Al termine della recita del Rosario, il Don della mia adolescenza e giovinezza, baciava la corona di cui si era servito per pregare, e la riponeva velocemente. Era un gesto ormai diventato abitudine. Dall’immediatezza del gesto, era possibile desumere che si trattava di un automatismo del tutto comprensibile nella giornata di una persona che pregava, e aveva ogni giorno lo spazio per il Rosario.
Il gesto del bacio, significa l’importanza che quell’oggetto concreto che è la corona del Rosario ha per chi si aiuta con essa per pregare. La corona come un compagno di strada, un manufatto cui ci lega una sorta di consuetudine amica.
L’utilizzo della corona del Rosario in ambito politico è un fatto nuovo nel panorama italiano. Come è noto, i Padri Costituenti deliberatamente evitarono di fare riferimento a richiami religiosi, ben consapevoli che vi sono solide ragioni per prevedere una collaborazione civile a partire dalla dignità della persona e dalla ricerca del bene comune di una società. E riconoscendo che vi possono essere differenti ispirazioni ideali alle scelte di servizio alla società.
La loro opzione non toglieva nulla all’impegno dei credenti perché tenessero viva la loro scelta di fede e la rendessero sempre più ispiratrice di quell’amore al prossimo che ci chiede di interessarci degli altri non solo con gesti personali, ma anche con strumenti legislativi, rivolti al bene di tutti. Basterebbe solo pensare che qualità di credenti era presenti al momento Costituente; ricordiamo due nomi: Giuseppe Dossetti e il venerabile La Pira.
Correttamente, dunque, a proposito di simboli religiosi esibiti come punti di riferimento di una parte politica, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha affermato: «Chi ha compito di responsabilità dovrebbe evitare di accostare agli slogan politici i simboli religiosi. Sono episodi di incoscienza religiosa, che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e, nello stesso tempo, di oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello stato moderno».
Unione con Dio
L’occasione di queste smarginature del dibattito politico italiano è propizia per riflettere su che cosa sia la devozione, in rapporto alla fede e alla vita del cristiano.
Nella teologia cattolica, la devozione è la scelta di sottomissione totale a Dio. San Tommaso la pone tra gli atti interiori della virtù di religione, ravvisandone la prima qualità nel distacco dalle scelte egoistiche. Sottomettendosi a Dio, la volontà non ricerca le consolazioni interiori, neppure quelle concrete che, a volte, accompagnano anche la devozione stessa, come la richiesta di un aiuto, di una “grazia” come si dice. Il porre una persona santa come punto di riferimento della propria preghiera, del pellegrinaggio, di gesti di aiuto al prossimo, ha di mira solo e semplicemente l’effettiva unione con Dio mediante la carità.
La devozione si fonda sopra una fede cosciente e vissuta. Essa, nella sua verità, sostiene l’intelligenza ad affidarsi alle Parole rivelate. Per parte sua, la devozione muove sentimenti, fantasia, affetti, gesti esteriori, per esprimere la propria adesione a ciò che l’intelligenza della fede ci propone.
Per esprimere la devozione, la volontà ricorre a vari mezzi: la contemplazione, la preghiera, la partecipazione ai sacramenti, il pellegrinaggio. La devozione, nella sua verità di compagna della fede, è una festa della nostra corporeità. Il gesto di affetto, il ritorno all’incontro con una ikona o con un luogo in cui il Divino si è manifestato, diventano occasione di interiore consolazione.
Possiamo pensare alla devozione come il sentiero che porta dall’affetto al sentimento e dal sentimento al cuore. Come sappiamo, nella tradizione scritturistica, il cuore è il centro della persona, là dove l’intelletto ha il suo sentimento, e dove il sentimento intende, comprende.
Se poi il gesto di devozione è condiviso nel pellegrinaggio, nella celebrazione comune, vi è anche la ricchezza di sentirsi accompagnato da sorelle e fratelli che condividono l’amore operoso con cui la devozione si esprime.
Il tema del voto è più comunemente vissuto in rapporto con Maria di Nazareth. Nella sua forma più limpida il voto è un’offerta di se stessi a Maria. Diversi ordini monastici e diverse congregazioni religiose hanno fatto emergere, nella lunga storia della spiritualità, come propria caratteristica, il gesto di legarsi a Maria con una scelta di dedizione. Si tratta di un orientamento spirituale. Nella sua versione popolare, come molti di noi lo hanno conosciuto e/o vissuto, è la scelta di guardare a Maria, decidendo che ella è esempio e maestra di preghiera e di vita.
Nel suo significato più profondo, si tratta di una ripresa della consacrazione battesimale; la figura più significativa in questo ambito, è Luigi Maria Grignion di Montfort. Egli parla di questo argomento nel Trattato della vera devozione alla Santa Vergine. Svolge il tema in maniera da dedicare la Parte terza del suo trattato a questo tema: “La perfetta consacrazione a Gesù Cristo”. Tutta la sua opera non lascia adito a dubbi: per il Grignion, la consacrazione è quella a Gesù Cristo ed resa possibile dalla Chiesa.
La devozione è dunque un orientamento spirituale che aiuta a uscire da se stessi, dalle proprie esigenze e dalle proprie egoistiche tensioni. Lo sviluppo pieno della devozione è l’unione a Cristo. Correttamente inteso e vissuto, il legame viene stabilito con Maria, un santo, un luogo in cui il Divino si è fatto presente; è possibile superare il soggettivismo e il sentimentalismo quando la devozione educa ad un orientamento alla Gloria di Dio, che è la forza irradiante dell’Amore.
Il legame con Dio è forza santificante per il credente, ed è impegno di amore generoso per il prossimo. L’attore principale della devozione resta lo Spirito: è lo stesso Spirito di Cristo che introduce in questo legame personale la discepola o il discepolo, e fa sperimentare quella consolazione, quella vicinanza affettuosa che rallegra e sostiene il credente che ricerca e vive la devozione.
Per farsi vedere
Alla luce dei pochi tratti, con i quali abbiamo dato uno schizzo sommario di che cosa è la devozione, possiamo misurare le nostre personali scelte di credenti. Il devoto di un santo o di una Santa, avrà l’ambizione di fare proprie le scelte ascetiche del modello che si è scelto. Chi elegge Maria come punto di riferimento della sua devozione farà, evidentemente, riferimento all’umiltà, alla mitezza, alla dolcezza e alla coraggiosa sopportazione dei dolori. Tutti atteggiamenti esemplarmente vissuti da Maria, nell’amore a suo Figlio.
Il gesto di sventolare una corona del Rosario o di baciare il Crocifisso per richiamare in pubblico le proprie eventuali scelte di devozione è una decisione che chiede una considerazione delle conseguenze; vi deve essere un retroterra di chiarezza nel riconoscere le ragioni di fede; occorre ricordare l’insegnamento di Gesù a proposito di quelli che pregano «all’angolo delle piazze» per farsi vedere.
Ostentare la propria appartenenza religiosa, nell’ambito della devozione, domanda lealtà intellettuale nel pensare e agire in conseguenza, ed è frutto di esplicita adesione alla comunità cristiana. Soprattutto chiede che non si strumentalizzi il segno religioso che si esibisce.
* Mons. Giovanni Giudici è vescovo emerito di Pavia.