Durante il 32° incontro internazionale di preghiera per la pace, tenuto a Bologna, dal 14 al 16 ottobre, con il titolo “Ponti di pace”, erano presenti 300 leader religiosi. L’evento, commemorativo della Giornata di Assisi 1986, è stato organizzato quest’anno a Bologna dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Arcidiocesi di Bologna. Si sono tenuti 25 Panel, 6 Dialoghi nella città e momenti di preghiera. La partecipazione è stata numerosissima, oltre la capienza. Riportiamo due interventi dell’arcivescovo Matteo Maria Zuppi.
Meditazione durante la preghiera cristiana conclusiva
Il profeta ci ricorda una realtà che spesso dimentichiamo: le vie e i pensieri di Dio ci sovrastano. Quando lo dimentichiamo, montiamo in superbia e ci sentiamo in diritto di imporci; finiamo per credere i nostri come gli unici pensieri. Abbiamo sempre bisogno di confrontarci con i pensieri di Dio per trovare i nostri. Dobbiamo cercare le sue vie per non restare imprigionati nei nostri labirinti o perderci nella confusione, piena di inganni e di incertezze, del mondo.
Gesù ci fa conoscere i pensieri di Dio. Lui, il Verbo, li rende carne, presenza, storia nella nostra storia.
Gesù è il pensiero di Dio, volontà di amore e di pace diretto ad ogni uomo del quale conta perfino i capelli del capo.
Gesù è la via dove sono condotte le pecore stanche e sfinite, perché la sua volontà è che nessuna di queste vada perduta. Quindi dobbiamo custodire e cercare tutti.
Con Gesù i pensieri e le vie di Dio diventano i nostri, anzi sono affidati a noi. Essi sono nostri, eppure sono sempre più grandi del nostro cuore e quindi anche del nostro peccato e ci ricordano che anche noi siamo chiamati ad essere il pensiero di Dio per gli uomini. Gesù, infatti, ci vuole santi, non perché perfetti ma perché lo seguiamo. Uomini che, con la loro umanità, riflettono il suo amore.
Non possiamo restare fermi per poter vivere questo. Il cammino si apre davanti a noi solo dopo che iniziamo a camminare dietro a Lui. Solo seguendo comprendiamo dove abita e solo spezzando il pane per poco che sia questo si moltiplica. Ognuno per la sua via. «Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui». Questo entusiasma ciascuno a dare tutto sé stesso.
Papa Francesco invita nella Gaudete et exsultate (24) a riconoscere quale sia quella parola che il Signore vuole dire mediante ciascuno: «Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta».
Credersi santi perché perfetti è una tentazione farisaica, quella che porta ad una Chiesa che non amiamo anche nel suo peccato. Certo, dobbiamo renderla migliore con la nostra personale santità, dono di Dio, perfetta solo perché piena del suo amore e sicura non delle sue opere ma della misericordia che la libera dal male.
Gesù risponde all’invocazione che dalla terra sale al cielo, quella di chi non vuole finire, di chi non si vuole arrendere alla logica del male, non smette di cercare giustizia e futuro, invoca protezione e guarigione: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,19).
Come la pioggia scompare nella terra, eppure sappiamo che non torna mai senza dare frutto, così anche noi ci affidiamo al suo amore. E ci mettiamo in cammino, come ci chiede il profeta, non perché abbiamo le risposte su tutto o compreso tutto, ma solo perché pieni del suo amore.
Come san Francesco, che divenne così florido e ricco di santa semplicità che, pur non avendo assolutamente nulla di proprio tra le cose del mondo, sembrava il possessore di tutti i beni, poiché possedeva l’Autore stesso di questo mondo. «In considerazione della prima origine di tutte le cose, chiamava tutte le creature, per quanto modeste, col nome di fratello e di sorella». «Gli animali si sentivano attratti verso di lui come da un senso di pietà; anche gli esseri insensibili obbedivano al suo cenno, come se quell’uomo santo, in quanto semplice e retto, fosse già stato ristabilito nello stato di innocenza».
Ecco la forza degli uomini di pace, dei puri di cuore che si liberano dall’opacità del male e intorno ai quali tanti vedono e acquistano una forza di pace. Francesco vive l’innocenza delle origini, dell’amore delle origini e dell’uomo che diventa se stesso, quello per cui Dio l’ha creato, pensato. «Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» (1Gv 3,20).
