Si aggrava la posizione dell’islamologo Tarik Ramadan.
È stato accusato di violenza sessuale da tre donne francesi nel novembre del 2017. Incarcerato nel febbraio 2018 è stato rimesso in libertà nel novembre del 2018 per seri problemi di salute (sclerosi a placche), con l’obbligo di non uscire dal territorio francese (cf. Settimananews: Tarik Ramadan, il caso e gli interrogativi). Il 26 agosto 2019 ha ricevuto una quarta accusa di stupro da parte di una giornalista che avrebbe violentato nel 2014. Nel frattempo il tribunale avrebbe vagliato una decina di altre donne, senza trovare elementi decisivi di conferma. Un’ulteriore denuncia è al vaglio della magistratura elvetica.
Le circostanziate denunce hanno visto Ramadan passare da una energica negazione di ogni addebito all’ammissione di rapporti sessuali, ma consenzienti. La battaglia processuale è per gran parte legata alla credibilità o meno delle denuncianti e alla grande quantità di messaggi (sms) scambiati fra gli interessati, in cui il gesto violento si intreccia con complicati elementi psicologici.
Conferenziere brillante
Il fatto ha avuto una enorme risonanza in Francia e nell’islam europeo. Molto meno in Italia, anche se una raccolta di fondi per la sua difesa ha raggiunto diverse decine di migliaia di euro.
Figura poliedrica, Tarik Ramadan, nasce in Svizzera nel 1962, nipote di Hasan al-Banna, fondatore dei Fratelli musulmani. Formato a Ginevra, al-Azhar (Il Cairo) e Friburgo, ha insegnato a Oxford, in Qatar, Marocco e Giappone. Respinto e poi accolto negli USA, è stato consulente del governo Blair e di varie commissioni dell’Unione Europea. Ha partecipato anche al convegno fra cattolici e islamici in Vaticano nel 2008.
Conferenziere affascinante e abile dialettico è «attualmente il pensatore musulmano europeo più influente e originale… impegnato nel far dialogare il pensiero islamico con la filosofia occidentale, ma soprattutto nel trovare un modo europeo di essere musulmani e un modo islamico di essere europei, riuscendo a rendere popolare un dibattito oggi fondamentale» (Davide Piccardo, ex presidente del Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano).
Tifoserie contrapposte
Il suo caso giudiziario ha visto il contrasto agguerrito tra schieramenti opposti. Un gruppo di accademici internazionali (dal linguista Noam Chomsky all’islamologo John Esposito) ha contestato alla magistratura francese l’evidenza di una inchiesta chiaramente politica e pregiudiziale. Lo scrittore italiano Guido Rampoldi ne certifica l’estraneità al fondamentalismo e la capacità di maneggiare le categorie del pensiero laico molto meglio dei suoi oppositori. Prima difeso da molti ambienti dell’islam europeo è stato poi accusato di doppiezza da parte di chi lo considera un occidentale libertino travestito da pio musulmano.
La sua posizione religiosa-culturale potrebbe essere definita da una «neo-egemonia musulmana», fra due opposti: la tradizione teologico-giuridica, da un lato, e, dall’altro, l’apertura alla dimensione storico-critica. La prima, largamente maggioritaria, suggerisce alle minoranze islamiche europee e occidentali di perseguire l’applicazione di quel tanto di legge islamica coerente con l’impianto giuridico del continente, una sorta di sharia di minoranza. La seconda, affidata da sapienti e ricercatori spesso perseguitati in patria e malvisti dagli immigrati musulmani, ritiene di dover approcciare i testi fondativi con gli strumenti filologici e storici, per distinguere ciò che è al cuore della religione e ciò che è periferico.
Ramadan persegue una via diversa: riconoscere al contesto storico-civile di appartenenza una parola decisiva in ordine all’interpretazione del Corano e delle fonti normative. Politica, cultura, tecnologia, scienza ecc. entrano a definire un islam che non si connota solo in senso duale fra chi è dentro la Umma (i territori islamici) e chi ne è fuori, ma che vive “testimoniando” la fede nel proprio contesto. I testi non sono l’unica fonte del diritto e la riforma non è adattamento ma trasformazione, non è modernizzazione dell’islam ma islamizzazione del moderno e del post-moderno. Un’impresa, che, a parere degli oppositori, non ha la necessaria robustezza teorica e che si espone al doppio linguaggio: garantire l’islam tradizionale in tutto il suo impianto e rincorrere elementi occasionali di modernizzazione.
Difficile prevedere quanto potrà pesare sul consenso alle sue posizioni teologico-culturali la vicenda giuridica che lo ha travolto e che ne ha eroso la credibilità. Con ricadute evidenti sugli orientamenti delle comunità musulmane in Europa.