Asia Bibi, arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte per presunta blasfemia contro l’islam, è stata definitivamente assolta e dichiarata libera. La sentenza è stata resa nota mercoledì 31 ottobre, alle 9,20 del mattino ora locale in Pakistan. È rimasta in carcere 3.421 giorni.
«Siamo felicissimi. Il Signore ha ascoltato le preghiere di Asia e di tutti coloro che le sono stati vicini. Oggi è un giorno bellissimo, che ricorderemo per tutta la vita. La giustizia ha trionfato e una innocente è finalmente libera»: così ha commentato a caldo a Vatican Insider Joseph Nadeem, l’uomo che in tutti questi anni ha garantito, grazie alla Renaissance Education Foundation che guida a Lahore, l’istruzione e l’ospitalità alla famiglia di Asia Bibi.
Indescrivibile anche la gioia della famiglia di Asia Bibi. «Non vedo l’ora di riabbracciare mia madre. Finalmente le nostre preghiere sono state ascoltate!». Con la voce rotta dal pianto Eisham Ashiq, la figlia minore di Asia Bibi, ha detto ad Aiuto alla Chiesa che soffre dopo la notizia dell’assoluzione.
«È la notizia più bella che potessimo ricevere – ha dichiarato il marito di Asia, Ashiq Masih; è stato difficilissimo in questi anni stare lontano da mia moglie e saperla in quelle terribili condizioni. Ora finalmente la nostra famiglia si riunirà, anche se purtroppo dubito che potremo rimanere in Pakistan».
Quel 19 giugno 2009!..
La vicenda ebbe inizio il 19 giugno 2009. Asia Bibi, 45 anni, viene arrestata nel villaggio di Ittanwali, nella provincia del Punjab, con la falsa accusa di blasfemia. A denunciarla, un gruppo di donne islamiche sue compagne di lavoro con cui aveva litigato. L’11 novembre 2010 il tribunale del distretto di Nankana la condanna a morte.
La donna ha sempre negato le accuse affermando di essere perseguitata e discriminata a causa del suo credo religioso. I legali difensori presentano ricorso all’Alta corte del Punjab.
Dopo aver confermato la sentenza capitale, il giudice Naqveed Igbal va a visitarla nel carcere in cui era reclusa e le propone la revoca della sentenza a condizione che si converta all’islam. «Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta – ha raccontato Asia Bibi –, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto – credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per lui… Gesù Cristo è morto sulla croce per i peccati dell’umanità. Che cosa ha fatto il vostro profeta Maometto per salvare gli uomini?».
Nel 2011, per averla difesa in tribunale e aver criticato la severità della legge contro la blasfemia, vengono assassinati Salman Taseer, governatore del Punjab, e Shahbaz Bhatti, ministro delle minoranze.
Il 16 ottobre 2014, dopo tre anni di rinvii del processo, l’Alto tribunale conferma la condanna capitale, suscitando lo sdegno internazionale.
Ma la difesa non si arrende e presenta ricorso alla Corte Suprema. Il 22 luglio 2015, la prima udienza di fronte al massimo tribunale ha un esito positivo: l’istanza della difesa viene accettata e la sentenza capitale sospesa. Il giudizio, però, viene continuamente rinviato.
Il 9 luglio 2017, uno dei principali legali di Asia Bibi, l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, è costretto ad abbandonare la professione dopo una raffica di intimidazioni e il sequestro della famiglia.
Il 12 marzo 2018, Asia riceve nel carcere di Multan dal marito, Ashiq Masih, e dalla figlia Eisham, un rosario donatole da papa Francesco.
Il sostegno della preghiera
Durante tutti questi anni Asia Bibi è stata accompagnata e sostenuta dalle preghiera di ogni parte del mondo, come lei stessa aveva chiesto numerose volte, l’ultima il 17 aprile di quest’anno, durante il tempo pasquale, nella giornata speciale di preghiera a lei dedicata, nell’ormai imminente pronunciamento della Corte suprema dell’India: «Fratelli e sorelle, pregate per me e digiunate con me».
