Friedrich Schleiermacher (11 novembre 1768 – 12 febbraio 1834) è un personaggio che ha influenzato profondamente la teologia protestante. Ha rivendicato la libertà della scienza nella teologia. Fu un precursore anche degli studi biblici della Chiesa cattolica. È stato definito un “Padre protestante” della Chiesa dei tempi moderni.
Nel 1517 la Riforma provocò un terremoto nella Chiesa. Martin Lutero, con le sue “Tesi”, mise sottosopra il mondo ecclesiastico. Affermò che ogni cristiano ha la capacità di spiegare la Scrittura e di comprenderla, senza la mediazione del personale ecclesiastico.
Friedrich Schleiermacher nacque a Breslavia il 21 novembre 1768. Fu colui che avrebbe tradotto l’eredità di Martin Lutero nell’era moderna. Mise, nel sec. 19°, dei significativi accenti sull’ermeneutica, ossia sul modo di comprendere e spiegare i testi.
Schleiermacher proveniva da un’antica famiglia di pastori protestanti. Suo padre era un cappellano militare che ebbe molte occasioni di viaggiare. Oltre alla sua casa paterna, lasciò in lui un’impronta significativa la Brüdergemeinde, la fraternità seminaristica di Herrnhut, in Sassonia. Qui egli apprese alcuni principi innovatori, come la separazione tra Stato e Chiesa.
No a una fede in un Dio che castiga
Nello stesso tempo, si risvegliarono in lui dei dubbi. Confessò a suo padre che non poteva più credere a determinati dogmi cristiani – scrive lo storico della Chiesa, recentemente scomparso, Friedrich Wilhelm Katzenbach, in una biografia su Schleiermacher –: «Negava, per esempio, l’immagine di un Dio che castiga. Il Creatore infatti ha creato un mondo imperfetto ed è impossibile che punisca “eternamente” perché le sue creature non “sono perfette”».
Durante la sua infanzia e giovinezza era nell’aria lo spirito di libertà della Rivoluziona francese. Sulle scene tedesche, il giovane Schiller protestò con Die Räuber (I masnadieri) contro l’imperante sistema feudale. E anche Schleiermacher si ribellò; soffriva infatti la ristrettezza di vedute dell’educazione pietistica. Si recò perciò a studiare teologia a Halle, e qui l’università gli offrì una maggiore libertà rispetto al seminario di Herrnhut. Ma molto più della teologia, gli interessavano le lingue antiche e la filosofia. Superò l’esame in teologia dogmatica con la nota «conoscenza sufficiente». Così ottenne il suo primo incarico come vicario, una vocazione che gli piaceva molto.
Comunità di vita e di lavoro con Schlegel
Particolarmente popolari erano i suoi brillanti discorsi dal pulpito, ammirati dagli intellettuali lontani dalla Chiesa per la loro apertura ai problemi attuali. Nel settembre del 1796 si trasferì a Berlino come predicatore alla Charité. Qui ebbe come compagno provvisorio di stanza, il giovane filosofo Friedrich Schlegel. Presto “Schleier” – come lo chiamavano familiarmente – predicatore della Charité, e Schlegel formarono una comunità di residenza e di lavoro. Questi stimolò il suo compagno di stanza a scrivere una feconda opera epocale: Sulla religione. Discorsi a quegli intellettuali che la disprezzano (1799). Il libro gli meritò la reputazione di “Padre della Chiesa” del 19° secolo.
Tra i “detrattori”, egli annoverava gli illuministi, ma anche l’ortodossia protestante. Teologo liberale, Schleiermacher apprezzava le conquiste della Rivoluzione e assunse una posizione di mediazione.
Combatté contro la religione senz’anima della ragione e della morale e si rivolse contro i difensori ortodossi dei dogmi. Egli non voleva salvare la Chiesa, in quanto istituzione. Era contrario ad un vangelo inteso come minaccia anziché come buona novella. Militava invece, come Lutero, per una comprensione della fede immediata e intuitiva. Sottolineava l’esperienza individuale-mistica: «La sua essenza non è né pensiero né azione, ma contemplazione e sentimento». Religione significava per lui un’«esperienza soggettiva, un istinto santo, il fiore più tenero della fantasia», nel senso esistenziale della dipendenza.
Schleiermacher, dal 1804, professore di teologia e filosofia ad Halle, si sentì obbligato a criticare la Bibbia. Sosteneva che la prima lettera di Paolo a Timoteo non era dell’apostolo, ma che era stata scritta da persone della sua cerchia.
Con la sua critica testuale, sostenne più tardi la politica educativa di Wilhelm von Humboldt (statista, filosofo, linguista e letterato ndtr).
Morì il 12 febbraio del 1834 e fu sepolto con grande partecipazione del popolo di Berlino. Fu un precursore anche della Chiesa cattolica la quale aprì la sacra Scrittura a una visione critica soltanto sotto Pio XII, nel 1943 (con la Divino afflante Spiritu, ndtr).