Il risultato delle elezioni amministrative in Turchia del 31 marzo scorso ha lasciato tutti stupiti, a cominciare dal presidente Erdoğan e dal suo partito.
Certamente c’è la vittoria in percentuale su tutta la Turchia del partito di Erdoğan. Ma il partito del presidente ha perso le città più grandi e prestigiose. Oltre a Smirne, sempre fedele alla sua vocazione laica e repubblicana, anche Ankara, Antalya e soprattutto Istanbul sono passate al partito di opposizione.
Istanbul e Ankara erano da 25 anni saldamente nelle mani del partito di Erdoğan. Inoltre, queste quattro città – Istanbul, Ankara, Smirne e Antalya – sono le città più importanti e il simbolo dello sviluppo economico della Turchia.
E pensare che Erdoğan, invece di essere presidente super partes, aveva fatto una campagna propagandistica gigantesca e aggressiva soprattutto a Istanbul e Ankara. A Istanbul come candidato a sindaco aveva messo il Primo Ministro. Era venuto a parlare anche a Smirne e, come al solito, il suo partito aveva organizzato carovane di autobus e minibus per portare da fuori città una moltitudine di persone ad ascoltarlo e ad applaudirlo.
Va tenuto presente che, in mano al partito di Erdoğan, vi sono i canali televisivi e i giornali più importanti e che molti giornalisti di opinione contraria sono in prigione…
Molti pensano che la gente si sia stancata di ascoltare le parole e le promesse del presidente e abbia preso sempre più coscienza di avere le tasche vuote con i prezzi in continuo aumento.
Ora c’è il ricorso per brogli elettorali a Istanbul, ma appare una cosa ridicola, visto che era il partito di Erdoğan ad avere il controllo su tutto. Anche la promessa di trasformare in moschea la basilica di Santa Sofia mi sembra sia stata una mossa propagandistica quasi disperata che, invece di aiutare, ha danneggiato ancora di più il partito di Erdoğan.
Certamente queste elezioni amministrative che dovevano diventare un altro trionfo di Erdoğan, e quindi dargli ancora più potere, sono state al contrario uno schiaffo alla sua immagine e alla sua popolarità. Vedremo ora le prossime mosse del presidente.