In carcere aveva composto la seguente preghiera: «Signore risorto, permetti a tua figlia Asia di risorgere con te. Spezza le mie catene, fa’ che il mio cuore sia libero e possa oltrepassare queste sbarre, e accompagna la mia anima perché sia vicina a chi mi è caro e rimanga sempre accanto a te. Non abbandonarmi nel momento del bisogno, non privarmi della tua presenza. Tu che hai subito la tortura e la croce, allevia la mia sofferenza. Tienimi accanto a te, Signore Gesù. Nel giorno della tua risurrezione, Gesù, voglio pregare per i miei nemici, per chi mi ha fatto del male. Prego per loro e ti supplico di perdonarli per il male che mi hanno fatto. Signore, ti chiedo di rimuovere ogni ostacolo perché possa ottenere la benedizione della libertà. Ti chiedo di proteggere me e la mia famiglia».
Petizioni da tutto il mondo
Per chiedere la sua liberazione erano state raccolte decine di migliaia di firme in tutto il mondo. Lo scorso mese di febbraio, Eisham Ashiq, la figlia più piccola di Asia Bibi, insieme a suo padre e a una delegazione di Aiuto alla Chiesa che soffre, è stata ricevuta dal papa. Nella conferenza stampa organizzata per la circostanza, ha dichiarato: «Voglio pregare insieme al santo padre per la liberazione di mia madre e, se possibile, voglio dargli un bacio da parte sua e delle mie sorelle». Eisham Ashiq, da poco maggiorenne, ha poi ha aggiunto: «Mi sento incompleta senza mia madre. Ci sono molte cose, come donna e giovane ragazza, di cui mi posso confidare solo con lei. Anche se mio padre cerca di essere allo stesso tempo sia padre sia madre. Ma quello che è una mamma per una giovane ragazza può esserlo solo una mamma».
Il marito, Ashiq Masih, ha raccontato alla stampa: «La possiamo andare a trovare una volta al mese per 15 minuti». L’ultima visita in carcere è avvenuta il 17 febbraio scorso, prima di partire per l’Italia. «Mia moglie sa di questo viaggio e mi ha chiesto di ringraziare la comunità internazionale per la sensibilità e chiede a tutti di pregare per lei».
Paura di rappresaglie degli integralisti
I difensori dei diritti umani e la comunità cristiana – scrive Vatican News – hanno accolto con favore il verdetto finale di assoluzione della Corte suprema. Ma Islamabad è in stato di massima allerta. Oltre trecento poliziotti presidiano il palazzo della Corte Suprema e unità dell’esercito sono stanziate a difesa degli altri edifici istituzionali. Khadim Hussain Rizvi, capo del partito islamista Tehreek-e-Labbaik Pakistan, sta infatti organizzando una protesta nazionale contro l’assoluzione.
Le forze dell’ordine presidiano anche i più importanti luoghi di culto cristiani come le cattedrali. Si temono massacri anticristiani come quelli avvenuti a Gojra nel 2009 e a Joseph Colony nel 2013.
«Abbiamo molta paura di quanto potrà succedere; in questo Paese ci sono molti fondamentalisti», ha dichiarato ad Aiuto alla Chiesa che soffre Saif ul-Malook, capo del collegio difensivo di Asia. A Malook non è stato permesso di informare personalmente la sua assistita. «È stato un ordine della Corte Suprema, ma ho potuto chiamare la prigione in cui è detenuta e chiedere che fosse informata». Come spiega l’avvocato, «ci vorranno alcuni giorni prima che la donna venga liberata». Il verdetto dev’essere infatti consegnato all’Alta Corte di Lahore e poi alla prigione di Multan.
Intanto si teme anche per la sicurezza dei familiari di Asia e di chiunque ne abbia favorito l’assoluzione. «Io e la mia famiglia siamo in grave rischio – continua Malook –, specie perché io sono un musulmano che difende una cristiana accusata di blasfemia. La situazione è tesa, ma oggi ringraziamo Dio per questo momento storico in cui Asia Bibi, dopo 9 anni e mezzo, ha finalmente avuto giustizia».
