I vescovi francesi: “Rispetto per la dignità di ogni nascita”

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Ha un titolo molto significativo la dichiarazione dei vescovi francesi pubblicata nei giorni scorsi, mentre nel Paese si attende l’apertura del dibattito parlamentare sulla revisione della legge di bioetica: “Rispettiamo la dignità della procreazione!”.

Con un testo di 8 pagine la Chiesa di Francia ha inteso entrare nel dibattito pubblico, in corso da diversi mesi, per spiegare nello specifico la sua posizione in merito all’assistenza medica alla procreazione (AMP) sottolineandone il suo valore fondamentale contro ogni tentativo di manipolazione. Un’entrata non certo a gamba tesa, bensì discreta e umile, nella convinzione di portare sì una voce fra le tante, ma una voce comunque autorevole in materia della comune dignità umana.
«Come vescovi francesi, attenti alle persone e alle loro situazioni di vita, vogliamo contribuire a questo dibattito proponendo un discernimento etico. Lo facciamo mossi da uno spirito di dialogo ed è in questo spirito che abbiamo inteso argomentare».

Al primo posto l’interesse del bambino

Decisivo e primario (ma non così scontato) viene considerato l’interesse del bambino, la cui venuta al mondo viene definita dai pastori francesi «un’esperienza forte, una fonte di profonda meraviglia, una grande responsabilità» o, secondo la tradizione biblica, «un dono e una benedizione di Dio». Un interesse che fa da filo rosso lungo tutta la riflessione.

Quasi a premessa, viene ribadita la profonda sensibilità della Chiesa di fronte al desiderio delle coppie di avere un figlio, una Chiesa che è vicina alla sofferenza provocata loro dalla sterilità: per questo motivo incoraggia da sempre la ricerca biomedica che mira a prevenire o a curare questo desiderio insoddisfatto. E, al contempo, non cessa di riaffermare l’accoglienza incondizionata e il rispetto dovuto ad ogni bambino, indipendentemente dai mezzi utilizzati per farlo venire al mondo.

Il rischio di mercificazione dell’umano

Poi si entra nella riflessione: quando si parla di «dignità della persona», l’espressione include necessariamente anche la procreazione, ma occorre distinguere. «Il Consiglio di Stato ha ricordato che “la dignità” è posta “sul frontespizio” del quadro giuridico della bioetica francese e che ha un “valore costituzionale”», ma occorre ricordare – aggiungono i vescovi – che «la procreazione non deve essere assimilata alla produzione, alla mercificazione o alla strumentalizzazione». In altri termini: stiamo parlando di persone umane e non di cose.

Ogni persona, qualunque essa sia, ha una dignità propria e come tale deve essere trattata: come un fine e mai come un semplice mezzo. «Procreare è desiderare di far nascere una persona volendola per se stessa. Nessuna sofferenza riguardo al desiderio inattuato di avere un figlio può giustificare i processi di fecondazione e gravidanza che sarebbero più assimilabili a processi di produzione, mercificazione o strumentalizzazione di un essere umano, magari a servizio di altri esseri umani o per rendere un servizio alla scienza o alla società».

I presuli si dichiarano ben consapevoli che la sofferenza legata al desiderio di un bambino non può essere minimizzata, né ricondotta come unico rimedio alle soluzioni tecniche offerte oggi dalla medicina moderna: è questa convinzione che li spinge a puntare sul supporto a tutte le persone coinvolte, cui è dovuta una corretta informazione dei risvolti etici della questione così da poter assumere decisioni in coscienza.

Cambia il ruolo della medicina

La questione terminologica si rivela di importanza determinante: la legge attuale, oggetto di revisione, regola le tecniche di AMP (assistenza medica alla procreazione), cercando di modellare le strutture fondamentali della procreazione naturale, in particolare i due ruoli, paterno e materno. Tuttavia, l’applicazione di queste tecniche riproduttive solleva una serie di problemi etici la cui gravità varia a seconda dei tipi di dissociazione che operano: corpo (fecondazione fuori dal corpo), tempo (congelamento di embrioni) e persona (intervento di un terzo donatore).

Ne consegue che siano essenzialmente tre i principali problemi etici: il futuro degli embrioni umani “soprannumerari”, il ricorso ad un terzo donatore e lo svilupparsi di un’eugenetica (mascherata).

