Birmingham 15/9/1963: 16th Street Church Bombing

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Domenica 15 settembre 1963 una bomba esplode davanti alla 16th Street Baptist Church di Birmingham (Alabama), prima dell’inizio delle celebrazioni domenicali. Quattro giovani ragazze afro-americane rimangono uccise nell’attentato: Addie Mae Collins, Cynthia Wesley, Carole Robertson e Denise McNair. Il 18 settembre si svolge il funerale di tre delle vittime; riportiamo in nostra traduzione dall’inglese l’orazione funebre tenuta allora da Martin Luther King. A questo testo di M. L. King segue, in nostra traduzione dall’inglese, il discorso tenuto il giorno dopo l’attentato dal giovane avvocato Charles Morgan Jr. nei locali del Birmingham Young Men’s Business Club, il cuore pulsante dell’élite bianca della città: un discorso sulla razza e il pregiudizio che spostò l’arco dell’universo morale un po’ più verso la giustizia. Dopo alcuni mesi Morgan e la sua famiglia furono costretti a lasciare Birmingham.

Questo pomeriggio ci riuniamo nella quiete di questo santuario per offrire il nostro ultimo tributo di rispetto a queste splendide figlie di Dio. Hanno iniziato a muovere i loro passi nella storia solo pochi anni fa, e nei pochi anni in cui hanno potuto recitare sulla scena della finitudine umana esse hanno interpretato la loro parte estremamente bene. Ora si chiude il sipario; si muovono verso l’uscita; il dramma della loro esistenza terrena giunge al termine. Ora esse sono riconsegnate all’eternità da cui sono venute.

16th Street Church Bombing

Queste ragazze – rispettose, innocenti e belle – sono state le vittime di uno dei più viziosi e tragici crimini mai commessi contro l’umanità.

Eppure esse sono morte nobilmente. Eroine martiri di una santa crociata per la libertà e la dignità umana. E così oggi pomeriggio esse hanno, in senso vero e proprio, qualcosa da dire a ciascuno di noi nella loro morte. Esse hanno qualcosa da dire a ogni ministro del Vangelo che è rimasto in silenzio dietro la sicurezza di vetrate colorate. Esse hanno qualcosa da dire a ogni politico che ha nutrito i suoi elettori con il pane raffermo dell’odio e la carne avariata del razzismo.

Esse hanno qualcosa da dire al governo federale che si è compromesso scendendo a patti con le pratiche non democratiche dei «Dixiecrats» del sud, e con la sfacciata ipocrisia dell’ala destra dei repubblicani del nord. Esse hanno qualcosa da dire a ogni negro che ha passivamente accettato il sistema maligno della segregazione, e che si è tenuto ai margini dell’imponente lotta per la giustizia.

Esse dicono a ciascuno di noi, neri e bianchi, che dobbiamo fare in modo che il coraggio prenda il posto della precauzione. Esse ci dicono che non dobbiamo preoccuparci solo di chi le ha assassinate, ma di tutto il sistema, del modo di vivere, della filosofia che ha prodotto gli assassini. La loro morte ci dice che dobbiamo lavorare con passione e senza sosta per la realizzazione del sogno americano.

E così, cari amici, esse non sono morte invano. Dio trova il modo di tirare fuori il bene dal male. E la storia ha mostrato sempre di nuovo che la sofferenza ingiusta è redentiva. Il sangue innocente di queste giovani ragazze possa servire quale forza redentiva che getta una nuova luce su questa città oscura.

Le sacre Scritture dicono: «un piccolo fanciullo li guiderà» (Is 11,6). La morte di queste fanciulle possa condurre tutto il nostro Sud dalla bassezza dell’inumanità dell’uomo alle altezze della pace e della fraternità. Queste morti tragiche possano condurre la nostra nazione a sostituire un’aristocrazia di colore con un’aristocrazia del carattere.

Il sangue versato da queste ragazze innocenti possa portare tutta la cittadinanza di Birmingham a trasformare gli estremi negativi di un passato oscuro negli estremi positivi di un futuro luminoso. Che questo tragico evento possa portare il Sud bianco a una resa dei conti con la sua coscienza.

