Discepolo del più famoso profeta Elia (“Il mio Dio è YHWH”, ca 850 a.C. – 800 a.C. ca), che lo chiama al servizio suo e di YHWH, Eliseo (“Il mio Dio è salvezza”) gode di minor popolarità fra i discepoli di Gesù, una persona che quasi vive nell’ombra del suo maestro, su un gradino inferiore. Eppure Eliseo, citato solo una volta nel NT da Gesù (cf. Lc 4,27), riveste una levatura profetica di tutto rispetto, essendosi pienamente inserito nella temperie del suo tempo, e agendo per circa cinquant’anni sotto ben sei re: Acab, Acazia, Ioram, Iehu, Acazia e Ioas.
Agricoltore benestante di Abel-Mècola (Tell Abû Sifrî, nei pressi del Giordano), agisce su base regionale tra Abel-Mècola, Sunem, Carmelo, Dotan, Galgala, Gerico, Giordano… Vive con una confraternita di profeti suoi discepoli e ha un carattere più espansivo di Elia, con buone relazioni familiari e sociali. Non è caratterizzato solo dal “fuoco” che avvampa in Elia, ma è familiare con i simboli del mantello, dell’olio, della casa, del sale, delle pentole, del legno, delle frecce, della luce…
Dotato dello “spirito doppio” di Elia (porzione spettante al primogenito), egli è descritto compiere dai sedici ai ventiquattro prodigi (contro gli otto o sedici del suo maestro). A Eliseo sono consacrati 197 versetti, quasi il doppio dei 111 riservati a Elia.
Eliseo non sta rintanato in casa, ma si slancia irruente nel pieno dell’azione sociale e politica, immischiandosi nelle lotte per la successione dinastica del regno del nord, iniziando con ungere re Iehu e guidando l’esercito alla vittoria contro gli aramei nell’assedio delle città di Samaria e di Samaria stessa.
Eliseo non aspetta che YHWH lo chiami per operare il bene o per emettere una profezia, ma prende autonomamente l’iniziativa venendo incontro a poveri vari, a uomini e donne in difficoltà, aiutandoli a venir fuori dal cul de sac in cui si erano cacciati. Se serve, non disdegna di ricorrere a sotterfugi e a furbizie varie…
Antonio Nepi, docente all’Istituto teologico marchigiano (Ancona/Fermo), profondo conoscitore del mondo dell’Antico Testamento e sensibile a varie tematiche culturali e filosofiche attali, espone in diciassette capitoletti una lectio divina articolata ogni volta in quattro momenti: capire la Parola, meditare la Parola, vivere la Parola e, infine, pregare la Parola (aiutandosi specialmente con i salmi).
La collana di appartenenza del volume “Rotem” (la ginestra bianca retama raetam sotto cui si accascia depresso Elia nel suo viaggio verso l’Horeb, 1Re 19,4-5; cf. Sal 120,4; Gb 30,4) intende proprio aiutare l’assimilazione orante della Parola, dapprima però sottoposta a indagine storico-critica e poi lasciata illuminare la vita: leggere la Bibbia con la vita, leggere la vita con la Bibbia.
Il commento dell’autore è sempre compiuto con linguaggio accessibile e accattivante, con formule riassuntive davvero felici e scoppiettanti.
Nepi si accosta con brio e profondità esegetico-spirituale al brano della chiamata di Eliseo (2Re 2,1-14), poi al momento della separazione da Elia, il cocchio di Israele, il rodaggio con la guarigione delle acque “cattive” con un pugno di sale. Alcuni ragazzini che lo prendevano in giro per la calvizie finirono sbranati dai leoni (2Re 2,15-18).
Eliseo si barcamena tra accoglienza e rifiuto (2Re 2,19-25). Guida il re Ioram a vincere contro il re di Moab ((2Re 3,1-27), aiuta una povera vedova a estinguere il debito con l’abbondanza di olio (2Re 4,1-7).
Tragico e splendido è l’incontro di Eliseo con la donna benestante di Sunem, che lo ospita preparandogli una stanza “carmelitana” (un letto, un tavolo, un candeliere) per il suo riposo quando fosse ancora passato da quelle parti (2Re 4,8-37). Il figlio avuto per grazia e poi mortole fra le braccia per insolazione, fu rivivificato da Eliseo nella sua “stanza”, che diventa “la stanza del figlio” (di qui una parte del sottotitolo del volume, che indugia a lungo su questo episodio).
Eliseo guarisce la minestra “cattiva” con della farina e moltiplica i pani per una gioiosa condivisione (2Re 4,38-44).
L’episodio avvincente della guarigione del lebbroso Naamàn, uno straniero, un pagano, il capo di stato maggiore dell’esercito nemico di Damasco, è ben conosciuto (2Re 5,1-19) ed citato anche da Gesù in Lc 4,27. Dalla lebbra, egli giungerà alla fede, mentre Gezi, l’avido servo di Eliseo, sarà severamente punito con la lebbra da Eliseo, distaccato dal denaro (2Re 5,20-27).
Eliseo è un uomo solidale, che fa trovare una preziosa ascia perduta nell’acqua (2Re 6,1-7), e che si impegna a fondo, come uno che vede oltre il visibile, nella vittoria della battaglia a Dotan (2Re 6,8-23) e nella liberazione di Samaria dall’assedio arameo (2Re 6,24–7,20).
Tramite un discepolo, Eliseo unge Iehu (2Re 6,24–7,20), e scegli Hazel, immischiandosi fortemente nell’agone politico (2Re 8,7–10,17). Con il segno delle frecce lanciate e battute a terra annuncia vittorie al re Ioas, che avrebbe dovuto osare di più, e anche da morto, con la sua sola tomba fa rivivificare un morto gettatole sopra frettolosamente (2Re 13,14-21).
Davvero niente fu troppo grande per lui, lo celebra il Siracide (Sir 48,12-14), e Gesù, da parte sua, lo cita come suo precursore che annuncia un Dio universale, aperto a tutti gli uomini e a tutti i popoli, senza grettezze e ristrettezza mentali, quali quelle manifestate dai suoi compaesani di Nazaret (Lc 4,27).
Eliseo è stato molto amato dai padri siriaci, specialmente da Giacomo di Saroug, che compose sette omelie sulla sua figura. Fu considerato costituire con Elia una replica della coppia Mosè-Giosuè, venne chiamato “teoforo”, mentre Gesù fu chiamato “Eliseo spirituale” da Basilio di Seleucia. Grazie ad una esegesi allegorica, ma pur sempre vera e utile ermeneuticamente, Eliseo era visto come precursore di Cristo e della Chiesa.
I carmelitani si impadronirono con forza di questa figura, celebrando fin dal 1399 la sua festa il 14 giugno. Essi leggono “a specchio” nella vita di Eliseo le caratteristiche di preghiera, solitudine, povertà e vita cenobitica proprie del loro Ordine. Oltre ad amministrare la non lontana “Grotta di Elia” che sovrasta Haifa dal crinale del monte Carmelo, a Wadi ‘ain es-Siah, a quattro chilometri dalla stessa città, sono impegnati attualmente al recupero del complesso monastico della prima casa carmelitana al mondo.
Antonio Nepi, Il mantello e la stanza l’olio e la strada. Incontri e simboli di fraternità con il profeta Eliseo (Rotem. Ascolto orante della Parola 20), Messaggero, Padova 2019, pp. 276, € 19,00.