I giovani, «segno della «speranza» per l’avvenire dei cristiani e di tutto il Medio Oriente, alla luce delle «sfide» sempre più pressanti che emergono nella regione e minacciano la sopravvivenza stessa delle comunità, fra cui le persecuzioni, l’estremismo e le migrazioni, è stato il tema della 26ª Conferenza dei patriarchi del Medio Oriente che si è tenuta a Bagdad – ospitata dal card. Sako – dal 26 al 30 novembre scorso. Obiettivo dell’incontro era anche di riflettere sulle situazioni concrete presenti nelle varie ragioni, come il Libano, la Siria e l’Iraq.
Alla Conferenza hanno partecipato, oltre al cardinale-patriarca Mar Louis Raphaël Sako di Babilonia dei caldei, il patriarca maronita card. Bechara Boutros Rai, il patriarca copto-cattolico Ibrahim Isaac Sidrak, il patriarca melchita Youssef Absi, il patriarca armeno-cattolico Krikor Bedros XX Ghabroyan, il patriarca siro cattolico Ignatius Yousif III Younan, il vescovo William Shomali (in rappresentanza del Patriarcato latino di Gerusalemme) e la teologa Souraya Bechealany, segretaria generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente.
L’incontro si è aperto con una celebrazione presieduta dal patriarca Mor Ignatius Yousif III Younan per commemorare le vittime dell’attentato terroristico islamista del 31 ottobre 2010 nella cattedrale mariana della capitale irachena. Le vittime furono 50 cristiani, tra cui due giovani sacerdoti.
A tenere il discorso di apertura è stato il patriarca caldeo Louis Raphaël Sako, il quale ha espresso la speranza che questo primo incontro nella capitale irachena costituisca «una svolta di grazia e di benedizione» per i cristiani e per gli altri abitanti delle varie regioni del Medio Oriente e ha auspicato il superamento dell’intolleranza, la promozione del dialogo, la diffusione dei valori della pace, l’uguaglianza delle libertà civili, e il consolidamento dei principi della convivenza attraverso il riconoscimento e il rispetto, che spesso manca nella società orientale.
La presenza delle venerabili Chiese unite del Medio Oriente – ha proseguito – vuol essere un’espressione di solidarietà. Per questo i cristiani dell’Iraq sono particolarmente riconoscenti, dopo le esperienze di persecuzione, le espulsioni, la desolazione, l’emigrazione forzata degli ultimi 15 anni. L’assemblea dei patriarchi – ha affermato – riempie di speranza i cristiani dall’Iraq e incoraggia le famiglie a ritornare per tenere alta la fede, l’identità, l’etica, la tradizione e la lingua della loro patria. «Siamo impegnati per un futuro migliore di pace, stabilità e prosperità».
Si tratta – ha proseguito – di una «visione unitaria», di un piano strategico dei cristiani orientali per consolidare la loro esistenza e il ruolo nel Medio Oriente. In questo contesto – con tutto il rispetto delle diverse idee e opinioni – anche le barriere psicologiche e storiche tra le singole Chiese saranno superate. La piena realizzazione dell’unità ecclesiale non solo corrisponde al desiderio di Cristo manifestato nei discorsi di addio, ma è anche essenziale per garantire una forte presenza futura dei cristiani orientali di fronte alle sfide dell’emigrazione e di un estremismo ammantato di religione.
Nello spirito di un «vero rinnovamento in vista di un futuro migliore», il card. Sako ha detto di sperare che il nuovo governo iracheno sostenga la priorità di «un serio piano pratico» per la riconciliazione tra le diverse comunità religiose e favorisca una strategia sulla base dei diritti umani, lo stato di diritto e di uguaglianza. Il popolo iracheno ha infatti il diritto di vivere in libertà, dignità e giustizia sociale.
Il problema del Libano
Il patriarca maronita, card. Bechara Boutros Rai, aveva già anticipato le sue convinzioni parlando ai giornalisti prima della partenza dall’aeroporto di Beirut in cui aveva ricordato la sua visita ad limina, a Roma, e affermando «quanto il Libano e le Chiese orientali stiano a cuore al papa». Ha ricordato le parole del papa riguardo ad un «equilibrio creativo tra cristiani e musulmani» in Libano, che deve essere «forte come un cedro». Il patriarca ha inoltre ribadito il suo pieno accordo con il presidente libanese Michel Aoun circa l’urgente creazione di un governo libanese che non deve essere «bloccata da veti confessionali e da interessi di parte».