16th Street Church Bombing

Così sono qui in questo pomeriggio per dire a tutti coloro qui riuniti che nonostante l’oscurità di questa ora noi non dobbiamo disperare. Non dobbiamo coltivare rabbia e rancore, né dobbiamo coltivare sentimenti di vendetta violenta. No, non dobbiamo perdere la fede nei nostri fratelli bianchi. In un qualche modo dobbiamo credere che i più depravati tra di loro possono imparare a rispettare la dignità e il valore di tutta la personalità umana.

Posso ora dire una parola a voi, a voi membri delle famiglie colpite dal lutto? È quasi impossibile dire qualcosa che possa consolarvi in questa difficile ora e soffiare via le nuvole di sconforto che aleggiano nei cieli delle vostre menti.

La morte arriva per ciascuno di noi. Vi è una sorprendente democrazia della morte. Non è qualcosa di aristocratico solo per alcune persone, ma di democratico per tutti. Muoiono i re e i mendicanti; muoiono i ricchi come i poveri; muoiono i vecchi e i giovani. La morte arriva per gli innocenti come per i colpevoli. La morte è l’irriducibile denominatore comune di tutti gli esseri umani.

Spero che possiate trovare consolazione nell’affermazione ultima che la morte non è la fine. La morte non è il punto che termina la grande frase della vita, ma la virgola che ne accentua un significato più grande. La morte non è il vicolo cieco che conduce la razza umana nel nulla, ma apre la porta che introduce l’uomo nella vita eterna.

Lasciate che questa fede ardita, questa grande invincibile fiducia, sia la forza che vi sostiene durante questi giorni di prova.

Giunti al termine, vorrei dirvi che la vita è dura, talvolta dura come acciaio cromato. La vita ha momenti tetri e difficili. Come l’acqua dei fiumi che scorre incessante, la vita ha le sue secche e le sue inondazioni. Come il ciclo cangiante delle stagioni, ha il calore rassicurante delle sue estati e il freddo pungente dei suoi inverni.

Chi resterà saldo scoprirà che Dio cammina con lui, e che Dio è in grado di sollevarti dal peso della disperazione e porti nella forza della speranza, e trasformare valli oscure e desolate in sentieri di pace interiore riscaldati dai raggi del sole.

E così oggi voi non camminate da soli. Voi avete donato al mondo queste splendide ragazze. Non hanno avuto una lunga vita, ma hanno vissuto una vita piena. Le loro vite sono state piccole in quantità, ma luminosamente grandi in qualità. E nulla può rendere onore più grande a voi genitori e a loro come fanciulle, che il luogo stesso in cui sono morte e quello che stavano facendo quando sono morte.

Non sono morte nelle bettole o nelle sentine di Birmingham. Non sono morte ascoltando o dicendo battute oscene. Esse sono morte tra le sacre mura della chiesa di Dio, mentre discutevano sul significato eterno dell’amore. Qualcosa di incommensurabilmente bello per tutte le generazioni.

Shakespeare fa dire a Orazio splendide parole quando sta davanti al corpo morto di Amleto. E oggi, davanti resti mortali di queste splendide ragazze, vorrei parafrasare Shakespeare: buona notte dolce principesse. Buona notte a voi che simbolizzate il nuovo giorno che viene. E possa la schiera degli angeli condurvi alla pace eterna.

Dio vi benedica.


Quattro giovani ragazze sono state uccise ieri a Birmingham. E una comunità impazzita e piena di rimorso si chiede: «Chi è stato? Chi ha lanciato la bomba? È stato un negro o un bianco?». La risposta dovrebbe essere: «Siamo stati tutti noi». Ognuno di noi è condannato per questo crimine, per la bomba lanciata ieri e una decade fa. Siamo stati tutti noi.

16th Church Bombing

Poco dopo un poliziotto bianco ha ucciso un negro e ne ha ferito un altro. Alcune ore più tardi due giovani su una moto hanno sparato a un ragazzo negro uccidendolo. Scoppia l’incendio e a Montgomery giovani bianchi assaltano i negri.

E lungo tutta l’Alabama gente arrabbiata e colpevole lancia beffardamente le sue grida di indignazione chiedendo «perché?», «chi?». Tutti, dopo, «condannano» l’«ignobile» fatto.

