Boko Haram compie dieci anni. Due lustri di rapimenti, devastazioni, omicidi, stragi. Tutti nel nome di un Islam deformato e trasformato da fede in strumento di odio.
Tutto è iniziato il 26 luglio 2009 in Nigeria. A tarda notte, Boko Haram lancia attacchi simultanei alle stazioni di polizia in diverse città dell’estremo Nord-Est del Paese. Il leader della setta, Mohammed Yusuf, ritiene che le forze di sicurezza sono responsabili dell’uccisione di dozzine di fedeli nella città di Bauchi il giorno prima. Per questo motivo devono pagare.
Armati di AK 47 e bombe fatte in casa, i membri di Boko Haram viaggiano in moto. Uccidono, mettono in fuga i poliziotti e si impossessano delle loro armi. Il 27 luglio il governo federale ordina all’esercito di intervenire: è un bagno di sangue. Centinaia di fedeli vengono uccisi. Gli indagati vengono giustiziati senza processo, mentre il quartier generale della setta viene distrutto.
L’inchiesta ufficiale del governo del Borno confermerà la morte di 1.118 persone, uccise tra il 27 luglio e il 1° agosto. Tra questi, lo stesso Mohammed Yusuf.
Catturato dall’esercito a Maiduguri, il capo del gruppo viene trasferito in una sede della polizia. Viene brevemente interrogato e portato fuori. In un cortile viene ucciso con un colpo sparato a distanza ravvicinata. Le immagini della sua morte circoleranno sui cellulari per anni, suscitando molto risentimento della popolazione e senso di vendetta tra circa 200 sostenitori riusciti a fuggire insieme all’imam Abubakar Shekau.
In questi dieci anni, Boko Haram (che significa nello slang nigeriano «l’educazione occidentale è proibita») ha continuato a radicalizzarsi. Dopo il culmine della violenza segnata dal rapimento di 276 ragazze delle scuole superiori di Chibok, il gruppo jihadista si è indebolito.
Ciò è dovuto, in particolare, al risveglio della comunità internazionale e alla risposta militare della Forza congiunta multinazionale. Mentre gli abusi del leader Abubakar Shekau contro gli stessi civili musulmani e la sua personale lettura radicale dell’Islam hanno fatto sì che la gente comune si allontanasse dal suo movimento.
Nell’agosto 2016, lo Stato islamico, inizialmente affiliato ad al Qaeda, entra a far parte dell’Isis diventando lo Stato islamico nell’Africa occidentale.
Indebolito dalle divisioni interne, Boko Haram ha compiuto un significativo cambiamento strategico negli ultimi anni. Se il gruppo jihadista ora controlla meno territori rispetto al 2014, è riuscito a reinventarsi per colpire più duramente concentrandosi sulla protezione della popolazione e su una forte propaganda antigovernativa.
Gli abusi su larga scala contro i civili da parte degli uomini di Abubacar Shekau vengono sostituiti da una più sottile strategia che mira principalmente a obiettivi governativi e militari. A partire dal 2018, la fazione affiliata allo Stato Islamico, con uomini meglio addestrati, colpisce principalmente le basi militari nella Nigeria nord-orientale.
Sebbene ridotto in uomini e area di azione, Boko Haram non è ancora sconfitto e rappresenta una minaccia non solo per la Nigeria, ma anche per gli Stati confinanti (dove nel frattempo sono cresciuti movimenti jihadisti simili). La lotta non è ancora finita.
Articolo ripreso dalla rivista missionaria dei padri bianchi Africa.