Il 6 luglio scorso il Forum di Limena ha organizzato un convegno su “Futuro dell’Europa. Chiese e nazioni” (con relazioni di Gianenrico Rusconi e di Gianfranco Brunelli). Presentiamo qui l’intervento conclusivo dei lavori, in cui i promotori si propongono di delineare l’impegno futuro del Forum di Limena.
Fate qualcosa all’inizio prima che sia troppo tardi (Christine Shenk)
Attenetevi a un principio di piccolezza e a uno di comunicazione (Ghislain Lafont)
Questo intervento, nel quale si riassumono gli orientamenti emersi nel gruppo promotore, si propone di fare il punto dell’esperienza del Forum a 8 mesi dalla prima riunione e a 3 dalla sua presentazione pubblica, avvenuta il 6 di aprile. Le due citazioni iniziali che abbiamo voluto riportare in premessa sono state spesso presenti nelle nostre riflessioni.
La prima, propostaci da Christine Shenk al convegno del 6 aprile, riassume un motto – “Wehret den Anfängen” – ampiamente utilizzato nell’educazione dei giovani tedeschi del secondo dopo guerra. Il suo significato è fin troppo chiaro e riflette una delle esigenze che hanno dato vita alla nostra iniziativa. Il secondo è un messaggio pervenutoci da Ghislain Lafont, monaco benedettino di Francia, che molti di noi conoscono e stimano.
Esso serve a rammentarci i nostri limiti, invita a non essere velleitari e contemporaneamente suggerisce di curare particolarmente i processi di comunicazione, un’attenzione – lui dice – che rappresenta una declinazione della gentilezza. E tutti noi sappiamo quanto bisogno di gentilezza vi è oggi.
Perché Limena
Limena nasce da tre esigenze: La percezione che stia avvenendo “qualcosa di grosso” – una “fase straordinaria” abbiamo detto nel documento di Limena – e il bisogno di capire dove stiamo andando (riflettere/analizzare). L’esigenza di esprimere il disagio, di cristiani e cittadini, per alcuni orientamenti culturali e morali delle nuove élite (giudicare/valutare).
La costatazione che nelle nostre chiese manchino spazi in cui parlare di questi temi e che ciò non sia accettabile, considerata la radicalità delle trasformazioni in corso e i rischi che comportano (parlare/dire “le cose stanno così”). Queste esigenze rimangono intatte.
Come le relazioni ascoltate oggi hanno ulteriormente confermato le tendenze destabilizzanti procedono e vanno comprese nelle loro origini profonde, non solo economiche, ma culturali e antropologiche. Si tratta di capirne le ragioni più che limitarsi a individuare nemici, tendenza invece prevalente oggi.
La propaganda procede nel mietere successi culturali oltre che politici. Basterebbe ricordare la trasformazione dell’immagine pubblica delle Ong che operano nel Mediterraneo rispetto solo ad alcuni anni fa, quando il Paese sembrava scosso da un comune sentimento di compassione per l’affondamento di navi cariche di profughi: da organizzazioni di salvezza a organizzazioni criminali; da soggetti che cooperano a una rete di protezione della vita umana a attori che cooperano con una rete di trafficanti di carne umana.
La mancanza di riflessione nelle nostre chiese non è stata nemmeno scalfita. Né poteva essere diversamente, dato il tempo intercorso. Questo non è però senza effetto. Vediamo ogni giorno crescere la distanza tra ciò che il papa dice e ciò che accade di ascoltare nelle chiese, per la preoccupazione, anche comprensibile, di non disturbare il quieto vivere, per timore di possibili reazioni. Non solo si evita di dire, ma anche di suggerire: quante volte ci viene chiesto di pregare per i profughi durante le nostre messe? Difficile che possa andare diversamente se non si aprono in modo diffuso sedi in cui questi temi vengono seriamente affrontati, pur nella diversità delle idee.
Il forum di Limena nasce per provare a interrompere la fase del silenzio interno e sollecitare il confronto, per dire che non bisogna avere paura di parlare apertamente, che c’è una irresponsabilità nel non farlo, per creare occasioni e sedi in cui i problemi sollevati vengano discussi con franchezza e serietà.
