Giovanni Filoramo, docente emerito di Storia del cristianesimo all’Università di Torino, ripercorre con piglio sicuro e sintetico il percorso della Chiesa dal suo sbocciare in seno al giudaismo del I sec. fino al Concilio di Calcedonia (451 d.C.).
Nella Parte I (pp. 15-104) esamina il cammino che porta dall’ekklēsia alla “grande Chiesa” del I-II secolo. All’interno del giudaismo palestinese e di quello della diaspora nascono delle comunità con uno stile di vita in parte alternativo a quello del giudaismo e del mondo pagano che le circonda.
Oltre i conflitti esterni, la Chiesa dovrà superare quelli interni. Da un cristianesimo polifonico si deborderà in fenomeni di eresia contrapposta all’ortodossia che sta formando le proprie strutture ermeneutiche e teologiche che esplicitino con correttezza e completezza il mistero della fede in Gesù Cristo morto e risorto. Gnosticismo e montanismo si affiancheranno in tal modo alle grandi figure dei padri apologisti nell’iter che porta alla nascita della “grande Chiesa” con Ireneo.
La Parte II (pp. 105-176) studia la “grande Chiesa” nel II secolo. Si analizzano i viaggi missionari dei cristiani, i percorsi di conversione e la stratificazione sociale delle nuove comunità, in gran parte composte da persone appartenenti alla fascia medio-bassa della società. Filoramo ne delinea l’organizzazione interna e la vita concreta che ruota attorno ai ministeri, agli sviluppi liturgici che nascono e si coagulano attorno a credi e a simboli che vengono formandosi come espressione della fede della comunità.
Il cristianesimo si deve confrontare con la cultura greco-romana, con la sua filosofia, con la sua religione civile del mos maiorum, dei sacrifici pubblici e del culto dell’imperatore.
Il confronto con la cultura greco-romana
La teologia cristiana nasce e si sviluppa a partire dagli impulsi di Filone di Alessandria, dal confronto con la filosofia greca, articolandosi come riflessione attorno a Dio come essere e alla generazione eterna del Logos, circa il rapporto di Dio con il mondo e formulandosi, infine, come la teologia processuale tipica di Origene. Il confronto con l’impero vede soprattutto la persecuzione di Decio, quella di Valeriano, mentre all’interno della Chiesa si sviluppa il problema del comportamento da tenere con i lapsi che sono venuti meno alla fedeltà al loro credo battesimale.
La Parte III (pp. 177-314) si sofferma sulla formazione della Chiesa imperiale da Costantino a Teodosio. Dalla tetrarchia dioclezianea e dalle riforme instaurate da Diocleziano non si può bypassare la “grande persecuzione” da lui instaurata, che si concluse per l’arrivo di una stagione ecclesiale, civile e politica totalmente nuova.
Studiando il rapporto di Costantino con la Chiesa, si annota innanzitutto la legislazione favorevole al corpo ecclesiale, la politica edilizia che trasformò il volto delle grandi città romane, mentre la crisi ariana infuria e si celebra il concilio di Nicea.
Costantino intuisce l’enorme potenziale di integrazione socio-politica che la Chiesa cristiana può fornire alle strutture dell’impero romano. Per questo motivo la favorì in tutti i modi. L’eredità di Costantino è ambigua: conversione? sfruttamento politico dell’espansione ecclesiale come forza di stabilizzazione socio-politica della società romana?
La Chiesa imperiale
Sotto i figli di Costantino si forma la Chiesa imperiale, con la riapertura della crisi ariana e la figura imponente di Atanasio.
Le strutture della Chiesa imperiale (episcopati, patriarcati) riproducono, nel tessuto istituzionale della Chiesa, le linee principali di strutturazione dell’impero romano, con le sue province, capitali, prefetture, funzionari civili, magistratura, cursus honorum. Studiando le modalità dell’elezione del vescovo, si possono notare somiglianze e difformità rispetto al cursus honorum, cioè alla carriera di un funzionario nominato responsabile di una provincia dell’impero. Emergono gli enormi poteri del vescovo nella Chiesa a livello spirituale, teologico, amministrativo e il suo influsso sempre maggiore nella società civile e politica dell’impero.
