Due chiari “no” ad altrettante domande di convocare una sinassi (sinodo) dei gerarchi delle Chiese ortodosse sulla questione ucraina. Il patriarca Bartolomeo ha risposto “picche” prima al patriarca di Antiochia, Giovanni X, poi al patriarca di Albania, Anastasio. Seppur con tonalità diverse.
Tutto nasce dal riconoscimento dell’autocefalia alle Chiese “scismatiche” dell’Ucraina, accettata nel «concilio di unificazione» (Kiev, 15 dicembre 2018). Il tomo è stato consegnato al primate eletto, Epifanio, il 5 gennaio 2019. Una scelta che ha visto la netta opposizione della Chiesa ortodossa ucraina filo-russa, ancora maggioritaria nel paese. E, soprattutto, il radicale dissenso della Chiesa ortodossa russa a cui quella ucraina fa riferimento. Un processo disgregativo è in atto in molte aree dell’ortodossia e il conflitto si allarga a diocesi ed eparchie del mondo intero. Per questo si sono levate diverse voci a invocare un nuovo sinodo o sinassi dei gerarchi delle 14 Chiese canoniche.
Chi ha rifiutato Creta non domandi concili
La sede costantinopolitana, e in particolare l’attuale patriarca Bartolomeo, ha rinnovato con energia e lungimiranza la pratica delle sinassi, fino alla celebrazione del grande sinodo o concilio di Creta nel 2016. Dove però sono mancate all’appello quattro Chiese, fa cui quella russa. Indebolendo così l’operazione ecclesiale e impedendo di discutere di alcuni temi centrali come appunto il riconoscimento dell’autocefalia.
Il 31 dicembre 2018 il patriarca di Antiochia, Giovanni X, scrive a Bartolomeo per chiedere la convocazione di una sinassi sulla questione ucraina. La risposta porta la data del 1° marzo ed è stata resa pubblica della Chiesa russa. Bartolomeo così risponde: «Abbiamo ricevuto e letto attentamente la lettera di sua beatitudine, del 31 dicembre scorso, in cui lei domanda di riunire la sinassi dei primati delle Chiese ortodosse per regolare il problema nella Chiesa ucraina. Le rendo noto che, dopo il rifiuto di quattro Chiese ortodosse di partecipare, senza ragioni ecclesiali e teologiche, al grande e santo concilio di Creta, rifiuto che non ha giustificazione alcuna – e la sua antica Chiesa era una di esse –, io come patriarca ecumenico ho una seria ragione per astenermi da una tale convocazione a livello panortodosso; sarebbe inutile, visto che si concluderebbe nell’unico accordo di essere in disaccordo fra noi». Bartolomeo conferma di essersi mosso con il solo intento dell’unità della Chiesa ucraina e di aver deciso in conformità alle autocefalie recentemente riconosciute senza alcuna necessità di convocare concili. La stretta vicinanza di Giovanni X a Cirillo di Mosca e la sua assenza da Creta rendeva prevedibile la risposta di Bartolomeo.
L’“economia” e il giudizio
Meno facile rispondere “per le rime” al patriarca di Albania, Anastasio, uomo di alta spiritualità e da tutti stimato per l’equilibrio e la coerenza di vita. Anastasio scrive a Bartolomeo il 14 gennaio, dando nota della discussione del suo sinodo. Ricorda con molta chiarezza di aver criticato apertamente la Chiesa russa per la decisione di non partecipare al sinodo di Creta e di non aver condiviso la decisione di Mosca di rompere la comunione con Costantinopoli in seguito al riconoscimento dell’autocefalia ucraina. Una posizione trasparente e autonoma che raccomanda la plausibilità delle osservazioni critiche rispetto al tomo concesso da Bartolomeo.
Non è secondo i canoni della tradizione ortodossa il riconoscimento retroattivo della validità di ordinazioni presbiterali ed episcopali operate da vescovi scomunicati e non più in relazione con le Chiese canoniche. È il caso dei leader spirituali delle due Chiese ucraine riconosciute nella nuova entità ecclesiale, Filarete e Macario.
Non si può invocare l’«economia» (giudizio pastorale) per una decisione che si legittima soltanto dopo un esplicito pentimento e una lunga penitenza degli interessati. «Ci è difficile capire che ciò che è invalido e nullo possa diventare “per economia” portatore dello Spirito Santo».
La Chiesa ortodossa filorussa di Onufrio (12.069 parrocchie, 90 vescovi, 12.283 preti, 251 monasteri e 4.412 monaci – il censimento è del 2018) si è nettamente rifiutata di partecipare al «concilio di unificazione». «Al posto della pacificazione e dell’unità dell’ortodossia in Ucraina vi è la minaccia della rottura dell’unità dell’ortodossia a livello universale».
Sono infondate le previsioni di un rapido rientro delle tensioni e pensare ai prossimi decenni e secoli è persino cinico. Per questo Anastasio richiede da Costantinopoli di convocare il più rapidamente possibile una sinassi panortodossa «per prevenire il pericolo evidente di uno scisma doloroso che minaccia la credibilità dell’Ortodossia e la sua testimonianza nel mondo contemporaneo».
Il 9 marzo è resa pubblica la lettera di risposta. Bartolomeo rivendica la sua responsabilità di intervenire nelle Chiese locali in difficoltà e la funzione dell’autocefalia in ordine all’unità della Chiesa. Quanto al riconoscimento della validità dell’ordinazione di Filarete e di Macario (e delle ordinazioni da loro celebrate di altri preti e vescovi), il patriarca ricorda la soluzione dello scisma dei meliciani e della riordinazione dei loro vescovi e preti. Così come è successo per la Chiesa di Bulgaria, scomunicata nel 1872 e riammessa nel 1945. La stessa Chiesa russa ha riconosciuto, sotto evidenti spinte politiche, la validità delle ordinazioni «scismatiche» della Chiesa ortodossa russa d’Oltrefrontiera rientrata in comunione con Mosca. Le scelte, conclude Bartolomeo, non sono ispirate ad opportunismo politico e tantomeno a interessi personali.
Volano gli stracci
Un esempio degli “stracci che volano” è la presentazione a Mosca, il 27 febbraio, di un volume sui rapporti fra Mosca e Costantinopoli nella prima metà del ’900. Lo storico Mikhail Chkarovski addebita a Costantinopoli di aver fiancheggiato la potenza nazista per rientrare in territori prima a lei impediti e di aver sostenuto i “novatori” russi, un gruppo di ortodossi filo-rivoluzionari, che volevano le dimissioni del patriarca Tichon e dei vescovi.
Nella presentazione pubblica, mons. Hilarion de Volokolamsk, presidente del dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato di Mosca, ha parlato di un atteggiamento «non fraterno», anzi «nemico» di Costantinopoli che dura da un secolo. Non solo negli episodi sopra ricordati ma anche in altri eventi: l’estensione dell’autorità canonica del Fanar a Estonia, Lettonia e Finlandia, la comunione con gli scismatici ucraini in USA e Canada, fino alla recente decisione relativa all’Ucraina. Scelte e orientamenti ispirati da un modello ecclesiologico estraneo alla tradizione ortodossa. Difficile vedere la fine di un contenzioso che peserà per decenni sulle Chiese ortodosse, sul dialogo ecumenico, e sulla credibilità dell’annuncio cristiano oggi.