Suo compito è condividere, stimolare e sostenere questo processo, aiutando a maturare idee fondate sul tempo che stiamo vivendo. Si tratta di una iniziativa di natura eminentemente ecclesiale (non solo cattolica), che opera prevalentemente all’interno, ma per dire che si deve guardare all’esterno; che, senza dimenticare la necessaria autonomia, cerca il nesso e non la separazione tra il civile e il religioso; che opera a livello culturale e religioso, ma per questa via si propone di ottenere anche effetti politici e non ha paura di dirlo.
Cosa è oggi Limena
Una iniziativa che opera a livello di Nord Est, non meramente locale. Un gruppo di persone (i promotori) che si ritrova periodicamente, riflette, dibatte, promuove, o tenta. Un testo che indica alcune discriminanti, ma anche un metodo: quello di non nascondere le differenze, ma di tentare la via di una discussione non ostile, condotta con pacatezza, orientata dalla ricerca della verità sulle cose e guidata dal confronto, esplicito o implicito, con il Vangelo, muovendo dalla fiducia/fede che ciò nella comunità cristiana sia possibile, se si prova, se ci si impegna. Sarebbe ben grave concludere che questa strada non sia percorribile.
Pensiamo che oggi sia esaurita la fase della divulgazione del documento. La stampa ne ha parlato, è presente in internet, è stato pubblicato, ecc. Il testo rimane come punto di riferimento: questo è quello che noi pensiamo e sulla base del quale ci orientiamo nella discussione.
Una rete di persone (più di 400) che hanno sottoscritto il documento e si sono impegnate a farlo conoscere, ma più ancora a fare in modo che i temi sollevati in esso vengano discussi negli ambienti in cui sono. Molte di queste persone sono a loro volta parte di altre reti. Il futuro del Forum dipenderà essenzialmente dalla loro disponibilità ad attivarsi in questo senso. Perché le strutture sono in difficoltà a prendere l’iniziativa (cf. più avanti).
Questo è il momento delle persone e delle responsabilità individuali. La sottoscrizione del documento rimane aperta, ma non perché ci proponiamo obiettivi numerici particolari; perché sottoscrivendo si dichiara l’interesse a restare in contatto e a venire informati, e in qualche modo disponibili a sostenere, si entra cioè nella rete.
Un sito, per ora un po’ artigianale, e in ogni caso utilizzato in modi che sono al di sotto delle potenzialità di questi strumenti; che dovrebbe però diventare il modo normale di comunicazione con la rete dei sottoscrittori, di sostenere la loro azione, di stimolarne la riflessione, per quanto orientabile dal forum.
Che cosa ci sembra di essere stati capaci di fare finora? Poco naturalmente, ma in sostanza questo: esprimere in forma compiuta i nostri punti di riferimento (il documento), riflettere con una certa serietà e profondità negli incontri del gruppo promotore, organizzare occasioni pubbliche di qualità come quella odierna. Siamo stati meno capaci di rimanere in contatto con la rete dei sottoscrittori e di far conoscere le idee che circolano tra i promotori. Sul principio di piccolezza ci siamo (consapevolezza dei nostri limiti), meno su quello di comunicazione.
Che cosa abbiamo imparato
Anche se sono passati solo tre mesi dalla presentazione pubblica del Forum ci sembra di avere imparato qualcosa da quanto è avvenuto o non avvenuto e dai contatti che abbiamo sviluppato. Tre aspetti intendiamo sottolineare.
Il primo è una maggiore consapevolezza del fatto che l’orizzonte nel quale ci siamo collocati è vasto e che le questioni di cui ci stiamo occupando sono di lungo periodo. Vanno ben al di là perciò delle contingenze elettorali. Il convegno di oggi è stata una ulteriore conferma anche in questo senso.
L’aleatorietà del voto può cambiare il quadro anche a breve, come la storia recente del nostro Paese dimostra: le fortune politiche si trasformano rapidamente in rovine, le élite possono avere breve durata, ma l’instabilità resta, soprattutto restano i problemi sociali e le carenze (o le regressioni) culturali che la spiegano.
La bibliografia internazionale sulla crisi della democrazia restituisce un quadro preoccupato. Dice che la matassa è ingarbugliata perché non si tratta solo di sconfiggere dei nemici, ma di ripensare la democrazia e le sue promesse mancate. Sostiene che nello scontro attuale i giochi non sono fatti, ma a leggerla si ha la sensazione che i rimedi proposti non siano di facile attuazione. Non tanto, o non solo, perché non si sa cosa fare in termini di policy, ma perché attuare ciò che pare necessario richiederebbe una disponibilità (un capitale) culturale/valoriale che pare non esserci e il sostegno di soggetti sociali meno spappolati di quelli che la storia ci ha consegnato.