Fuori dell’impero la Chiesa si espande per l’annuncio anche al di là del limes, con la formazione di una Chiesa siriana, copto-ortodossa, etiopica, armena e georgiana. Se Costantino ha favorito al massimo la Chiesa cristiana e represso la vita e la crescita del paganesimo, con Teodosio si viene a riconoscere il cristianesimo come la sola religione di Stato, dopo la crisi di Giuliano l’“apostata”.
Oriente e Occidente tenderanno ad avere sempre più connotati diversi, anche per quanto riguarda il rapporto Chiesa-Impero. Ambrogio si scontrerà duramente con Teodosio. Per l’Oriente l’imperatore è colui che protegge la Chiesa, mentre nell’Occidente si vede il vescovo come pastore che deve prendersi cura anche dell’anima dell’imperatore e quindi si pone in posizione superiore ad esso.
La vita cristiana vede l’istituzionalizzazione del culto (battesimo, eucaristia ecc.) con forme nuove di pietà quali il culto dei martiri, il culto delle reliquie con il connesso fenomeno dei pellegrinaggi (pellegrino di Bordeaux, Egeria ecc.), la creazione di piccoli santuari e la formazione di calendari liturgici (cf. martirologio geronimiano). Gli apostoli, i santi e le reliquie dei martiri diventano la gloria delle città e loro patroni.
Il cristianesimo connota anche la qualità del tempo con l’instaurazione di un unico sistema calendariale che parte dalla nascita di Gesù e influisce anche sulla strutturazione dello spazio: monasteri maschili e femminili, cattedrali, nuovi riti funebri che sostituiscono il rito funebre pagano, il viatico. Viene eliminata la conclamatio mortis, perché la risurrezione si impone come vita che richiede gioia espressa con inni e salmi. Si scavano le catacombe e iniziano le prime forme di arte cristiana.
La Parte IV (pp. 315-376) analizza la separazione delle vie fra l’Oriente e l’Occidente fino al concilio di Calcedonia (451 d.C.), passando per il concilio di Efeso.
Il monachesimo orientale assume forme proprie e singolari, con figure che spesso influiscono in modo determinante sul corso della vita politica ed ecclesiale, tramite l’influsso che si cerca di avere sull’imperatore e sulla corte di Costantinopoli.
L’imperatore è chiamato a dirimere questioni teologiche e si arroga il diritto di indire concili per arrivare a delle conclusioni sulle aspre controversie cristologiche. Si lotta aspramente per la supremazia fra i patriarcati di Roma, Alessandria e Costantinopoli. La formazione del cristianesimo occidentale deve invece molto alla figura di Agostino e alla sua lotta contro i donatisti e i pelagiani.
Lo studio di Filoramo si conclude con brevi accenni alle forme della vita cristiana del V secolo: la predicazione in buona forma retorica assume una funzione determinante come mezzo di formazione e di controllo sociale. La comunità cristiana, che possiede ricchezze immense provenienti da varie fonti, si dota di una rete di assistenza ai poveri, agli orfani, alle vedove e ai carcerati, che sostituisce completamente i pochi strumenti di assistenza fornita dallo stato imperiale. La Chiesa ormai regolamenta in modo totale la vita sociale, nonostante perduri ancora il paganesimo e non si sia risolto mai completamente il problema del rapporto con la ricchezza.
Numerosi box fuori testo inquadrano figure particolari e problematiche generali di natura storica, teologica e filosofica.
La bibliografia (pp. 377-378) e alcune cartine (pp. 381-383) concludono questo eccellente volume previsto come il primo di un corso sintetico di Storia della Chiesa. Un pregevole strumento di studio, di consultazione e di sintesi storico-teologica ad opera di uno studioso che abbina profonde conoscenze storiche a padronanza delle fonte delle idee teologiche e filosofiche del mondo antico.
GIOVANNI FILORAMO, Storia della Chiesa. 1. L’età antica (Fondamenta s.n.), EDB, Bologna 2019, pp. 392, € 28,00, ISBN 978-88-10-43221-1.