Speranze per il futuro
Paul Bhatti, fratello di Shahbaz, oggi presidente del Movimento di tutte le minoranze del Pakistan, in un’intervista a Vatican News ha sottolineato cha la cancellazione della condanna a morte di Asia Bibi è «una grande speranza per il Pakistan e per le minoranze» e «una soddisfazione per tutti noi…». «La notizia dell’assoluzione di Asia Bibi – ha proseguito – rispecchia il coraggio della giustizia attuale e del Paese che sta andando verso una convivenza pacifica e il rispetto delle minoranze. Ho letto il verdetto della Corte Suprema – sono 57 pagine – ed è stato molto bello. Lo stesso capo della Corte Suprema, Saqib Nisar, di religione musulmana, ha dichiarato: “Noi siamo obbligati, dalla fede, a difendere le persone più deboli e non a ucciderle o discriminarle”. E alla fine ha affermato che, non trovando niente contro di lei, Asia Bibi sarebbe stata assolta immediatamente».
Grande la soddisfazione in ogni parte del mondo. Dalla Germania, Klaus Krämer, presidente di Istituto Missio di Aquisgrana, che tanto si è adoperato in tutti questi anni per la liberazione di Asia Bibi, ha dichiarato: «Desidero ringraziare espressamente anche la Giustizia pakistana, che in una difficile situazione ha preso la giusta decisione. Di fronte alla pressione dei fondamentalisti musulmani e alla minaccia della violenza, questo è un segno che lo Stato di diritto in Pakistan funziona. Anche per la società civile e l’intero paese del Pakistan questa decisione indica che una coesistenza pacifica delle persone di diversa religione nella Repubblica islamica del Pakistan è possibile e desiderabile».
Krämer ha concluso dicendo: «Al nuovo governo del Pakistan viene offerta ora la possibilità di riformare la legge sulla blasfemia, in modo che in futuro ogni trasgressione, come nel caso di Asia Bibi, non abbia più a ripetersi».
Ma il caso si riapre
A distanza di soli tre giorni dalla sentenza di assoluzione, il caso di Asia Bibi si è in parte riaperto. Come scrive Vatican News, il governo pachistano per fermare le proteste dei radicali islamisti ha deciso di riaprirlo rinviandolo alla Corte Suprema. Le autorità le impediranno di lasciare il Paese inserendola in una lista che vieta l’espatrio. È l’esito di un negoziato con i radicali islamici che per tre giorni hanno paralizzato le città e la vorrebbero vedere impiccata.
L’accordo è stato raggiunto tra il governo e il partito musulmano sunnita Tehreek-e-Labbaik Pakistan (Tlp): Asia Bibi non potrà pertanto raggiungere all’estero i suoi familiari fino a quando la Corte Suprema non avrà effettuato un riesame definitivo della sua sentenza, ha spiegato il ministro per gli Affari Religiosi Noorul Haq Qadri. Gli islamisti hanno annunciato la fine della protesta nazionale ma avvertendo che “se l’accordo non sarà applicato, scenderanno di nuovo in strada”.
Intanto, Saiful Malook, l’avvocato della donna, raggiunto da numerose minacce, ha lasciato il Pakistan affermando che la sua vita è in pericolo, anche perché non gli è stata assicurata alcuna protezione. “Nello scenario attuale – ha detto all’Agenzia France press – non mi è possibile vivere in Pakistan. Ho bisogno di restare in vita per proseguire la battaglia legale per Asia Bibi”. Mi aspettavo la reazione degli estremisti – ha aggiunto – “ma ciò che è doloroso è la risposta del governo. Non riesce nemmeno a far applicare una sentenza della più alta Corte del Paese”. Uno dei più diffusi giornali pachistani in lingua inglese, il Dawn, parla di resa: “Un altro governo ha capitolato davanti agli estremisti religiosi violenti che non credono né nella democrazia né nella Costituzione”.