La Badische Zeitung in un articolo intitolato “L’ultimo viaggio in Bulgaria” (riportato dal sito DW in data 20 marzo 2019) fa riferimento agli sforzi compiuti negli ultimi anni, sia da organizzazioni di personalità private autorevoli, sia da politici della scena politica centrale, periferica e comunale in Grecia, per costruire i primi centri di incenerimento dei defunti, che, tuttavia, incontrano sempre fortissime reazioni della parte della Chiesa ortodossa greca.
Così circa 4.000 greci all’anno – e il numero continua ad aumentare –, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose, emigrano dopo la morte per essere cremati a Sofia (in Bulgaria).
Questa cifra si riferisce certamente a coloro i cui parenti sono in grado di sopportare il peso emotivo e psicologico del lutto e quello economico della trasferta all’estero per il processo di cremazione.
Le proposte dei politici
Per decenni, i politici locali greci hanno combattuto per ottenere la costruzione di inceneritori. Ma solo recentemente hanno riscosso qualche risultato importante in questa direzione.
Qualche settimana fa, il ministro dell’Ambiente, George Stathakis, ha firmato il permesso di costruzione del primo stabilimento di cremazione, nella zona industriale di Eleonas (che significa “uliveto”: nei tempi antichi era tale, ma attualmente è una zona industriale fortemente degradata).
Ma ciò non significa che sarà effettivamente costruito. Infatti, la Chiesa ortodossa reagisce per motivi teologici, e molti privati cittadini o associazioni, per timore delle emissioni nell’aria di tale stabilimento e per la protezione della “buona fama del luogo”, cercano di fermare il progetto.
Tuttavia, il sindaco di Atene, Giorgos Kaminis, sembra ottimista. Adesso si è dimesso per entrare nella scena politica centrale con un partito di centro sinistra, erede dell’allora potente PASOK. Si è candidato per il parlamento europeo senza successo e attualmente si è candidato per il parlamento nazionale. Il comune di Atene – detto di passaggio – è attualmente andato al candidato della “Nuova Democrazia”. L’assessore comunale incaricato del progetto si professa sicuro che il tentativo approderà a buon fine, qualunque sforzo e lotta richieda.
Migliore fortuna ha avuto l’iniziativa di alcuni privati che hanno fondato una Società Anonima, la “Ritsiona inceneritore”, in una località a poche decine di chilometri a Nord-est di Atene, denominata Grande Ponte di Ritsiona.
La concessione della licenza ambientale le è stata concessa perché il progetto in questione è stato incluso in alcune forme di attività che prendono in speciale considerazione gli impegni ambientali standard (standard environmental commitments-LPD).
Nell’autorizzazione sono descritte tutte le misure che l’impresa deve adottare per la progettazione, la costruzione e l’installazione delle macchine, al fine di conformarsi alla normativa che prescrive il modo di tutelare l’ambiente e di ottenere l’autorizzazione per il buon funzionamento. Nella stessa licenza sono descritte in modo esplicito tutte le procedure da eseguire, dall’accoglienza del corpo fino all’inceneritore, e dall’inceneritore alla consegna delle ceneri ai familiari.
Secondo la dichiarazione del presidente della società greca senza scopo di lucro “Society Incenerimento Alakiotis Anthony”, il 21 settembre del corrente anno verrà inaugurato il primo inceneritore nel paese, nella località di Ritsiona.
Il rappresentante legale di tale società risulta essere lo stesso signor Antonis Alakiotis, il quale è anche il presidente della Società Greca per la Cremazione, un organismo che lotta da decenni per la costruzione di un inceneritore. Ha spiegato che la sua presenza nell’associazione che gestirà l’inceneritore è simbolica, in quanto lo stabilimento è stato creato con fondi privati, che hanno concesso il 5% delle azioni honoris causa all’associazione che egli presiede.
Alakiotis ha spiegato che questa è un’iniziativa resa possibile dopo la normativa del luglio 2017, con la quale il governo concedeva la facoltà, anche a persone private, di costruire inceneritori.
Un po’ di storia
Le prime mosse per introdurre la cremazione dei defunti risalgono agli anni 1912-1917 e furono fatte dall’Associazione Medica di Atene, che si è dichiarata pubblicamente a favore dell’incenerimento, sotto la presidenza di M. Karzi.