Per quanto riguarda il problema urgente del ritorno dei rifugiati dalla Siria, il patriarca ha ribadito che «i protagonisti internazionali cercano di raggiungere i loro interessi quando attizzano una guerra o sostengono organizzazioni terroristiche e inviano persino dei mercenari. Dev’essere chiaro a tutti – ha proseguito – che si tratta di interessi politici ed economici. Se il ritorno dei profughi non è favorito, ciò avviene perché non si vuole la pace». Rai ha ricordato che la comunità internazionale è stata sollecitata «a separare il futuro politico della Siria dal problema dei rifugiati e sfollati, perché queste persone hanno il diritto di tornare a casa loro». Se si attizza una guerra con la consegna di armi e di denaro, allora bisogna anche che si aiutino i profughi a ricostruire la loro vita. Il Libano non può portare da solo il peso dei rifugiati siriani, poiché ciò minaccia di destabilizzare il paese dal punto di vista economico, politico e demografico.
Rai ha affermato testualmente: «Se si crede di poter ripetere con i rifugiati siriani ciò che è stato fatto con i palestinesi, i quali da 70 anni vivono in condizioni disastrose, noi non lo possiamo accettare».
Palestina, Giordania ed Egitto
Forte solidarietà è stata manifestata alla Palestina e al suo popolo che continua a subire l’occupazione israeliana nel contesto di una situazione che appare «congelata». I patriarchi hanno ribadito anche il loro «totale rifiuto» di considerare Gerusalemme come capitale di Israele e il trasferimento delle ambasciate.
Parlando della Giordania, sono state elogiate la «stabilità» e la «convivenza», mentre per l’Egitto è stato sottolineato con favore il tentativo di «rinnovare il discorso religioso» eliminando le componenti dell’odio, e l’impegno a garantire l’uguaglianza partendo dal «principio di cittadinanza».
Incontro con Assad
Prima di partire per Bagdad, il patriarca siriano, Mor Ignatius Yousif III Younan aveva visitato il presidente siriano Bashar al-Assad con i membri del suo santo sinodo. Come ha riferito l’agenzia Fides, riprendendo una notizia dell’agenzia di stampa SANA, il patriarca si è congratulato con il capo di Stato «per la vittoria sui terroristi», che da anni hanno aggredito la Siria. Gli ha detto di sperare che si possa trovare il modo di mettere fine al terrorismo e di ricostruire il paese secondo le attese e i bisogni del popolo siriano.
Durante la visita a Damasco Mor Ignatius Yousif III Younan, assieme al Gran Mufti sunnita Ahmad Badr-ed-din Hassoun, ha definito i siriani un esempio di «autentica fraternità».
La visita al presidente iracheno Barham Salih
Il 28 novembre, alla fine dei lavori, i patriarchi sono stati ricevuti dal presidente iracheno Barham Salih al “Palazzo della Pace”, a Baghdad. Salih ha sottolineato l’importanza del principio di cittadinanza «in base al quale tutti i cittadini possano vivere con pari diritti in un paese che appartiene a tutti, senza discriminazione di identità culturale, etnica e religiosa». L’Iraq – ha aggiunto – si comprende adesso come un paese in cui le categorie di «maggioranza» o di «minoranza» non valgono più.
Salih ha definito se stesso «un guardiano della Costituzione irachena», impegnato a difendere il pluralismo, la tolleranza e la coesistenza nel segno di un’autentica riconciliazione nazionale. Ha anche ricordato che, il 24 novembre scorso, papa Francesco lo aveva ricevuto in Vaticano e ha aggiunto di averlo invitato a visitare l’Iraq, per pregare insieme agli altri capi religiosi in memoria di Abramo, padre di tutti i credenti.
I patriarchi hanno scritto anche una lettera al papa in cui dichiarano: «Noi patriarchi cattolici d’Oriente siamo riuniti per riflettere insieme sul ruolo dei nostri giovani, la loro testimonianza e missione in questa regione del mondo tormentata dalle prove e assetata di giustizia e di pace. Vorremmo essere l’eco dei lavori del sinodo dei vescovi sui giovani in attesa dell’esortazione apostolica».
I leader cristiani si sono rivolti anche tutti i capi di Stato e ai governi del Medio Oriente chiedendo che assicurino il rispetto dei diritti umani a tutti i cittadini, secondo quanto sancito nella carta delle Nazioni Unite.
La 26ª Conferenza si è conclusa con una solenne celebrazione eucaristica nella capitale. Durante la cerimonia, è stato letto il messaggio conclusivo che, oltre a rivolgersi ai giovani, è servito anche per fare il punto della situazione dei vari paesi mediorientali.
Il prossimo incontro dei patriarchi si terrà presso il Patriarcato dei copti al Cairo (Egitto) dal 25 al 29 novembre 2019.