Non dobbiamo mai dimenticare che agli embrioni soprannumerari deve essere dovuto il medesimo rispetto di quelli che verranno impiantati e condotti alla nascita. Problemi sorgono anche in merito all’entrata in gioco, tra le persone della coppia, di un terzo in qualità di donatore di gameti, per cui il bambino non rappresenta più il frutto di un legame coniugale, un dono per la coppia, perché la sua storia resta ormai legata ad una terza persona. E altri problemi insorgono allorquando si guarda all’affiliazione: il neonato deve la sua esistenza ad un terzo di cui però la legge istituzionalizza l’assenza a motivo della regola dell’anonimato, privando di fatto i bambini dell’accesso alle proprie “origini”.

E, infine, le tecniche diagnostiche – secondo i vescovi – sarebbero solo l’anticamera per lo sviluppo di quello che definiscono l’“eugenismo liberale” per il semplice motivo che la diagnosi prenatale [DPN] o la diagnosi preimpianto [DPI] condurrebbero alla deriva eugenetica.

Il nodo dell’allargamento della fecondazione assistita e l’oscuramento della figura paterna

Grosse riserve etiche vengono espresse anche nei confronti del progetto “AMP per tutte le donne” (nello specifico si tratta del progetto di consentire l’AMP alle coppie omosessuali e anche alle donne single). In tal modo – scrivono i vescovi – «ci si allontana dal principio del riferimento biologico e sociale a un padre». L’attuazione di questo progetto si troverebbe ad affrontare altri ostacoli etici: il miglior interesse del bambino richiede un riferimento paterno; se il bambino deve essere cercato per se stesso, il suo bene dovrebbe prevalere su quello degli adulti. «Il diritto internazionale sembra ratificarlo definendo il concetto legale di “miglior interesse del bambino” il cui “primato” è, per il Consiglio di Stato, “indiscutibile”. Ma come possiamo accontentarci – si legge nel testo – di costruire complessivamente una sorta di “equilibrio” tra gli interessi del bambino e dell’adulto?». Come non riconoscere, si legge più avanti, che, in fin dei conti, si tratta di una profonda ingiustizia?

I pastori ricordano che l’abolizione legale della genealogia paterna minerebbe alla base il benessere del bambino che, in tal modo, verrebbe privato del suo riferimento a una doppia filiazione, indipendentemente dalle sue capacità psichiche di adattamento. La dichiarazione fa qui esplicito riferimento a quanto emerso dalla discussione agli Stati generali di bioetica svoltisi nei mesi scorsi: la necessità di riferirsi ad una figura paterna è stata confermata dai cittadini che sono intervenuti durante i lavori e anche dai risultati dei due sondaggi che hanno esplicitamente posto la domanda sul padre. Ma c’è di più: «La repressione legale del padre incoraggerebbe, a livello sociale, la riduzione o addirittura l’oscuramento delle responsabilità paterne. E una tale deriva non porrà solo un problema antropologico, bensì anche psicologico e sociale».

Esseri umani ridotti al rango di fornitori di materiale genetico

E qui arriva un interrogativo fondamentale: «siamo disposti ad accettare, a livello di società, che gli esseri umani siano considerati dei semplici fornitori di materiale genetico e che la procreazione umana sia assimilabile ad una forma di produzione?».

I vescovi intendono seguire la riflessione presente nella società: è vero che l’apertura dell’AMP alle donne single implicherebbe, secondo il principio di non discriminazione, l’autorizzazione della fecondazione post mortem in favore della moglie vedova. Ma una domanda resta legittima: siamo sicuri che sia nell’interesse del bambino nascere senza padre e in un tale contesto di lutto? Il rischio di una mercificazione è presente anche in questo caso e ancor di più se, nel momento dell’apertura a tutte le donne, senza distinzioni, si assisterà, com’è prevedibile, ad una crescente domanda di sperma che richiederebbe più donatori. Orbene, per rimediare al numero insufficiente, la tentazione potrebbe essere quella di pagare i donatori, o addirittura di affidare allo Stato il compito di importare un quantitativo adeguato di sperma. «Dovremmo accettare, come società, che questo commercio rovini il principio di gratuità del corpo umano e finisca per porre la persona a fianco dei beni commerciabili?».

I vescovi ricordano che l’estensione dell’“AMP per tutte le donne”, secondo il Comitato consultivo nazionale per l’etica (CCNE), porrebbe «il rischio di una destabilizzazione dell’intero sistema di bioetica francese», perché esiste di fatto un consenso generale sul mantenimento di questo principio per la dignità della persona per quanto attiene al suo corpo.

Ancora una volta – sottolinea il testo – si finirebbe per dare un peso preponderante alla volontà individuale a scapito di un riferimento alla dignità della procreazione e, soprattutto, all’interesse del bambino.