Gesù è il ponte che unisce il punto che siamo ognuno di noi con quello più distante, altrimenti imprendibile, tanto da darci le vertigini, che è nel cielo, il cuore di Dio. L’essenziale è davvero invisibile. Martin Luther King diceva che noi vediamo le stelle in cielo, ma non vediamo l’invisibile legge della gravità, la forza vera che le sostiene tutte e regola ogni loro movimento.
La promessa del profeta è quella della fertilità. «Non ritornerà a me senza effetto». Per questo ci mettiamo in cammino con gioia per essere ricondotti in pace. Sì, anche noi ci mettiamo in cammino per costruire ponti che ancora non esistono. Sappiamo che i monti e i colli davanti a voi eromperanno in grida di gioia e tutti gli alberi dei campi batteranno le mani.
Diventiamo uomini del cielo seminando la sua pace a tutti, con la simpatia verso ognuno, liberando dai pregiudizi che condannano e sono semi di violenza e di paura, pregando con l’insistenza della vedova importuna che vuole giustizia, guardando tutti con simpatia, tendendo la mano anche se non sappiamo se l’altro la stringerà.
Dio fa piovere (Mt 5,45) sui giusti e sugli ingiusti e noi dobbiamo imparare da Lui per essere figli suoi. La pioggia deve scomparire assorbita dalla terra, come a volte ci sembra l’amore perduto, ma essa dà sempre frutto, come l’amore, che non è mai perduto.
La nostra preghiera stasera allora è: «Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezzae germogli insieme la giustizia». È quella di ogni uomo che misura la sua debolezza.
Anche la preghiera non torna senza avere compiuto quello che noi desideriamo. Niente è impossibile a chi ha fede.
Ci mettiamo in cammino come uomini di pace, anche se intorno vi sono tante sirene di guerra, di identità a poco prezzo regalate senza storia e senza fede.
Crediamo ai ponti, anche se adesso vediamo due rive lontane e contrapposte. Lo facciamo perché sappiamo che il Signore ci porterà, anche in mezzo ai nostri errori, a fecondare la terra con la nostra vita e con l’intelligenza dell’amore che ci ispira.
Siamo tutti della povera gente che ha bisogno, ad un certo momento, «non di buttare all’aria delle lune artificiali, ma di guardare come si fanno i ponti, per impedire le divisioni tra gli uomini, gli odi fra gli uomini, per vedere se possiamo fare che la guerra non torni più, perché la guerra, anche se combattuta fra gente della stessa lingua, dello stesso sangue, della stessa tradizione e della stessa religione è sempre un fratricidio». Così scriveva don Primo Mazzolari.
Viviamo fin da oggi come uomini del cielo perché tanti possano vedere in noi la luce dell’amore che non tramonta e l’inizio della pace che Dio vuole per tutti gli uomini. Perché la sua Parola non tornerà mai senza avere realizzato quello per cui è stata inviata.
Saluto di chiusura
Con l’accensione dei candelabri e la firma dell’appello si è chiuso a Bologna il 32° incontro internazionale di preghiera per la pace. L’incontro è terminato con un minuto di silenzio per ricordare le vittime delle violenze e delle guerre, con i 300 rappresentanti delle religioni, che hanno accompagnato in processione i fedeli, attraverso le vie del centro, alla preghiera comune per la pace. L’arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, ha pronunciato questo discorso.
Eminenze, Eccellenze, Venerabili, cari amici, sì cari amici, perché, quando si costruiscono ponti e quando si ha la gioia di percorrerli, si scopre che l’altro è il mio amico. Solo i ponti permettono di incontrare e di esprimere quello che fa fiorire la vita e la accende di tanti colori: l’amicizia!
Non dobbiamo andare lontano per costruirli. Infatti, ogni ponte parte da noi, quando tendiamo la mano all’altro, accettiamo il rischio di questo gesto ma anche quando noi accogliamo la mano del fratello che vuole stringere la nostra.
Abbiamo scoperto che l’uomo non è condannato ad essere un’isola e che tutti abbiamo bisogno di non essere soli, che insieme possiamo combattere la sfida, a volte terribile, contro la divisione, la guerra, la violenza del fratello che alza le mani contro suo fratello, perché ogni guerra è fratricida e chi uccide il suo fratello perde anche se stesso.
