Messo on line la settimana scorsa su internet, un video mostra otto giovani di Hong Kong mentre partecipano a un esercizio di tiro con pistola ad aria compressa e sollevano una bandiera americana sul tetto di un liceo diocesano, il Yu Chun Keung Memorial College. Non ci voleva altro perché il quotidiano cinese Ta Kung Pao (L’Imparziale), diretto dal partito comunista cinese (PCC), accusasse questo istituto cattolico di organizzare degli «allenamenti alla violenza» e gli rimproverasse di essere diventato «un centro di formazione per le folle».
Il Yu Chun Keung Memorial College ha però pubblicato una dichiarazione domenica 11 agosto per precisare che quel video, registrato il 5 agosto, mostrava semplicemente le attività del suo club di tiro e non era assolutamente rappresentativo delle opinioni della scuola a proposito della contestazione generale che scuote, dal 31 marzo scorso, l’ex colonia britannica, ritornata alla Cina nel 1997. Proteste che, all’origine, erano contro il progetto di legge del governo mirante a facilitare le estradizioni verso la Cina continentale.
Questa dichiarazione non ha però impedito allo stesso Ta Kung Pao – che è il più antico giornale di lingua cinese a Hong Kong –, di fare collegamenti tra il video e il fatto che la parrocchia Mother of Good Counsel, durante gli scontri nella notte del 3 agosto tra poliziotti e manifestanti, aveva aperto le sue porte a questi ultimi perché potessero rifugiarvisi all’interno. «La chiesa accoglie la folla vestita di nero [allusione agli abiti dei militanti pro-democrazia] e i vicini temono che essa collabori con i manifestanti», scriveva il Ta Kung Pao. Citando alcuni abitanti del quartiere, il quotidiano cinese affermava anche che la stessa parrocchia cattolica «è diventata una base per coloro che sono contro la Cina».
Digiunare e pregare per sostenere il movimento
Non è la prima volta che i media cinesi accusano la Chiesa cattolica di impegnarsi dalla parte dei manifestanti.
È vero che fin dall’inizio delle proteste a Hong Kong diverse parrocchie sono molto coinvolte: dei preti hanno invitato a digiunare e a pregare per sostenere il movimento; alcuni studenti leader hanno rivendicato la loro fede cristiana… Si sono perfino visti dei cartelli con il messaggio: «Basta con i pestaggi, se no cantiamo “Alleluia al Signore”». Una minaccia ironica destinata ai poliziotti, che fa riferimento al canto divenuto grido di raccolta dei manifestanti.
Ricordiamo che a Hong Kong la pratica religiosa è libera, a differenza del resto della Cina continentale.
La religione è una «copertura» per «sviare» gli studenti
Un altro giornale diretto dal PCC a Hong Kong, Wen Wei Po, aveva già affermato il 7 agosto che avere una cappella in una scuola elementare cattolica permetteva ai manifestanti di «usare la religione come copertura per sviare gli studenti».
Lunedì 12 agosto un volontario della parrocchia dichiarava a Wen Wei Po che, dopo la pubblicazione del loro articolo critico, era stata presa la decisione di chiudere tutte le porte della chiesa dopo la messa. «La chiesa sarà aperta solo ai parrocchiani che hanno un appuntamento e con l’approvazione del servizio di sicurezza», ha dichiarato il volontario.
Nello stesso articolo, il Wen Wei Po se la prende anche con il centro cattolico e con la libreria diocesana per aver inserito su Facebook, il 2 agosto, un cartone animato sul quale si vede Gesù abbracciare due giovani che hanno casco e vestiti neri, dicendo loro: «Figlioli, già stanchi? Venite alla mia porta!». Il fatto viene interpretato come un «segno di connivenza» dei cattolici «con i manifestanti violenti».
Secondo un membro del personale diocesano, interrogato da Ucanews, «nella situazione attuale a Hong Kong gli attacchi dei media non sono una sorpresa». Negando che la diocesi abbia preso posizione per i manifestanti, egli ha precisato all’agenzia: «Il messaggio del cartone animato è molto tenero. Mostra semplicemente che Gesù offre un riparo e un aiuto a coloro che ne hanno bisogno».
Pubblicato sul sito del quotidiano La Croix il 13 agosto 2019.
Traduzione a cura del sito «Fine Settimana».