Un problema e due indicazioni. Gli Orientamenti pastorali della Santa Sede circa la registrazione civile del clero in Cina, usciti il 28 giugno rispondono alle insistenti domande di clero e vescovi «sotterranei» in ordine all’obbligo di firma della domanda di registrazione civile per l’azione pastorale. In molte aree dell’immenso paese l’amministrazione per i culti, nel caso specifico l’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, pretende il consenso ai principi di indipendenza, autonomia e autoamministrazione che esprimono la volontà scismatica dell’organismo fin dagli anni ’50. Una concessione che ripugna alla coscienza di molti fra quanti hanno attraversato i lunghi decenni della persecuzione.
La Santa Sede nel documento, riferibile direttamente alla Segreteria di stato, argomenta due indicazioni preziose. La prima è relativa al tema dell’«indipendenza», la secondo a quello della firma.
Indipendenza: come declinarla
Sul tema dell’indipendenza si sottolinea lo slittamento semantico che dà alla medesima parola un significato diverso. Un conto l’affermazione di una volontà direttamente scismatica (negli anni’50), un conto l’adesione ai valori civili della Costituzione cinese. L’accordo sulla nomina dei vescovi del 22 settembre 2018 (cf. SettimanaNews: Accordo sugli zucchetti viola; Un accordo storico), la volontà di integrazione dei cattolici nella storia del loro paese, il lungo e costante dialogo fra governo e Santa Sede, l’opportunità per i vescovi locali di partecipare al corpo episcopale cattolico rendono legittima una diversa comprensione del termine «indipendenza».
Ciò porta «la Santa Sede a intendere e interpretare l’“indipendenza” della Chiesa cattolica in Cina non in senso assoluto, come separazione dal papa e dalla Chiesa universale, ma relativo alla sfera politica secondo quanto avviene in ogni parte del mondo nelle relazioni tra il papa e una Chiesa particolare o tra Chiese particolari».
Nel complicato e contraddittorio processo in vista di una maggiore libertà della Chiesa nel paese, i colpi di freno e le incongruenze non devono oscurare una linea di tendenza positiva. La riaffermata inconciliabilità dell’“indipendenza” contenuta nella Lettera ai cattolici cinesi di Benedetto XVI (2007) va collocata nel continuum interpretativo che porta al recente Accordo. La possibile e attesa apertura a nuove ordinazioni episcopali condivise ne sarebbe la verifica più prossima.
La seconda indicazione è pratica e suggerisce la possibilità di una firma precisando «per iscritto all’atto della firma (da parte del’interessato, prete o vescovo) che lo fa senza venire meno alla dovuta fedeltà ai principi della dottrina cattolica». Se non fosse possibile scriverlo, il vescovo o il prete lo può fare verbalmente in presenza di un testimone. Successivamente il prete informerà il vescovo delle sue intenzione nell’atto formale.
Forma pratica della firma e quadro teorico di interpretazione sono legati – e questo è ripetuto tre volte – alla continuità del confronto con la commissione cinese sulla questione della registrazione civile del clero in vista di una modalità più rispettosa della dottrina e della coscienza. Come a dire che il quadro potrebbe modificarsi sia positivamente che negativamente.
La rigidità ideologica non è affatto dietro le spalle. Da qui nasce l reiterato riconoscimento della piena legittimità del rifiuto alla firma. «La Santa Sede comprende e rispetta la scelta di chi, in coscienza, decide di non potersi registrare alle presenti condizioni». Non verrà certo né censurato né abbandonato. Si chiede anzi alle amministrazioni statali «che non si pongano in atto pressioni intimidatorie nei confronti delle comunità cattoliche “non ufficiali”, come purtroppo già avvenuto». Il caso più noto del rifiuto è quello del vescovo Guo Xijin, ausiliare nella diocesi di Mindong.
Egli ha accettato con generosità di fare l’ausiliare al “patriottico” Zhan Silu per favorire la piena comunione delle comunità cristiane, ma davanti alle pretese dei funzionari ha detto: «Sono un uomo non una scimmia che asseconda tutti i voleri altrui».
Domanda di riforme
L’inno del Vaticano II alla coscienza, «il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria» (EV 1/1369), era ben presente agli estensori della nota, accuratamente verificata dal punto di vista dottrinale. La soluzione pastorale individuata colloca il gesto dei resistenti dentro un processo che ha il segno dell’apertura al futuro.
Per un lettore italiano uno dei paragoni possibili è la giustificazione a suo tempo offerta ai professori universitari che nel 1931 furono obbligati al giuramento di fedeltà al fascismo. Togliatti e Croce spinsero i «loro» alla firme per opportunità. Pio XI suggerì un giuramento con riserva interiore. La soluzione pastorale indicata per i vescovi e i preti cinesi è di altro tipo: la non-firma è legittima e la firma può chiedere una postilla scritta o verbale verificabile e pubblica. Il richiamo al regime fascista è evocativo nei confronti di una democrazia «illiberale» come quella cinese. Il piccolissimo numero degli interessati alla domanda di registrazione civile incrocia il fiume dei milioni di cittadini di Hong Kong che protestano (cf. SettimanaNews: Where has all the trust gone?; La piazza e la legge) in nome della democrazia e per chiedere a Pechino non solo l’autonomia della città ma l’avvio di riforme.
La numericamente contenuta questione pastorale sia nel testo vaticano come nelle divergenti prassi va nella medesima direzione. Per quanto riguarda la Chiesa vi è la scommessa che la legittimazione della liberà pastorale permetta di rispondere alla grande domanda di spiritualità proveniente dal popolo cinese, punto di riferimento per il cristianesimo del futuro.
Le reazioni sono solo in parte prevedibili. I settori più conservatori, soprattutto occidentali, denunceranno l’ennesimo cedimento. Per i sostenitori dell’accordo Santa Sede e Cina riconosceranno il coerente sviluppo dei dialogo. Nello scontro da guerra fredda fra le due egemonie mondiali gli USA non apprezzeranno. Non si sa neppure come il governo di Pechino potrà recepire il testo. Potrebbe anche denunciare una sorta di invasione di campo, nel senso di indicazioni dettagliate a cittadini dello stato da parte di Roma.
Gi Orientamenti chiedono ai protagonisti di custodire al meglio la comunione. Ai vescovi di prendersi cura dei preti incoraggiandoli, difendendoli e favorendo il superamento dei contenziosi. Ai laici, perché «accolgano con cuore grande la sofferta decisione presa dai loro pastori, qualunque essa sia… astenendosi dal giudicare le scelte degli altri». «Tutti sono chiamati a discernere la volontà di Dio con pazienza e umiltà in questo tratto del cammino della chiesa in Cina, segnato da tante speranze ma anche da perduranti difficoltà».