Durante il suo viaggio in Giappone, papa Francesco, dopo aver visitato le città di Hiroshima e Nagasaki, distrutte dalle bombe atomiche nel 1945, dedicherà l’ultima mattina del suo soggiorno, il 26 novembre, ai gesuiti dell’Università “Sophia”, dove celebrerà anche una messa e terrà un discorso. Come ha avuto origine questa università, oggi così prestigiosa?
Con questa visita in Giappone, papa Francesco realizza un suo vecchio sogno. Infatti, inizialmente voleva andare missionario in questo paese del Sol levante. Ma il suo sogno non si compì. Divenne arcivescovo di Buenos Aires e poi papa.
La Tokyo cattolica non è pensabile senza i gesuiti tedeschi. L’arcidiocesi della capitale del Giappone ha oggi 90 parrocchie con circa 90.000 cattolici, assistiti pastoralmente da circa 80 sacerdoti diocesani e 250 sacerdoti religiosi. I gesuiti da soli sono un centinaio.
Lo studioso di induismo e buddismo, Joseph Dahlmann (1861-1913), invitato nel 1903 a un congresso internazionale di esperti, esclamò indignato: «Dopo l’apertura del Giappone all’Occidente nel 1853, non c’è mai stata ancora una università cattolica, mentre i protestanti ne hanno già tre; il Giappone finirà col diventerà evangelico! Ciò non deve avvenire, tenendo presente il successo della missione dei gesuiti nei secoli 16° e 17°!».
Un progetto dovuto a Otto von Bismark
Dahlman chiese a Pio X (1903-1914) di intervenire. E così nacque un progetto che, in definitiva, fu dovuto al cancelliere tedesco Otto von Bismark. A causa del Kulturkampf, tutti i gesuiti tedeschi fuggirono nei Paesi Bassi e si insediarono nella cittadina di confine, Valkenburg, nel Limburgo. Allora il superiore generale dell’ordine, il tedesco Franz Xavier Wernz, nel 1908 spostò in Giappone soprattutto gesuiti tedeschi e altri gesuiti degli Stati Uniti di origine tedesca per la nuova fondazione.
È curioso conoscere come i gesuiti, nell’inverno 1911/12, giunsero nell’enorme terreno situato nelle vicinanze del palazzo dell’imperatore. All’epoca del “Sakoku”, cioè dell’isolamento del Giappone (1639-1853), i feudatari locali, i “Daimoi” dovettero trasferire una parte della loro famiglie, come pegno, nella città imperiale di Edo, oggi Tokyo. In questo modo essi erano sotto il suo controllo e dovevano pagare delle somme cospicue per ottenere l’occorrente prima di tuffarsi in avventure guerresche. Una mossa ingegnosa.
Con la fine dell’isolamento, nell’epoca Meiji (1868-1912), questo obbligo fu abolito. L’allora ministro della guerra Takashima, un Daimyo, aveva accumulato dei debiti nel gioco e i gesuiti gli comperarono l’enorme proprietà situata in una posizione ideale che divenne la base dell’attuale università Sophia e della loro parrocchia.
Molto ricercati i matrimoni nel Campus
Soltanto da alcuni ani è stata ricostruita la chiesa di Sant’Ignazio. Il vecchio edificio in legno fu divorato dalle termiti nere ed era diventato ormai decrepito. Sorse un grande complesso parrocchiale per seminari e spazi di incontro e l’unica biblioteca pubblica cattolica teologica di Tokyo. L’università Sophia si sposa bene con la sapienza in Giappone. Nel giro di circa 100 anni della sua esistenza è diventata un grande Campus con otto facoltà. Tuttora vi operano diverse decine di gesuiti in qualità di docenti e detengono posti amministrativi. Ciascuno dei 13.000 studenti paga migliaia di euro per le tasse di studio. L’ammontare degli affari annuali raggiunge una somma molto alta. Permette anche di fare degli investimenti. Nel 2017 fu aperta la “torre Sophia”, un edificio di 17 piani per uffici, con la veduta sulla strada. Il complesso suscitò l’interesse anche dell’allora imperatore Akihito il quale volle essere informato sulla costruzione.
Molto ricercati dagli studenti e dagli ex studenti sono i matrimoni nel Campus, meglio se celebrati dal loro ex professore. I gesuiti affittano gli spazi della chiesa di Sant’Ignazio, e più ancora il vecchio palazzo Daimyo in stile europeo, che i gesuiti avevano adibito negli anni ’20 a edificio per la loro comunità. Volentieri vengono celebrate le feste all’esterno negli spaziosi giardini giapponesi della Villa, un’oasi di pace tra gli edifici delle facoltà. Una volta all’anno i gesuiti organizzano una grande festa nei giardini: il 31 luglio, festa di sant’Ignazio, si riuniscono con il nunzio, con l’arcivescovo di Tokio e con tutti coloro che, nella metropoli giapponese, hanno fatto della fede cattolica la loro bandiera.