Marie-Jo Thiel è medico e professoressa di etica alla facoltà di teologia all’università di Strasburgo. Autrice di una vasta summa sugli abusi sessuali nella Chiesa (La Chiesa cattolica di fronte agli abusi sessuali su minori, Bayard), la teologa si interroga sul testo firmato dal papa emerito Benedetto XVI, pubblicato sulla rivista Klerusblatt. L’intervista che segue, a cura di Céline Hoyeau, è ripresa da La Croix del 12 aprile 2019 (traduzione del sito Fine Settimana).
- Dopo il vertice sugli abusi nella Chiesa, Benedetto XVI pubblica un testo per «aiutare ad attraversare questa ora difficile». Punta l’indice in particolare contro la rivoluzione del ‘68. Lei cosa ne pensa?
La storia della Chiesa mostra che gli abusi commessi da chierici non sono solo recenti. Fin dal primo secolo del cristianesimo, i concili di Elvira e di Ancira hanno condannato gli abusi su giovani ragazzi, e queste condanne riguardavano anche dei chierici. Il testo Crimen Sollicitationis pubblicato nel 1962 dal Vaticano riprende un testo del 1922, che ricorda Sacramentum Poenitentiae di papa Benedetto XIV del 1741!
- Al contempo, gli studi mostrano però un picco degli abusi commessi da preti tra il 1960 e il 1980…
È vero che la società degli anni Sessanta è caratterizzata da una crisi dell’autorità e da una permissività sessuale. Ma quel contesto non è sufficiente a spiegare tale crisi. Benedetto XVI resta nella prospettiva dell’obbedienza ad una norma, soprattutto nell’ambito dell’etica sessuale e familiare. Perché quell’etica, che i preti avrebbero dovuto trasmettere, è fallita nella sua applicazione? Mi sembra che la Chiesa si sia focalizzata su un’immagine post-tridentina sacralizzata del prete senza fornirgli le risorse per farsi carico della propria vita sessuale. C’è anche un problema di formazione, di presa in considerazione dell’apporto delle scienze umane che, sorprendentemente, sono assenti da questo testo.
- La crisi degli abusi non è dovuta ad una contaminazione del relativismo diffuso?
In etica, per discernere, bisogna tener conto sia della legge, che dell’individuo che discerne e della situazione. Isolare la norma conduce al legalismo. Isolare l’individuo conduce al soggettivismo. Isolare la situazione conduce al situazionismo. Bisogna quindi circolare tra questi tre elementi per discernere, basandosi sulle risorse sia della fede che delle scienze umane. In questo contesto, certe prospettive possono essere ingiustificabili, come lo stupro o l’assassinio. Ma, al contempo, è la mia coscienza che mi dice che quegli atti, in ogni caso, sono atti cattivi. Perché una norma possa funzionare nella pratica, bisogna che possa essere riconosciuta dalla coscienza nella sua pertinenza. Se la norma è puramente estrinseca (è la prospettiva di un certo neotomismo), sarà molto facilmente trasgressibile. È anche una delle ragioni per cui si è avuto un tale numero di abusi in quegli anni.
- Fondamentalmente, per Benedetto XVI, la pedofilia è dovuta alla perdita del senso di Dio. Che ne pensa?
Se la pedofilia è dovuta ad una mancanza di fede, perché allora così tanti preti tra gli abusatori? Perché così tanti grandi fondatori di comunità nuove che papa Giovanni Paolo II ha continuato a portare ad esempio? Perché Benedetto XVI non assume l’analisi fatta da papa Francesco, anche nel momento del vertice sugli abusi in febbraio? Perché non prende in considerazione l’aspetto sistemico della crisi? Sembra non vedere il problema d’insieme, la relazione con gli abusi di potere e di coscienza che in questo testo non compaiono mai. Questo testo pone molti interrogativi.
Ottima Intervista. Molto buona, Aiuta a capire la verità.