L’arcivescovo maggiore di Kiev degli ucraini, sua beatitudine Svjatoslav Ševčuk,[1] ha diffuso una Lettera in occasione del centenario della Rinnovata unità della nazione e dello Stato ucraino. La ricorrenza è debole, ma è ghiotta l’occasione di mettere a tema l’unità nazionale (e religiosa) ora che l’Ucraina ha ritrovato una più compiuta unità politica e la concessione dell’autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina ha rinsaldato le spinte identitarie nazionali, benché ancora non religiose.
«Si deve fare ogni sforzo per ripristinare l’unità originale della Chiesa di Kiev, nelle sue due ramificazioni cattolica e ortodossa», ha detto l’arcivescovo maggiore in un’intervista rilasciata una settimana prima della pubblicazione della Lettera. Accantonato il sogno di accreditarsi come promotrice dell’unità religiosa nazionale, attraverso il riconoscimento dello statuto di Patriarcato alla Chiesa greco-cattolica ucraina, il suo arcivescovo maggiore coglie l’occasione per additare la Cattedrale della Sapienza di Dio (Santa Sofia) a Kiev come «simbolo dell’originale integrità e pienezza (pleroma) dell’unificata e indivisibile Chiesa di Kiev».
I sottotitoli che sostengono l’architettura del testo sono rivelatori degli intenti: Sofia di Kiev: La fondazione cristiana dell’esistenza nazionale ucraina; La Chiesa a Kiev: Un’icona della Sapienza divina; Sofia di Kiev: Un prezioso paradigma per la costruzione delle istituzioni statali e sociali del popolo ucraino; Sofia di Kiev; La Odigitria della meta perenne dei figli della Chiesa e del popolo ucraini.
La cattedrale vi è celebrata come «icona e incarnazione» della Sapienza divina, quale fonte dei valori fondanti dell’identità nazionale ucraina. «Nelle acque battesimali del fonte di Vladimiro, la Sapienza di Dio si incarnava nel corpo della nostra esistenza nazionale – è divenuta la carne e il sangue della storia del popolo ucraino». Da lì hanno preso origine i valori morali, civili, educativi del popolo e delle istituzioni. «La nostra cultura, il nostro linguaggio e gli orizzonti del nostro sviluppo si sono formati nel senso della Sofia di Kiev. La Chiesa di Kiev non era ostaggio degli interessi politici o serva dei potenti di questo mondo, perché non è caduta nel peccato di adorare le autorità mondane». A buon intenditore…
Come scriveva il metropolita Andrej Szeptycki, «la Chiesa, intesa come mera istituzione nazionale, che abbraccia un solo popolo e lo separa dagli altri, contribuisce a mantenere attivi i conflitti, rinforza le passioni nazionali e aiuta a divenire oppressori di altre nazioni. Guida alla battaglia, non alla pace; alla separazione, non all’unità. Perciò non è di Cristo». «Nel nostro sistema di valori fondati sulla Sapienza, il popolo di Dio rimane il portatore della Sapienza di Dio e, a partire da questa, una voce capace di tener desto il principio della sua missione sacra e un monito contro l’abuso di potere».
Alla luce di questa coscienza messianica, l’arcivescovo domanda a Dio «guardando di nuovo negli occhi gli invasori: “A quale scopo ci hai risollevati? Qual è il tuo piano (pronoia) per noi?”. A queste domande, la Divina Sapienza ci dà la risposta attraverso le nostra Sofia di Kiev».
L’intento è incoraggiare l’unità nazionale ed ecumenica. L’effetto non è scontato.
[1] Dopo le dimissioni del cardinale Ljubomyr Huzar del 10 febbraio 2011 dalla carica di arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč per motivi di salute, il sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina lo ha eletto il 23 marzo successivo come nuovo arcivescovo maggiore. Nel contempo ha assunto anche la guida dell’arcieparchia di Kiev, sede propria dell’arcivescovo maggiore, e la presidenza del Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina (Wikipedia).