«Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune.
Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi.
Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”,[1] e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo».
È il nuovo testo del n. 2267 della editio typica del Catechismo della Chiesa cattolica (CCC) in vigore dal 2 agosto 2018, a seguito della pubblicazione del rescritto[2] a firma del card. Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.[3] La precedente versione del 1997, risalente al CCC approvato da Giovanni Paolo II con la lettera apostolica Laetamur magnopere,[4] era del seguente tenore:
«L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani.
Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.
Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti”».[5]
Modifica annunciata
La modifica del Catechismo era stata esplicitamente auspicata da Francesco nel discorso dell’11 ottobre 2017 ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.
Nell’occasione, il vescovo di Roma disse che la problematica della pena di morte «non può essere ridotta a un mero ricordo di insegnamento storico senza far emergere non solo il progresso nella dottrina ad opera degli ultimi Pontefici, ma anche la mutata consapevolezza del popolo cristiano, che rifiuta un atteggiamento consenziente nei confronti di una pena che lede pesantemente la dignità umana. Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. È in se stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante. Mai nessun uomo, “neppure l’omicida perde la sua dignità personale”,[6] perché Dio è un Padre che sempre attende il ritorno del figlio il quale, sapendo di avere sbagliato, chiede perdono e inizia una nuova vita. A nessuno, quindi, può essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale ed esistenziale che torni a favore della comunità… È necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona».
Va ricordato che, con riferimento alla pena di morte in sede di trattazione delle specificazioni dei precetti del decalogo, la Pontificia Commissione Biblica nel 2008 affermò che «con il corso della storia e lo sviluppo delle civiltà, la Chiesa ha pure affinato le proprie posizioni morali riguardanti la pena di morte e la guerra in nome di un culto della vita umana che essa nutre ininterrottamente meditando la Scrittura e che prende sempre più colore di un assoluto. Ciò che sottende queste posizioni apparentemente radicali è sempre la stessa nozione antropologica di base: la dignità fondamentale dell’uomo creato a immagine di Dio».[7]
A questo punto, sarebbe utile che si procedesse anche alla rettifica del paragrafo n. 405[8] del Compendio della dottrina sociale della Chiesa che recepisce l’ormai abrogato n. 2267 del CCC.
Provvedimento favorevolmente accolto
Il provvedimento di Francesco è stato accolto con entusiasmo da quelle organizzazioni – come Nessuno tocchi Caino o Amnesty International – e da quegli organismi ecclesiali – come la Comunità di Sant’Egidio –, che da tempo sono impegnati per l’abolizione della pena di morte.
Per Nessuno tocchi Caino, si tratta di «un altro importantissimo passo di papa Francesco verso l’abolizione delle pene inumane e degradanti per l’affermazione senza eccezioni della dignità umana. La cancellazione netta della riserva di legittimità della pena di morte nei casi più gravi, seppur rari, ancora presente nel Nuovo Catechismo, rappresenta un’ulteriore tappa della missione evangelica di questo straordinario Pontefice. Dopo l’introduzione del reato di tortura e l’abolizione dell’ergastolo[9] – una «pena di morte mascherata», come Francesco l’ha definita – nell’ordinamento vaticano, questa nuova riforma è altrettanto importante perché riguarda un testo di respiro universale che impegna i cattolici in tutto il mondo ad adoperarsi per porre fine a questo e ad analoghi anacronismi penali della storia umana, quali sono la condanna a morte e la condanna a vita, la pena di morte e la pena fino alla morte».
Da parte sua, Amnesty International ha accolto l’iniziativa di Francesco come «un importante passo avanti». «Già in passato, la Chiesa aveva espresso la sua avversione per la pena di morte, ma con parole che non escludevano ambiguità», ha detto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia. «Oggi lo dicono in un modo ancora più chiaro». Inoltre, sempre il portavoce di Amnesty Italia ha elogiato la chiara indicazione dell’impegno della Chiesa per l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo.
La Comunità di Sant’Egidio ha accolto con riconoscenza e soddisfazione la decisione di papa Francesco. Nella nuova formulazione del paragrafo 2267 del CCC – si legge in un comunicato pubblicato nel sito della Comunità – la pena capitale è definita «inammissibile alla luce del Vangelo perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona». «La decisione del papa è un’ulteriore spinta alla Chiesa e ai cattolici, a partire dal Vangelo, a rispettare la sacralità della vita umana e a impegnarsi in ogni continente e a ogni livello per l’abolizione di questa pratica disumana. La Comunità, da anni promotrice di campagne contro la pena di morte in tutto il mondo, si sente ulteriormente coinvolta in questa battaglia di civiltà e di umanità. Siamo convinti che un giorno la pena capitale scomparirà dagli ordinamenti giuridici come in Europa – unico continente che finora ha bandito la pena di morte – e come già sta avvenendo in tanti Paesi, soprattutto in Africa».