Si parla della validità del “Progetto genitoriale”, vale a dire i desideri individuali delle due persone della coppia assunti come assoluti: ma ciò condurrebbe ben presto anche all’eliminazione dell’attuale regola legale che impedisce la doppia donazione (spermatozoi e ovociti). In questo caso, però, non ci sarebbe più alcuna connessione biologica del bambino con i suoi genitori, pur essendo concepito secondo il “loro” progetto. Una giustificazione impossibile, se spiegata con il solo argomento dell’uguaglianza tra le persone in quanto l’infertilità di una coppia maschio-femmina è diversa da quella di una coppia omosessuale la cui relazione non può sfociare in un figlio.

Per essere realisti: se l’argomento dell’uguaglianza è portato in campo a beneficio delle donne, non è scorretto ipotizzare che l’apertura dell’“AMP per tutte le donne” porterebbe a breve alla legalizzazione della maternità surrogata (GPA), anche se l’argomento sembra, per ora, essere messo al bando per motivi etici. Ma fino a quando? Sembrano chiedersi tra le righe i vescovi.

Occorre un nuovo sguardo in materia di bioetica

È necessario, allora, uno sguardo nuovo sulla persona nella società, uno sguardo all’insegna della dignità e della fraternità: e occorre un nuovo approccio alle questioni bioetiche. Considerare il bambino come il frutto dell’amore duraturo di un uomo e una donna non è più un’opzione: rimane la norma etica fondamentale che deve ancor configurare questa forma primaria di ospitalità che è la nascita di un figlio. Senza negare tutte le sue difficoltà, i vescovi ribadiscono che un legame coniugale stabile resta l’ambiente ottimale per la procreazione e l’accoglienza di un bambino, nel pieno rispetto della dignità di tutte le persone in gioco.

Qui la dichiarazione si allarga dalla famiglia alla società ricordando che «le modalità di relazione tra le persone legate alla procreazione umana si riflettono in tutte le relazioni sociali e politiche. La legge non si limita ad arbitrare i conflitti, ma stabilisce anche i rapporti fra le persone. Queste relazioni modellano la loro identità e devono strutturare i requisiti della fraternità. L’etica lega indissolubilmente la dignità, fonte di diritti, alla fraternità, fonte di riconoscimento reciproco e di doveri che ci impegnano tutti quanti a partecipare alla vita sociale e politica. Per il bene della dignità umana e della procreazione, la legge non può contribuire alla mercificazione e alla strumentalizzazione della procreazione. Ciò sarebbe gravemente contrario ai valori che sono essenziali per la vita dell’umanità e per le relazioni instaurate tra gli esseri umani: dignità, libertà, uguaglianza, ospitalità e fraternità»,

Un figlio è fonte di meraviglia e apertura al mistero

E non si deve dimenticare che uno sguardo nuovo su queste tematiche è chiamato a collocare le questioni di etica biomedica nel contesto di una più ampia riflessione di natura ecologica che colleghi le preoccupazioni delle persone con quelle dell’ambiente che siamo chiamati a salvaguardare.

Come società, possiamo contrastare il fascino esercitato dalla tecnica e dal mercato solo coltivando l’attenzione sul mistero della persona e sulla sua trascendenza. E qui i vescovi sembrano mettere in campo il loro asso dalla manica, quella voce che può fare la differenza tra le tante riflessioni (e che rappresenta, guarda caso, anche uno degli obiettivi della pastorale pre-battesimale): «Non è forse questa la percezione intuitiva di un mistero che, agli occhi dei genitori che guardano con amore per il loro bambino, risveglia in loro la gioia, la gratitudine, la sollecitudine di cura e una sorta di sacro rispetto per ciò che comunque li supera?». Senza questa riflessione di natura profondamente religiosa – scrivono –, i dibattiti bioetici rischiano di essere ridotti a discussioni di natura tecnica ed economica, che non riescono ad ancorarsi nel profondo del mistero e della dignità della persona.

I vescovi concludono ponendo sul tappeto il fatto che si tratta di sfide etiche che ci interpellano tutti e ci fanno volgere lo sguardo alla contemplazione del mistero della nascita. Una contemplazione che si affina nel dialogo tra le varie componenti della società francese. E, a conclusione, un rinnovato invito al rispetto delle reciproche opinioni, senza irrigidimenti di parte: «Invochiamo il dialogo attraverso il quale ognuno è servitore di una verità che lo supera come supera ciascuno degli altri interlocutori».

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