L’Associazione tedesca per le popolazioni minacciate (GfbV) ritiene che il futuro delle comunità cristiane della Siria e dell’Iraq sia in pericolo. In entrambi i paesi il numero dei cristiani è diminuito in seguito alla fuga dalla guerra civile e alla violenza di militanti musulmani: è quanto afferma il rapporto dell’associazione, con sede a Göttingen, reso pubblico il 19 giugno scorso.
In Iraq – si legge – vivono soltanto 150 mila cristiani, circa lo 0,4% della popolazione. Nel periodo anteriore alla prima guerra dell’Iraq del 1991, costituivano il 10% e prima della seconda del 2003 il 5%. «C’è da temere – sottolinea il rapporto – che, entro il 2020, non resterà in Iraq più nessun cristiano».
In Siria – sempre secondo il rapporto – vivono attualmente tra i 500 e i 700 mila cristiani, con una diminuzione del 50% rispetto al 2010. Si sono trovati al centro dei due fronti contrapposti, dell’esercito siriano e dei gruppi di opposizione tra cui gli islamisti armati, sostenuti in parte dalla Turchia, che sono intervenuti contro di loro brutalmente con esecuzioni, omicidi e stupri.
Secondo l’associazione, il regime del presidente Bashar al-Assad garantisce ai cristiani il diritto al libero esercizio della religione, ed è questa la ragione per cui la maggioranza di loro preferisce una vittoria delle truppe governative sull’opposizione dominata dai Fratelli musulmani sunniti radicali.
Una dura critica alle Chiese dell’Occidente
L’Occidente – scrive il rapporto della GfbV – deve dare il suo sostegno alle forze di opposizione nel loro impegno di sostenere attivamente le minoranze. I difensori dei diritti dell’uomo rivolgono aspre critiche alle Chiese dell’Occidente, perché hanno praticamente abbandonato i loro fratelli e le loro sorelle nella fede che si trovano in stato di assedio.
I cristiani, dopo la caduta di Saddam Hussein in Iraq, sono stati costantemente oggetto di rapimenti e di omicidi da parte delle bande terroristiche musulmane. Dal 2003, migliaia di cristiani sono stati uccisi. Almeno 70 chiese sono state completamente distrutte dai bombardamenti. Delle 500 chiese in Iraq ne sono rimaste aperte soltanto 57. Lo Stato non protegge i cristiani, anzi, attraverso le leggi e le politiche scolastiche, favorisce l’islamizzazione del paese. Molti appartenenti alle minoranze progettano perciò di lasciare il Paese.
Anche nella regione autonoma del Kurdistan il rapporto GfbV costata notevoli svantaggi da parte dei cristiani. Anche se la milizia terroristica dello “Stato islamico” è stata cacciata dalla Piana di Ninive, la maggior parte dei cristiani sfollati non torna nella propria terra perché non hanno i mezzi per ricostruire le loro case. Nelle ex località cristiane si è istallato un numero sempre maggiore di musulmani che hanno minacciato di cacciare i cristiani. «Per fermare questa deriva, i cristiani devono poter partecipare ai processi decisionali e deliberativi riguardanti il futuro dell’Iraq». Inoltre hanno bisogno di aiuti finanziari per promuovere la loro lingua e cultura.
Il GfbV chiede «l’amministrazione autonoma» per la comunità cristiana presente nella Piana di Ninive. A questo scopo, il governo centrale di Bagdad e quello regionale curdo devono mettersi d’accordo su chi debba governare la regione.