Sudan: le ombre del nuovo Consiglio Sovrano

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Il leader del Consiglio sovrano del Sudan (organo di governo ufficializzato lo scorso 26 agosto 2019, cf. qui), Abdel Fattah al-Burhan, ha detto all’emittente Al Jazeera che le forze sudanesi in Yemen sarebbero state ritirate quando necessario, aggiungendo che le discussioni sulla formazione di una forza multinazionale sono ancora in corso con altri Paesi.

Al-Burhan ha affermato in un’intervista ad Al Jazeera che le forze sudanesi nello Yemen non stanno combattendo contro nessuna fazione, ma effettuando solo operazioni difensive. Dichiarazioni che si inseriscono in una delle più intricate questioni internazionali, che coinvolgono tutte le grandi potenze arabe e della regione.

Il Consiglio Sovrano del Sudan è l’organo nato dall’accordo tra i dimostranti che hanno costretto alle dimissioni il presidente Omar al-Bashir riuniti nell’Alleanza per la democrazia e la libertà, e i militari. Questi ultimi, secondo gli accordi, ne hanno la guida per i primi diciotto mesi.

Dimostranti e società civile hanno chiesto a più riprese il ritiro delle truppe sudanesi dallo Yemen. Oggi, con le parole di al-Bhuran, arriva la risposta del leader militare del Consiglio: «Lo faremo solo quando necessario». Una risposta che dimostra quanto siano considerate le volontà della società civile e, di conseguenza, quanto fragile sia l’accordo tra quest’ultima e i militari.

Il leader del Consiglio Sovrano del Sudan ha poi rivelato che il raggruppamento regionale che dovrebbe formare una forza multinazionale è solo una proposta, che è stata discussa nei negoziati condotti dal presidente dell’Eritrea Isaias Afwerki con funzionari del governo sudanese durante la sua prima visita ufficiale dopo la formazione del governo di transizione. Al-Burhan ha aggiunto che l’incontro, che includerà l’Eritrea, l’Etiopia, l’Egitto, il Ciad e i Paesi che si affacciano sul Mar Rosso, si formalizzerà solo dopo l’approvazione dei leader di questi Paesi.

Il generale Mohamed Hamdan Dagalo (Hemedti), vice apo del Consiglio militare di transizione sudanese, ha dichiarato il mese scorso che il suo Paese ha circa 30mila soldati che partecipano alla guerra in Yemen, la maggior parte dei quali provengono dalle Forze di supporto rapido, comandate da lui stesso e precedentemente utilizzate dal governo sudanese nel conflitto in Darfur, per il quale l’ex dittatore Bashir era accusato di crimini di guerra e genocidio.

Tutto ciò dimostra che le posizioni e le aspettative delle due parti che compongono il Consiglio Sovrano, cioè l’organo che dovrebbe portare il Sudan a elezioni e a un governo civile, sono lontanissime.

In questo caso bisogna poi tenere conto che la questione della guerra nello Yemen rientra in uno scontro arabo-regionale nel quale il fronte riunito intorno all’Arabia Saudita è contrapposto a quello che sta intorno all’Iran e al Qatar. Il Sudan combatte con l’Arabia Saudita, che non tollera defezioni, soprattutto quella del Sudan, al quale ha elargito poche settimane fa un “aiuto” di ben tre miliardi di dollari, naturalmente consegnati nelle mani dei militari.

Rivista Africa, 18 settembre 2019. 

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