Prova ne sia la questione fiscale: perfino la Banca mondiale e il Fondo Monetario Internazionale si stanno convincendo che una redistribuzione del reddito è necessaria nei nostri paesi, per riequilibrare gli effetti negativi della globalizzazione, ma di fatto a imporsi è la linea della flat tax che si propone effetti contrari (regressivi), mascherati dal falso messaggio, ripetuto fino alla noia, che essa comporta una riduzione delle tasse per tutti.
Le dinamiche identitarie – troppo sottovalutate finora – sembrano fuori controllo e dominanti rispetto alle stesse convenienze economiche e alle necessità di non pregiudicare il proprio futuro. La complessità della situazione globale (economia, ambiente, ingiustizie sociali, migrazioni, rapporti tra gli stati) richiederebbe un surplus di razionalità, ma questa sembra essere insufficiente e succube di forze più elementari e aggressive (rabbiose). I concetti di evidenza e competenza vengono perciò rifiutati e si fatica a trovare dei punti di riferimento comuni.
In secondo luogo, abbiamo riscontrato che esiste una domanda qualificata interessata a riflettere con il Forum, che ha delle aspettative, che richiede indicazioni, che denota una disponibilità ad attivarsi, ma che forse non sa bene cosa fare. Anche perché trova degli inciampi. Uno in particolare che riguarda una questione di fondo, preliminare, e può essere espressa in forma di domande che ci sentiamo porre: “Ma in quanto comunità cristiane dobbiamo proprio occuparci di questi temi? Forse avete ragione; sì forse i problemi esistono. Ma non è rischioso farli emergere? Non torneremo indietro?”
Stiamo incontrando un quadro ecclesiale da troppo tempo disabituato a parlare di questi temi e perciò constatiamo una certa difficoltà a smuovere energie sopite. Forse pensavamo fosse più facile. Ciò avviene per ragioni anche comprensibili.
Finita con Ruini l’epoca dell’interventismo ecclesiastico si è tirato un sospiro di sollievo: “Basta con la politica in chiesa”, come del resto basta con la religione e l’economia, la religione e il consumo, la religione e il lavoro, la religione e gli stili di vita, ecc. Così ragionando però ci si è incamminati, senza avvertirne le implicazioni, sulla strada dell’irrilevanza della fede religiosa, nella forma di una spiritualizzazione disincarnata dalla storia. E ciò da molti è stato inteso in forme troppo radicali.
Dovremmo stare attenti, perché se la fede religiosa non c’entra nulla con tutto questo allora non c’entra nulla con la vita e non serve a nulla, come molti giovani hanno già capito salutandoci e andandosene da altre parti. Cosa pensa davvero il cardinale Brandműller quando, commentando il documento preparatorio al Sinodo dell’Amazzonia, arriva a chiedersi: “Cosa hanno a che fare l’ecologia, l’economia e la politica con il mandato e la missione della Chiesa?” Non si rende conto che quando dice così esprime l’assenza della secolarizzazione, quella stessa contro cui da altri punti di vista si schiera?
La proposta del Forum va in senso inverso e incontra perciò una difficoltà a riaprire questi ambiti di discussione. Anche qui da noi sembra essere più ragionevole e accoglibile lo slogan dell’AfD (Alternative für Deutschland, il partito tedesco di estrema destra) che in aperta polemica con la Chiesa cattolica e con quella evangelica dice: “La chiesa deve rimanere chiesa”, cioè non occuparsi di niente che riguardi davvero la vita, e quindi di niente che possa disturbare il manovratore. È questo il senso comune divenuto implicitamente prevalente. Il comportamento di voto dei cattolici alle Europee – l’elevato grado di astensionismo – lo conferma. Una volta che l’apolitica, l’inpolitica e l’antipolitica si sono diffuse non è facile tornare indietro.
Dovremo argomentare meglio le ragioni per cui occorre invece farlo. Su questo tema è già fissato un incontro di riflessione che si terrà il 28 di settembre al Monastero di Marango.
Infine, la terza cosa che abbiamo capito è che, per le ragioni appena dette, probabilmente non ci si può attendere molto dall’istituzione in quanto tale. La risposta prevalente all’iniziativa di Limena, se si esclude qualche disponibilità riscontrata in alcune diocesi, è stata per ora il silenzio.
