L’invasione turca delle regioni nord-orientali della Siria rappresenta una chiara lesione del diritto internazionale. E anche se il governo turco si rifà a una presunta «minaccia terrorista» da parte delle milizie curde e afferma di voler stabilire una «zona di sicurezza», questo non può ingannarci rispetto al fatto che la Turchia porta avanti una politica sistematica contro la popolazione curda.
Il richiamo al diritto di autodifesa secondo l’articolo 51 è caratterizzato da una forte debolezza argomentativa e non regge a un più attento esame dei fatti. Questa grave ferita inferta al diritto internazionale non è un piccolo atto di poco rilievo, ma mina le fondamenta dell’ordine di diritto internazionale – e, con ciò, gli stessi diritti dell’uomo. Inoltre, essa contribuisce a un escalation della situazione di crisi.
La prima conseguenza di questa invasione è un’ampia crisi umanitaria nelle regioni colpite. Ci sono circa 100.000 persone in fuga, e diventeranno sicuramente di più. Gli attacchi turchi alle città mirano sostanzialmente alla popolazione civile.
Se si considera poi la volontà turca di voler spostare nella «zona di sicurezza» i rifugiati siriani, allora si staglia all’orizzonte il tentativo di deportare la popolazione curda da queste regioni. Ne consegue la minaccia di una «pulizia etnica». La storia, anche quella del Medio Oriente, ci ha insegnato che le «pulizie etniche» producono enorme dolore e ingiustizia, e che a lungo termine si tratta di atti abominevoli e catastrofici.
Per questo va considerata positivamente la convocazione di una seduta di emergenza da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per dare corpo a una reazione adeguata agli eventi. Chiediamo al governo federale tedesco, in collaborazione con i partner della NATO, di agire con decisione verso la Turchia affinché si ponga termine a questa invasione e per rendere possibile l’accesso delle popolazioni colpite agli aiuti umanitari.
Questa richiesta alla Turchia deve essere accompagnata dalla pressione di conseguenti sanzioni. Questo include anche un embargo dell’esportazione di armamenti alla Turchia. Non è accettabile che un alleato metta in atto una politica sistemica di deportazione e che gli altri partner dell’alleanza lascino accadere tutto ciò solo per un cinico calcolo in materia di politiche della sicurezza.