Nel corso dell’assemblea plenaria autunnale della Conferenza episcopale tedesca (Fulda, 24-27 settembre) è stato discusso e reso ufficialmente noto uno studio da essa commissionato sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica in Germania.
Lo studio «Abuso sessuale su minori da parte di sacerdoti, diaconi e membri di ordini religiosi cattolici nel settore di competenza della Conferenza episcopale tedesca» ci mostra in modo chiaro ed esplicito che l’abuso sessuale su minori nella Chiesa cattolica non è affatto un tema superato. Questo studio dà un profondo sguardo al passato.
In tutta chiarezza dico questo: l’abuso sessuale è un crimine. Chi è colpevole deve essere punito. Troppo a lungo nella Chiesa si è negato l’abuso, si è girato lo sguardo e si è tenuto nascosto. Chiedo perdono per tutti i fallimenti e per tutto il dolore. Provo vergogna per la fiducia che è stata distrutta, per i crimini fatti a persone da parte di autorità della Chiesa e sento vergogna per i molti che guardano dall’altra parte, che non vogliono accettare quello che è successo e che non hanno pensato alle vittime. Questo vale anche per me. Non abbiano saputo ascoltare le vittime. Questo non deve rimanere senza conseguenze! Le vittime hanno diritto alla giustizia.
Dal 2010 noi, nella Conferenza episcopale tedesca ci siamo impegnati, prendendo anche le relative misure, di dare l’assoluta priorità ad un incondizionato orientamento alle vittime e di evitare altre vittime. Ma ora mi chiedo: è sufficiente quello che facciamo? Alle vittime della violenza sessuale deve essere resa giustizia. Non vogliamo combattere l’abuso sessuale nella Chiesa non tenendo conto delle vittime. Dobbiamo creare un clima in cui anche altri abbiano il coraggio di elaborare la loro sofferenza e le loro ferite.
Troppo a lungo abbiamo guardato altrove, per amore dell’istituzione e per difendere noi, vescovi e preti. Accettiamo strutture di potere e abbiamo spesso promosso un clericalismo che, a sua volta, ha favorito violenza e abuso. Abbiamo potuto onorare in parte nostri impegni del 2010, ma non abbiamo ancora finito: infatti, i risultati di questo studio mostrano con evidenza che dobbiamo andare avanti.
Il confronto con la violenza sessuale nella Chiesa esige tuttora il nostro energico impegno. Di nuovo: come Chiesa abbiamo una responsabilità e dobbiamo prenderci questa responsabilità. Come Chiesa vogliamo rinnovare la fiducia e non deludere. Lo so che è difficile. Capisco coloro che dicono: Non vi crediamo. Spero vivamente che potremo riacquistare fiducia. E, detto chiaramente, non si tratta di salvare un’istituzione. Stamattina il consorzio di ricerca ci ha fornito un’ampia presentazione. Il confronto con i risultati e le conseguenze non è quindi concluso, ma comincia adesso.
Lo sguardo sul passato era ed è necessario, per affrontare con determinazione un nuovo capitolo. A questo punto, vorrei rivolgere un sincero ringraziamento al consorzio di ricerca che si è posto questo arduo compito e a tutti coloro che hanno sostenuto il progetto nelle diocesi. Sono grato agli esperti esterni che hanno aiutato il consorzio, ma hanno aiutato anche noi, a guardare in modo critico. Erano e sono persone che potremo consultare per introdurre cambiamenti.
E naturalmente sono grato a tutti quelli che erano disposti al dialogo: vittime, colpevoli e sacerdoti innocenti. Con le sue affermazioni lo studio interviene in un dibattito della Chiesa universale. Ho già brevemente informato il Santo Padre sui risultati. Egli ha invitato in Vaticano per il febbraio dell’anno prossimo i Presidenti di tutte le conferenze episcopali nazionali su raccomandazione del Consiglio C9. Accolgo pertanto con molto favore questo passo. All’approfondimento della discussione può già contribuire anche il sinodo dei vescovi che si riunirà a Roma in ottobre.
Come gli altri padri sinodali (tedeschi) parlerò del tema dell’abuso sessuale e dei risultati dello studio. Il tema non deve essere messo da parte nel Sinodo. Con lo studio ci rendiamo conto che dobbiamo conseguire e intensificare la via della veridicità e del nostro impegno per la tutela dei bambini nel modo stabilito da papa Francesco. Per il bene delle persone coinvolte. E per il bene di una nuova base di fiducia e credibilità.