Certo, c’è chi pensa di trarre convenienze seminando pregiudizi e parole di inimicizia e condanna. Dimentica, però, che questi sono semi che diventano azioni e i frutti amari per tutti delle divisioni. L’odio e la violenza iniziano sempre a crescere dai piccoli semi. Ma anche la pace inizia da un piccolo seme.
Al termine di questi giorni siamo ancora più consapevoli del dovere che abbiamo tutti e a tutte le età di costruire ponti e anche di garantire la loro decisiva manutenzione. Abbiamo in questi giorni ascoltato tante parole di sofferenza, abbiamo fatto nostro il grido del sangue di Abele e abbiamo sentito diretta a ciascuno di noi la domanda che Dio rivolge all’uomo: “Dov’è tuo fratello?”. Noi siamo i custodi del nostro fratello e della nostra sorella.
La pace non è un gesto eroico per poi mettersi di nuovo a dormire con il soporifero e alienante sonno dell’indifferenza. La pace non è nemmeno affare per ingenui. Anzi. È ingenuo l’ottimismo di chi non vuole vedere. I ponti richiedono pazienza, tempo, capacità, sistema, coraggio, tanto amore.
Grazie, allora, alla Comunità di Sant’Egidio, grazie di questo regalo che ci mostra tante realtà di conoscenza e di pace possibile e grazie per la passione a continuare a farlo! Mettiamo da parte quello che divide: i ponti sono indispensabili per vivere in questa stanza bellissima e unica che è il mondo. La pace è un portico che protegge tutti. E grazie a Bologna e ai bolognesi per renderlo vivo e pieno di umanità.
Allora, cari amici in questo cantiere della pace abbiamo parlato di tanti aspetti della vita. Quanti! La pace ha tanti, infiniti significati e deve arrivare ovunque! È la cultura della pace! C’è bisogno di tutti, giovani e anziani, credenti e umanisti, uomini e donne, europei vecchi e nuovi, africani, asiatici, americani del Nord e Latinoamericani! Con gioia e fraternità vi abbiamo accolti a Bologna e vi ringraziamo di cuore di questi giorni.
Le cose condivise sono mie e sono degli altri, le prendo e le dono: questo è il segreto di questi giorni di tanta condivisione e questa è la via della pace. A tutti voi, a quanti lo hanno permesso con il loro sforzo e contributo, questa sera, dico grazie, diciamo grazie! Avete fatto di questa nostra città la capitale della pace! Grazie!
Infine: l’arcobaleno disegnato su questo palco, quello dell’alleanza di Dio con tutti gli uomini, prima di Abramo, è il segno della nostra unità, non perché siamo uguali, ma proprio perché diversi. L’arcobaleno unisce colori diversi in una sola luce. È in fondo è anch’esso un ponte che unisce la terra al cielo e che unisce anche due punti della terra.
Oggi vogliamo che questa luce arrivi a dare speranza nei luoghi bui dove si consumano i tanti pezzi della guerra mondiale.
Vogliamo superare i muri andando più in alto, con la passione che nasce dalla fede e con l’intelligenza dell’amore che trasforma il nemico in amico e rende vicino chi è lontano, possibile quello che sembrava troppo difficile o rischioso. Sono sicuro che continueremo a seminare tanto ascolto, comprensione, amicizia consapevoli di essere parte dell’unica famiglia e che questi semi fioriranno. Abbiamo meno paura perché abbiamo visto che è possibile, quanto tutto è più facile con i ponti, come la vita è più bella!
E non ci facciamo confondere da chi dice: “non vale la pena” o “ci saranno problemi”. Lo sappiamo! Ma i problemi si affrontano e non ci spaventa sacrificarci per questo, per risolverli per davvero e non lasciarli ad altri!
Io, da cristiano, seguo Gesù che ha insegnato ad amare i nemici e a dare la vita per non combattere le persone ma il nemico delle persone, il male!
E la pace è di tutti! Non si divide! Senza pace non c’è vita e non c’è futuro! Come ci disse papa Francesco qui a Bologna «cominciamo a sognare alla grande», ma con gli occhi aperti e di giorno per vincere la notte della guerra e della barbarie.
Dio ci benedica. Il saluto, in molte lingue quando ci si incontra e quando ci si lascia, è sempre lo stesso. La pace sia con te. È il regalo di questi giorni. Non ce la facciamo rubare! La pace sia con noi.