Degli aspetti tecnici della Direttiva UE sul diritto d’autore – sulla quale il Parlamento europeo ha approvato il 12 settembre un compromesso che dà in sostanza avvio ai negoziati finali sul testo, peraltro ancora ricchi di insidie e di possibili sorprese – si è parlato molto e si parlerà ancora a lungo. Dall’obbligo per le piattaforme di rimuovere contenuti illegali a quello di remunerare i creatori di contenuti, molte sono le questioni aperte e molte le polemiche.
Gli aspetti più interessanti del voto sono però di natura politica. Dal punto di vista del processo che ha portato al voto, si deve segnalare una violenta campagna di disinformazione e di intimidazione online – che alcuni studi mostrano essere sospettosamente legata a società di consulenza in affari con le grandi piattaforme – verso gli eurodeputati nel momento più alto della loro funzione: quello, per l’appunto, di legiferare.
Chiunque abbia seguito il tema sui social, Twitter o Facebook, conosce la quantità di odio, fake-news, teorie della cospirazione che sono circolati in materia di copyright negli ultimi mesi. Gli eurodeputati sono stati letteralmente sommersi di messaggi e di tweet, spesso carichi di insulti, con messaggi iper-semplificati, spesso falsi e grondanti di demagogia.
La vicenda solleva, ancora una volta, pesanti questioni sul dibattito democratico nell’epoca digitale. Se la partecipazione popolare su temi cruciali come quello del copyright non è certo una novità deve essere vista senz’altro con favore, ci si chiede fino a che punto essa sia stata “popolare” in questo caso, e quanto, al contrario sia stata sapientemente eterodiretta e, in parte, artificiale.
Riguardo invece al risultato del voto, il punto politico più importante è quello della responsabilizzazione delle piattaforme. La posizione dei vari Google e Facebook di essere dei semplici intermediari e di non avere pertanto obblighi specifici rispetto ai contenuti che ospitano altri che quelli delle loro “regole” interne – che gli utenti accettano incondizionatamente con un paio di click – subisce una breccia profonda.
Gli obblighi imposti dal legislatore europeo nell’ambito del diritto d’autore escono dai soliti ambiti di “nicchia” – quali terrorismo, sicurezza pubblica e protezione dei minori – su cui le piattaforme, seppur con molta riluttanza, hanno accettato di cooperare con le autorità nazionali ed europee.
Il diritto d’autore tocca infatti in maniera trasversale all’essenza del business-model delle piattaforme: il contenuto. Se la Direttiva dovesse arrivare ad approvazione finale nella sua forma attuale, essa potrebbe davvero, come è stato per le regole sulla protezione dei dati, fare scuola e diventare lo standard principale a livello globale.
Non solo, essa potrebbe rappresentare un precedente per la Commissione europea per ritoccare la madre di tutte le norme in ambito online: la famigerata Direttiva e-Commerce, che è ormai vecchia di 20 anni e si basa, per l’appunto, sull’assenza di responsabilità da parte delle piattaforme per i contenuti caricati dagli utenti. Ne vedremo delle belle.