La situazione della pena di morte nel mondo
È di rilievo che nella nuova formulazione del n. 2267 del CCC si affermi che «la Chiesa si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo».
Al riguardo va ricordato che, pur essendo la pena di morte abolita per legge o nella pratica in più di due terzi dei paesi al mondo, continuano ad essere ben cinquantasei gli Stati che la mantengono.
Ecco la situazione alla data del 31 dicembre 2017;[10]
- 106 paesi hanno abolito la pena di morte per ogni reato;
- 7 paesi l’hanno abolita salvo che per reati eccezionali, quali quelli commessi in tempo di guerra o in circostanze eccezionali;
- 29 paesi sono abolizionisti de facto poiché non vi si registrano esecuzioni da almeno dieci anni oppure hanno stabilito una prassi o hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte;
- 56 paesi mantengono in vigore la pena capitale, ma il numero di quelli dove le condanne a morte sono eseguite è molto più basso.
I Paesi che hanno abolito la pena di morte per tutti i reati sono i seguenti: Albania, Andorra, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Benin, Bhutan, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Burundi, Cambogia, Canada, Capo Verde, Cipro, Città del Vaticano, Colombia, Congo (Repubblica del), Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Danimarca, Ecuador, Estonia, Filippine, Finlandia, Figi, Francia, Gabon, Georgia, Germania, Gibuti, Grecia, Guinea, Guinea Bissau, Haiti, Honduras, Irlanda, Islanda, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Salomone, Italia, Kirghizistan, Kiribati, Liechtenstein, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Madagascar, Malta, Mauritius, Messico, Micronesia, Moldavia, Monaco, Mongolia, Montenegro, Mozambico, Namibia, Nauru, Nepal, Nicaragua, Niue, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Palau, Panama, Paraguay, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Repubblica Slovacca, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, Sao Tomè e Principe, Senegal, Serbia (incluso il Kosovo), Seychelles, Slovenia, Spagna, Sudafrica, Suriname, Svezia, Svizzera, Timor Est, Togo, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Ucraina, Ungheria, Uruguay, Uzbekistan, Vanuatu, Venezuela.
I Paesi che hanno abolito la pena di morte per reati comuni sono i seguenti: Brasile, Cile, El Salvador, Guatemala, Israele, Kazakistan, Perù.
I Paesi che hanno abolito de facto la pena di morte sono i seguenti: Algeria, Brunei Darussalam, Burkina Faso, Camerun, Corea del Sud, Eritrea, Federazione Russa, Ghana, Grenada, Kenya, Laos, Liberia, Malawi, Maldive, Mali, Mauritania, Marocco, Myanmar, Niger, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sri Lanka, Swaziland, Tagikistan, Tanzania, Tonga, Tunisia, Zambia.
I Paesi che, invece, mantengono la pena di morte sono i seguenti:[11] Afghanistan*, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita*, Bahamas, Bahrain*, Bangladesh*, Barbados, Belize, Bielorussia*, Botswana, Ciad, Cina*, Comore, Corea del Nord*, Cuba, Dominica, Egitto*, Emirati Arabi Uniti*, Etiopia, Gambia, Giamaica, Giappone*, Giordania*, Guinea Equatoriale, Guyana, India, Indonesia, Iran*, Iraq*, Kuwait*, Lesotho, Libano, Libia, Malesia*, Nigeria, Oman, Palestina (Stato di)*, Pakistan*, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Singapore*, Siria, Somalia*, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Stati Uniti d’America*, Sudan, Sudan del Sud*, Thailandia, Taiwan, Trinidad e Tobago, Uganda, Vietnam*, Yemen*, Zimbabwe.
E in Italia?
«La pena di morte non è un diritto, ma è una guerra della nazione contro un suo cittadino». Così scriveva nel 1764 Cesare Beccaria in Dei delitti e delle pene. A distanza di più di due secoli, l’esigenza che gli Stati interrompano questa inutile e barbara guerra continua ad essere di tragica attualità.
La pena di morte va abolita in tutto il mondo perché è una pena incivile, che contraddice ad ogni accettabile legittimazione del diritto di punire. Solo chi non ha sufficiente rispetto per la vita altrui può pensare di disporne liberamente. Gli Stati non devono mai ergersi a giustizieri e al contempo non devono rinunciare ad essere luoghi dove venga esercitata una giustizia mite, equa e non vendicativa. La morte è infatti antitetica e in opposizione ontologica ad una qualsiasi idea di giustizia.