Nel 1943 il tribunale di primo grado di Atene respinse la richiesta per l’incenerimento dei cadaveri perché contraria alla morale greca. Nel 1944, per gli stessi motivi fu respinta una seconda richiesta fatta in proposito da un’associazione per l’incenerimento dei defunti. Da allora le discussioni diventarono ordinaria amministrazione senza alcun un esito positivo.
Nel 1987 ad Atene il sindaco, il signor M. Evert, portò in primo piano la questione chiedendo formalmente al Santo Sinodo e allo Stato di consentire l’incenerimento delle vittime della “grande calura” che, nel luglio di quell’anno, aveva colpito duramente Atene. I morti infatti venivano stivati in luoghi di refrigerazione, in attesa di una soluzione: o, a suo tempo, poter inumare le vittime, oppure l’assenso da parte dei familiari all’incenerimento.
La risposta? Un solenne rifiuto da parte della Chiesa!
“Magari tutte le proposte di legge avessero lo stesso destino!”
Nel maggio del 2005, l’allora sindaca di Atene, la signora Dora Bakoyannis (attualmente deputata del partito della Nuova Democrazia) ha invitato per una consultazione nel suo ufficio nel Comune di Atene, il signor Prokopi Pavlopoulos, allora deputato e ministro degli Interni del governo formato dalla ND con la maggioranza assoluta e attualmente presidente della Repubblica Greca, l’allora arcivescovo Christodoulos e il signor Kyriakos Mitsotakis, fratello della signora sindaca, allora deputato della ND e oggi primo ministro.
Frutto di quell’incontro fu l’emendamento legislativo trasversale firmato da 10 deputati di tutti i partiti e presentato in Parlamento il 10 febbraio 2006, sostenuto dal governo e da tutti i settori del Parlamento. L’allora ministro degli Interni, Prokopis Pavlopoulos, visto l’esito positivo, aveva dichiarato: «Vorrei che tutte le leggi avessero la stessa fortuna!».
Così, l’articolo 35 della legge 3348 del 15 marzo 2006 è diventato il primo passo legislativo per poter incenerire i morti nel nostro paese. Fu il primo passo. Ad esso però hanno fatto seguito impedimenti e contrapposizioni da tutte le parti per le più disparate ragioni che, mettendo i bastoni fra le ruote, impedivano alla legge di fare il suo corso.
Adesso, con gli ultimi sviluppi, pare che, in parte, la situazione si sia sbloccata.
Alcune riflessioni teologiche
L’antropologia teologica della Chiesa ortodossa si basa su due profonde convinzioni. La prima: l’uomo è un’entità psicosomatica. La seconda: la sua anima è eterna per natura. L’anima è inseparabilmente legata al corpo e alla realtà divina.
La Chiesa non ha solo un insegnamento teorico ma ha, soprattutto, una sua esperienza e un vissuto della sua verità. Così è anche per quella entità chiamata “anima”.
La Chiesa è beneficiaria di una Rivelazione divina. La Rivelazione della quale è in possesso non è offerta al suo pleroma (a tutti i suoi fedeli) solo attraverso l’insegnamento, ma è consegnata e verificata nell’esperienza. Non dice semplicemente quello che sa, ma travasa quello che vive. Nell’uomo, ogni uomo, non vede solo il suo corpo o la sua presenza nel tempo, ma vede l’icona di Dio riflessa nella sua anima e così intravede la sua dimensione eterna.
Tutto ciò che riguarda l’anima è un fatto sacro e ha a che fare con la salvezza, la santificazione, l’unione con Dio, con il vissuto e l’esperienza della prospettiva eterna dell’uomo. Tutto questo rende sacra una persona.
L’anima custodita nel corpo lo trasfigura in tempio dello Spirito Santo. Il corpo che conserva il tesoro dell’anima non è una prigione. Il corpo dell’uomo in vita è visto come l’altare: «i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1). Per questo, ogni brutale intervento sul corpo oppure la sua sottomissione alle tendenze malvagie che schiavizzano il libero arbitrio della persona, non è solo una mancanza di rispetto, ma una profanazione e un grave peccato.