Ma voi conoscete il «chi» di «chi l’ha fatto», è molto semplice. Il «chi» è ogni piccola singola persona che parla dei «negri» e dissemina il suo odio tra i vicini e lo inocula nei suoi figli. È il burlone le cui battute razziali galvanizzano le feste scatenando mille risate.

Il «chi» è ogni governatore che deplora l’illegalità divenendo egli stesso violatore della legge.

Il «chi» è ogni senatore e ogni parlamentare che nei corridoi del Congresso dice al mondo, con finta umiltà, che le cose nei loro distretti non stanno realmente come sono.

Il «chi» sono le corti di giustizia che si muovono con la lentezza di una lumaca, e i giornali che con timore difendono la legge.

Il «chi» sono tutti i cristiani e tutti i ministri delle loro Chiese che hanno preso troppo tardi la parola con grida angosciate contro la violenza. Il «chi» è il codardo in ciascuno di noi che chioccia rimproveri.

16th Church Bombing

Veniamo da dieci anni di predicozzi senza legge, dieci anni di critica della legge, delle corti, dei nostri concittadini, una decade in cui abbiamo detto ai nostri bambini nelle scuole l’opposto di quello che dicono i libri di educazione civica.

Siamo un ammasso confuso di intolleranza e settarismo, messa sotto giudizio davanti ai nostri giovani. Siamo maledetti dall’incapacità di ciascuno di noi di assumersi la propria responsabilità, difendendo un’istituzione che è già morta.

Ieri mentre Birmingham, che si fa vanto delle sue numerose chiese, stava partecipando ai servizi liturgici è esplosa una bomba – e forze di polizia completamente bianche si sono messe all’opera, un corpo di polizia che è stato elogiato dai rappresentanti della città e da altre persone almeno una volta al giorno da un mese a questa parte. Un corpo di polizia che non ha risolto nessun caso di lanci di bombe. Forze di polizia che molti negri sentono essere i perpetratori del male stesso che denunciamo…

Birmingham è l’unica città in America in cui il capo della polizia e lo sceriffo, in occasione della crisi nelle scuole, hanno dovuto chiamare i ministri locali per dirgli di fare il loro dovere. I ministri di Birmingham, che hanno fatto così poco per il cristianesimo e i cristiani della città, chiamano alla preghiera in una città che non rispetta la legge e, nel medesimo tempo, parlano della «immagine» della nostra città.

Queste quattro giovani ragazze negre erano esseri umani. Avevano 14 anni in una città senza guida, abbandonata a se stessa. Una città dove nessuno si assume responsabilità. Una città dove tutti vogliono riversare la colpa su qualcun altro. Una città con un fondo di ricompensazione cresciuto all’inverso come una sorta di offerta sacrificale, un balsamo per le coscienze della «brava gente».

Birmingham è una città in cui quattro ragazzine negre possono nascere in un sistema scolastico di seconda classe, vivere una vita di segregazione, ghettizzate nel loro piccolo quartiere, ristrette nelle Chiese negre, costrette a essere trasportate su ambulanze per negri, obbligate a stare in sale di attesa per negri negli ospedali, ed essere sepolte in cimiteri per negri.

I giornali locali lanciano appelli per il mantenimento dell’ordine e poi omettono i loro nomi dagli obituari.

E chi è realmente colpevole? Ciascuno di noi. Ogni cittadino che non ha coscienziosamente tentato di ottemperare pacificamente alle decisioni della Corte Suprema degli Stati Uniti; ogni cittadino e ogni consigliere scolastico e ogni insegnante e ogni direttore e ogni uomo di affari e ogni giudice e avvocato che hanno corrotto le menti dei nostri giovani; ogni persona di questa comunità che ha, in qualsiasi modo, contribuito nei corso degli anni passati a far crescere la popolarità dell’odio. Costoro sono come minimo tanto colpevoli quanto il pazzo idiota che ha lanciato quella bomba.

Cosa vuol dire vivere a Birmingham? Nessuno lo ha mai davvero saputo, e nessuno lo saprà finché questa città non diverrà parte degli Stati Uniti.

Birmingham non è una città morente, Birmingham è morta.

Charles Morgan Jr.

 

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