Papa Francesco, oltre alla conversione all’ecologia integrale, chiede alla Chiesa una profonda conversione pastorale, ben delineata nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium.
Vescovi, operatori pastorali e rappresentanti delle popolazioni, dopo aver raccolto gli appelli dalla Regione amazzonica, stanno portanto all’assemblea sinodale le proposte di azione pastorale di una Chiesa missionaria.
Tante sono le questioni prese in considerazione. Fra di esse, il tema vastissimo sul quale tanti interventi si sono succeduti: quello dell’inculturazione del Vangelo e dell’interculturalità.
Cosa si dice? Si riconosce che l’Amazzonia è caratterizzata da una molteplicità di popoli e di culture. In esse, così come nell’intero creato, si manifesta la presenza di un Dio che si è fatto uomo assumendo una precisa cultura e una sola storia, mostrando che il cammino della salvezza percorre vie stupende e fragilmente umane.
Lo stile dei discepoli-missionari prenda perciò le forme incarnate da Gesù, autentico Figlio Dio, vero fratello di ogni essere umano: le forme dell’abbassamento, del servizio e della comunione. Solo così la Chiesa può davvero incrociare la carne dei popoli, le teologie indigene, le espressioni spirituali, le culture varie.
Come porsi di fronte a tante diverse manifestazioni? Partendo dalla coscienza che la diversità non può che rivelare la divina ricchezza e che le differenze non possono che esssere fatte per la complementarietà, non certo per le gerarchie di dignità.
Gli atteggiamenti auspicati sono pertanto di rispetto e di valorizzazione delle saggezze, delle visioni cosmiche e delle esperienze spirituali che si incontrano nei miti, nelle narrazioni, nei riti, nei canti, nelle danze… dei popoli indigeni.
Ai missionari e ai diversi operatori pastorali è richiesto di convivere con i gruppi presso cui sono giunti, assimilando le loro lingue e andando incontro all’umanità più profonda, con relazioni di fiducia, senza fermarsi agli aspetti esteriori, apparentemente “folcloristici”.
Molti interventi sinodali concordano sull’importanza di instaurare un dialogo autentico fra i vari gruppi che vivono esperienze religiose molteplici, poiché l’incontro fra spiritualità e visioni diverse del mondo risulta di mutuo arricchimento e favorevole alla purificazione della peccaminosa tendenza ad escludere e/o a conquistare.
Il proselitismo non è una pratica adatta alla Chiesa poiché la fede, come ha ricordato papa Francesco nel messaggio della Giornata missionaria mondiale, non è un «prodotto da vendere», bensì è un dono da portare con la gioiosa forza di chi abbraccia e annuncia in totale gratuità. È la condizione per la quale la “fede” degli stessi missionari e delle stesse missionarie si auto-alimenta attraverso poveri gesti e parole. È la condizione della missione in cui io stesso mi ritrovo!
È opinione condivisa tra i sinodali che i veri protagonisti del processo di inculturazione della fede siano le piccole comunità locali, a partire dal loro vissuto di morte e risurrezione letto e interpretato nel mistero di Cristo. Di tale processo i missionari possono essere appena facilitatori.
La dinamica continua dell’inculturazione dalle culture locali si può sviluppare quindi in molti diversificati cammini: ad esempio, nella ricerca di una liturgia che possa esprimere la grande ricchezza di esperienze di fede e di religiosità dell’Amazzonia, valorizzando segni e simboli propri delle diverse popolazioni; oppure descrivendo percorsi di iniziazione alla vita cristiana e alla formazione adulta che considerino le specificità di vita e di tradizione locali; così come andando ad individuare ministeri più adeguati per l’animazione e la cura pastorale delle diverse piccole comunità sparse nell’immensità del territorio amazzonico.