Il corpo viene curato, mantenuto e nutrito, oltre che con il cibo materiale, anche attraverso la preghiera (le preghiere prima e dopo i pasti) e i sacramenti: il sacramento dei malati prende cura della sua salute, il sacramento del matrimonio è in armonia con la sua capacità riproduttiva e, infine, il sacramento del corpo e del sangue di Cristo di Cristo ne è la consacrazione e la trasfigurazione.
Il corpo è sacro sì, ma non intoccabile dato che è soggetto al naturale processo di deterioramento. Sul corpo si interviene solo a livello terapeutico, cercando di ritardare l’evoluzione del deterioramento e di alleviarne la sofferenza, per quanto sia possibile.
Il processo di deterioramento dev’essere completamente naturale e mai forzato. Il deterioramento fisico è l’indice più forte della caducità della nostra natura. Ogni azione violenta, che contribuisca al suo deterioramento, offende anche l’anima.
Il corpo diventa una reliquia della glorificazione dell’anima
Alla morte dell’uomo, il suo corpo diventa una reliquia (λείψανο) e non semplicemente un cadavere. Per questo, maggiore dev’essere il nostro rispetto per esso. La reliquia ha la proprietà di essere “memoria” di una “celebrazione sacra” che è in corso: ossia, la salvezza dell’anima, che coinvolgerà anche il corpo.
La reliquia ci ricorda qualcosa che, per ora, ci è “sconosciuto” e che, però, succede realmente, al di fuori del corpo ma non senza di esso: la glorificazione dell’anima. Per il corpo non si aspetta la sua distruzione, la sua scomparsa ma «un altro aspetto o un’altra forma» (Mc 16,12), che avviene come “trasformazione nella bellezza originale”. Per questo la Chiesa si avvicina al corpo con particolare rispetto e con sentimenti sacri.
Anche quando la sola cosa che rimane sono le ossa, queste sono, in qualche modo, la dichiarazione della presenza di una certa personalità anche attraverso la loro differenza: altra cosa sono le ossa di un bambino e altra quelle di un vecchio. Quando le ossa sono bruciate oppure “stritolate” e tutto è ridotto in polvere, allora tutto scompare in una uniformità che annulla la singolarità del defunto. Se, poi, in seguito, la polvere viene dispersa, allora anche il minimo segno della presenza di una persona scompare. Ogni “memoriale” scompare.
La lotta per conservare le spoglie del defunto, che sono reliquie, è una lotta per conservare il più possibile il suo volto nel mondo. Il nostro rispetto per le spoglie dei defunti (= reliquie), attesta la nostra fede nell’anima immortale.
I defunti non sono “scomparsi”, ma «dormono il sonno della pace». Essi sono riposti con rispetto nel sepolcro, con la fronte che guarda verso oriente, testimonianza dell’attesa della loro risurrezione. Per questo la Chiesa chiama i luoghi della sepoltura dei defunti, con convinzione, “cimiteri” ossia “luoghi dove si dorme”, “dormitori”.
I cimiteri e le tombe sono memoriali che ricordano che l’uomo è un tutto psicosomatico e che, come anima, continua a vivere, anche se, certo, non in modo biologico. Per questo onoriamo e stimiamo i reliquari dei santi: perché la loro santità ha lasciato il suo segno nel corpo: o perché non ha subìto la corruzione oppure perché emana un “profumo”.
Anche gli atei costruiscono i loro “memoriali”, imbalsamando i corpi dei loro falsi dèi e riponendoli in mausolei (uno esempio per tutti, il caso Lenin) e poi vanno in pellegrinaggio a visitarli.
Infine, la scelta della sepoltura o della cremazione dei defunti è un diritto umano individuale? No! In una società che onora i suoi defunti, nessuno ha il diritto di costringere un altro a procedere alla cremazione. Un cristiano ortodosso rispetta la libertà di tutti, ma non quella che procede dai diritti umani, ma quella che si acquisisce dopo avere meditato i “diritti di Dio”.
In realtà, la cremazione dei defunti sembra essere un ulteriore frutto dell’umanesimo senza Dio, di una civiltà senza valori, del nichilismo vuoto, della confusione conseguente alla perdita della fede. “Bruciando” i defunti, si brucia l’ultima briciola della dignità umana.