La Costituzione italiana, all’articolo 27,[12] con coraggio e lungimiranza ha sancito che le pene non devono mai consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Con legge Costituzionale n. 1 del 2 ottobre 2007 l’articolo è stato emendato, con l’esclusione della pena di morte anche dai codici militari di guerra e oggi il relativo quarto comma recita così: «Non è ammessa la pena di morte».[13]
Come ha avuto modo di affermare la Corte Costituzionale,[14] il divieto della pena di morte ha un rilievo del tutto particolare – al pari di quello delle pene contrarie al senso di umanità – nella prima parte della Carta costituzionale. Introdotto dal quarto comma dell’articolo 27,[15] esso si configura nel sistema costituzionale «quale proiezione della garanzia accordata al bene fondamentale della vita, che è il primo dei diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti dall’articolo 2».
Non solo la Repubblica non può prevedere la pena di morte e tutte le pene inumane e degradanti, ma è anche vietata l’estradizione in Paesi che potrebbero applicarla alla persona di cui chiedono l’estradizione o verso i quali si prospetta l’ipotesi di espulsione.[16]
E non è consentita nemmeno l’importazione di organi, a fini di trapianto, da Paesi che praticano l’espianto dal corpo di condannati a morte.[17]
[1] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (11 ottobre 2017).
[2] Nel diritto canonico il “rescritto” è una risposta scritta a carattere normativo, data dal papa su questioni di teologia, o da un’autorità ecclesiastica riguardo alla concessione di grazia o a risoluzioni di controversie.
[3] Come ha scritto Alberto Melloni su “La Repubblica” del 3 agosto 2018, la decisione papale, «gesto giusto e salutato da entusiasmo…, arriva 50 anni dopo l’abolizione della pena di morte dalla Città del Vaticano, 155 dopo il pensionamento di Mastro Titta, il leggendario boia del papa che lasciò il lavoro dopo 564 esecuzioni, e 26 dopo la pubblicazione del Catechismo».
[4] Che, peraltro, aveva modificato sensibilmente quanto, in tema di pena di morte, era contenuto nel Catechismo di Pio X del 1905. Alla domanda “Vi sono dei casi nei quali sia lecito uccidere il prossimo?” il numero 413 del Catechismo rispondeva: «È lecito uccidere il prossimo quando si combatte in una guerra giusta, quando si eseguisce per ordine dell’autorità suprema la condanna di morte in pena di qualche delitto; e finalmente quando trattasi di necessaria e legittima difesa della vita contro un ingiusto aggressore».
[5] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 56.
[6] Francesco, Lettera al Presidente della Commissione Internazionale contro la pena di morte (20 marzo 2015).
[7] Pontificio Commissione Biblica Bibbia e morale. Radici bibliche dell’agire cristiano, 2008, n. 98.3.
[8] Il paragrafo, che fa riferimento al n. 2267 CCC e all’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, riassume bene la posizione ufficiale della Chiesa cattolica fino al 1° agosto 2018 che oscilla tra l’ammissione, a livello strettamente teorico, della legittimità della pena di morte e l’affermazione, sul terreno operativo, della sua impraticabilità per l’assenza delle condizioni richieste. Il paragrafo in questione afferma quanto segue: «La Chiesa vede come un segno di speranza “la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di “legittima difesa” sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi” (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 27). Seppure l’insegnamento tradizionale della Chiesa non escluda — supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole — la pena di morte “quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani” (CCC n. 2267), i metodi non cruenti di repressione e di punizione sono preferibili in quanto “meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e più conformi alla dignità della persona umana” (CCC n. 2267) Il crescente numero di Paesi che adottano provvedimenti per abolire la pena di morte o per sospenderne l’applicazione è anche una prova del fatto che i casi in cui è assolutamente necessario sopprimere il reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 56). La crescente avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte e i vari provvedimenti in vista della sua abolizione, ovvero della sospensione della sua applicazione, costituiscono visibili manifestazioni di una maggiore sensibilità morale».
[9] Con il motu proprio dell’11 luglio 2013 “sulla giurisdizione degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano in materia penale”.
[10] I dati riportati sono ricavati dal Rapporto di Amnesty International, Condanne a morte ed esecuzioni nel 2017, pubblicato nell’aprile 2018.
[11] Quelli contrassegnati con * hanno eseguito condanne a morte nel 2017.
[12] L’articolo 27 della Costituzione Italiana recita: «(1) La responsabilità penale è personale. (2) L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. (3) Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. (4) Non è ammessa la pena di morte».
[13] Con legge ordinaria 13 ottobre 1994 n. 589 la pena di morte era già stata abolita dal codice militare di guerra e sostituita dall’ergastolo.
[14] Con sentenza n. 223 del 27 giugno 1996.
[15] La pena di morte nell’ Italia unita, abolita con il Codice Zanardelli (1889), venne reintrodotta dal fascismo con la legge 25 novembre 1926 n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato), istitutiva del Tribunale speciale per la difesa dello Stato.
[16] Articolo 698, secondo comma, c.p.p.
[17] Articolo 2 del Decreto Ministero della salute 2 dicembre 2004 recante “Modalità per il rilascio delle
autorizzazioni all’esportazione o all’importazione di organi e tessuti”.