Per molte ragioni: perché non si sa cosa rispondere, perché al di là dei discorsi sulla sinodalità si tende a vivere con preoccupazione le iniziative dal basso non preventivamente controllabili, perché le si immagina in competizione e non a sostegno, perché – anche quando non si è su lunghezze d’onda chiaramente contrapposte allo spirito di Limena – non si sa bene come gestire una apertura di discussione. La palla ritorna perciò a noi.
Cosa possiamo sperare di fare
Il Forum di Limena intende continuare a presiedere le sue due funzioni fondamentali. La prima consiste nel suscitare dibattito, finalizzato alla comprensione e al discernimento: un cristiano e cittadino responsabile come si deve porre? Tutto è accettabile? Cosa non lo è? Un dibattito da condurre con mitezza, accettando forse anche il fatto che a breve questo sia più il tempo della semina che della raccolta.
La seconda consiste nell’esercitare un compito di osservazione e vigilanza, costituendosi come un momento di riflessione passo-passo su quello che sta accadendo, le sue origini, i suoi rimedi, i rischi, le possibilità. Sono compiti che il Forum intende sviluppare senza nessun spirito di contrapposizione o di concorrenza con quanto le pastorali diocesane promuovono. Noi pensiamo di poter essere di aiuto, non di ostacolo.
Il forum intende perciò proseguire le sue attività attraverso quanto segue: incontri periodici (bimestrali/trimestrali) del gruppo promotore che ci proponiamo di divulgare meglio di quanto fatto finora; alcuni forum pubblici, un paio di esercizi pratici della razionalità e della passione civile, da sviluppare nel prossimo anno, su temi di particolare rilievo. Da dislocare in giro per il Nord Est, non solo a Limena. Stimolare e sostenere l’iniziativa di gruppi locali (occasioni/circoli/gruppi di riflessione) che, fuori o dentro gli ambienti organizzati, vogliono ragionare sul tempo presente, che hanno bisogno di confrontarsi. Si cercherà di farlo proponendo temi, suggerendo materiali, indicando metodi; per supportare iniziative locali che intendono aprire la riflessione nelle comunità cristiane o in loro spezzoni, dovremo probabilmente suggerire un metodo.
Le difficoltà incontrate non dipendono infatti solo da resistenze pregiudiziali, ma anche dal fatto che non si sa che forma dare a iniziative di questo genere. Come parlare dei temi che interessano? Come parlarne in presenza di posizioni anche fortemente contrarie, forse anche poco disponibili al dialogo?
Abbiamo una traccia, da sviluppare: far emergere le diversità, capirne le ragioni, verificare se possono entrare in relazione e convivere in modo intelligente. Dovremo probabilmente sviluppare una logica di tipo induttivo, a partire da domande e non da posizioni precostituite, analogamente al modo in cui abbiamo iniziato nel mese di ottobre. Vedremo.
Le parrocchie, le associazioni, i movimenti non vedono però solamente la presenza diposizioni già definite. Molti sono confusi. Gli ambienti di chiesa sono pieni di persone semplici che reagiscono al clima prevalente, che magari da un lato operano in Caritas, si occupano dei profughi, e dall’altro esprimono adesioni politiche incongruenti, senza rendersi bene conto della contraddizione o che, nel dubbio, si astengono e non hanno argomenti per definire una propria posizione, restano in attesa.
A queste persone dovremo prestare una particolare attenzione. Sono quelle che hanno più bisogno di stimoli, di aiuti a riflettere sulle proprie scelte, sempre con pacatezza. Noi dovremmo avere passione per questo genere di persone, pensare a qualcosa di specifico per loro, linguaggi che possano comprendere. Qui forse c’è spazio per promuovere una maturazione delle coscienze.
Una delle idee su cui stiamo ragionando è quella di individuare alcuni focus tematici (cui associare un responsabile) da proporre nel sito utilizzando il metodo che ci siamo dati. Proponendo cioè materiali che riflettano posizioni diverse, anche distanti dalle nostre, peraltro chiarite dal documento di Limena, su temi che meritano di essere discussi e su cui stimolare interventi. Vedremo se le risorse di cui disponiamo ci permetteranno di farlo e con quale ampiezza.
Perché alla fine il principio di piccolezza cui ci ha richiamati Lafont suggerisce di non essere velleitari e di restare consapevoli dei propri limiti. Non possiamo fare molto altro che fidarci delle energie spirituali di chi ha condiviso questo percorso e intende condividerlo ancora.