno escatologico della Chiesa sposa e, nella condizione verginale, si apre al dono della maternità spirituale: «Il carisma della verginità, accolto dalla donna e confermato dalla Chiesa mediante la consacrazione, è dono che proviene dal Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito: esso custodisce, purifica, sana ed eleva la capacità di amare della persona, riconducendo a unità ogni frammento della sua storia e le diverse dimensioni della sua umanità – spirito, anima e corpo –, perché possa corrispondere alla grazia con la dedizione integrale, libera e gioiosa della propria esistenza» (ESI 23).
«Perché i carismi personali possano essere riconosciuti, accolti e vissuti nella loro autenticità», è imprescindibile l’accompagnamento spirituale da parte del vescovo, con il quale le consacrate si confrontano e maturano il loro progetto di vita, armonizzando servizio alla Chiesa e al prossimo, in una gioiosa e umile disponibilità che le aiuta a mettere a frutto doni e carismi. «Attente a cogliere gli appelli che vengono dal contesto in cui vivono e sollecite nel mettere a disposizione del Signore i doni da Lui ricevuti, sono chiamate a dare il proprio contributo per rinnovare la società secondo lo spirito del Vangelo, accettando senza ingenuità o riduzionismi l’impegno della elaborazione culturale della fede e assumendo come propria la predilezione della Chiesa per i poveri, i sofferenti, gli emarginati» (ESI 39). Una vita di preghiera e comunione con Cristo sposo è fonte e culmine della vita spirituale, punto di partenza e di arrivo, luogo in cui affidare il percorso umano, il lavoro apostolico e la testimonianza di vita.
Radicate nella Chiesa sposa
La seconda parte dell’Istruzione è dedicata alla configurazione ecclesiale dell’Ordo virginum e alle concrete implicazioni del radicamento diocesano. «Chiamate a far risplendere nella loro esistenza la carità che è principio dell’unità e della santità dell’intero corpo della Chiesa, le donne che ricevono questa consacrazione restano radicate nella porzione del popolo di Dio in cui già vivono e in seno alla quale si è compiuto il discernimento vocazionale e la preparazione alla consacrazione» (ESI 42). È questo uno speciale vincolo di appartenenza reciproca: la consacrata si riconosce figlia di una Chiesa particolare, condivide la sua storia di santità, contribuisce alla sua edificazione e partecipa alla sua missione. «La Chiesa particolare, nelle sue diverse componenti, è chiamata ad accogliere la vocazione delle consacrate, accompagnare e sostenere il loro cammino, riconoscendo che la consacrazione verginale e i carismi personali di ciascuna consacrata sono doni per l’edificazione della comunità e la missione ecclesiale» (ESI 42).
Comunione con Cristo, con la Chiesa e con le altre consacrate. Nello spirito evangelico, le consacrate dell’Ordo virginum si impegnano a coltivare la comunione tra loro attraverso la preghiera le une per le altre, la condivisione di esperienze formative, la conoscenza reciproca. Il vescovo diocesano «sostiene la comunione tra le consacrate e il senso di corresponsabilità per la vitalità della loro testimonianza ecclesiale, promuovendo occasioni di incontro, iniziative e percorsi di formazione comune e concordando con le consacrate le modalità con cui, tenendo conto delle concrete circostanze, a livello diocesano può configurarsi il servizio di comunione. Incoraggia inoltre i contatti e la collaborazione con le consacrate di altre diocesi» (ESI 48).
Discernere e accompagnare
Nella terza parte del documento vengono individuati i criteri fondamentali per il discernimento vocazionale, la formazione previa alla consacrazione e la formazione permanente. «Dato il radicamento di questa forma di vita consacrata nella Chiesa particolare, il discernimento vocazionale, la formazione previa alla consacrazione e la cura della formazione permanente si realizzano mediante percorsi ecclesiali che, oltre alla responsabilità delle stesse donne interessate, richiedono l’attenzione e l’accompagnamento della comunità cristiana, e in modo particolare interpellano la responsabilità pastorale del vescovo diocesano» (ESI 76). È qui delineato il ruolo del vescovo diocesano, cui spetta il compito di discernere la vocazione delle aspiranti e delle candidate, provvedere affinché ciascuna possa ricevere un’accurata formazione iniziale, portare a compimento il discernimento relativo alla ammissione alla consacrazione, accompagnarne e sostenerne il cammino. Il vescovo dovrà anche valorizzare le risorse presenti in diocesi, in primo luogo l’esperienza e la competenza delle stesse consacrate e attivare le opportune collaborazioni per impostare i percorsi di discernimento vocazionale e di formazione.
La formazione permanente ha il compito di aiutare la persona a corrispondere in modo sempre più pieno alla vocazione ricevuta, di accompagnarla nelle varie fasi della vita, aiutandola a sviluppare la propria personalità, a mettere a frutto i talenti a servizio della Chiesa e del mondo in maniera armoniosa e organica. A tal fine essa deve seguire e sostenere ogni momento della vita considerando le problematiche relative all’età, al contesto lavorativo, alle condizioni di salute. «Devono essere coinvolte tutte le dimensioni dell’esistenza della consacrata: il suo essere donna in un determinato contesto culturale e sociale, discepola del Signore nella Chiesa pellegrina nella storia, chiamata ad essere segno peculiare dell’amore sponsale di Cristo e della Chiesa come consacrata nella forma di vita propria dell’Ordo virginum» (ESI 108).
La formazione esige umiltà nel farsi plasmare dall’esperienza quotidiana, senso di responsabilità, attenzione, «la disponibilità costante a imparare dall’esperienza, cioè la disposizione a lasciarsi condurre dallo Spirito nel dinamismo della fede, elaborando alla luce del Vangelo il significato delle diverse fasi della propria esistenza e il proprio modo di rendere ragione della speranza cristiana di fronte alle sollecitazioni della cultura contemporanea» (ESI 108).
Sono più di cinquemila le vergini consacrate presenti oggi in ogni parte del mondo cui è stata indirizzata l’Istruzione; migliaia, i vescovi cui è richiesta la cura pastorale di questa peculiare vocazione femminile, che la Chiesa universale accompagna con la preghiera affinché possa «annunciare con la parola e con la vita il Vangelo di salvezza per diventare immagine della Chiesa Sposa che, vivendo unicamente per Cristo Sposo, lo rende presente al mondo» (ESI 114).