Prolusione del card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, tenuta il 29 novembre presso il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico 2019-2020.
Eccellentissimo Gran Cancelliere, reverendissimo monsignor Preside, chiarissimi Professori, cari studenti, signori e signore,
sono lieto di partecipare all’inaugurazione dell’Anno Accademico 2019-2020 dell’Istituto Teologico Giovanni Paolo II e ringrazio vivamente per il cortese invito.
È questa un’occasione particolarmente favorevole per soffermarci e puntualizzare lo speciale rilievo che l’istituzione familiare assume oggi in vista dell’edificazione della comunità ecclesiale e della ricomposizione della stessa società civile.
Lo storico Istituto di Studi sul Matrimonio e la Famiglia ha preso forma dalla volontà del Santo papa Giovanni Paolo II, come ricordava Papa Francesco nel suo discorso alla comunità accademica del 27 ottobre 2016: “La lungimirante intuizione di San Giovanni Paolo II, che ha fortemente voluto questa istituzione accademica, oggi può essere ancora meglio riconosciuta e apprezzata nella sua fecondità ed attualità. Il suo sapiente discernimento dei segni dei tempi ha restituito con vigore all’attenzione della Chiesa, e della stessa società umana, la profondità e la delicatezza dei legami che vengono generati a partire dall’alleanza coniugale dell’uomo e della donna”. Dallo stesso papa, dal suo pensiero e dal suo ministero, esso ha ricevuto l’indirizzo e l’orientamento della sua speciale missione, corrispondente all’impegno che la Chiesa è chiamata a dedicare all’illuminazione dello splendore della verità cristiana iscritta nella storia dell’amore umano dell’uomo e della donna.
I nuovi statuti
La costituzione del nuovo Istituto Teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, decisa dal Santo Padre Francesco, rilancia l’attualità di quella ispirazione e invita ad elaborare e ad aggiornare la sua identità per corrispondere alle nuove esigenze della cultura teologica e della missione ecclesiale. Non va dunque sottovalutato il segno che questa ri-fondazione porta con sé. Per il tramite autorevole del ministero petrino, la Chiesa pone in rilievo, con forza ancora maggiore, la necessità di costituire un centro accademico di studi e di formazione specialistica sul matrimonio e la famiglia come nodo di rete della costellazione delle istituzioni culturali che rappresentano il servizio pastorale della Santa Sede per la Chiesa universale, nel suo senso più alto e più ampio.
Il tema rimane quello della originaria ispirazione. Si tratta appunto del mistero e del ministero della famiglia, che affonda le sue radici nell’atto creatore di Dio, nel quale la differenza dell’uomo e della donna è destinata alla speciale missione di un’alleanza alla quale è affidato il lavoro dell’amore che plasma il mondo e la storia.
Su questa radice, si innesta il mistero e il ministero ecclesiale della famiglia, chiamata dal Vangelo a trascendere la sua stessa dimensione creaturale e indirizzata a farsi segno e realtà – sacramento, appunto – dell’azione di salvezza e della promessa di compimento che si radica nel mistero del Figlio di Dio fatto uomo.
Amoris laetitia
La centralità di questa valorizzazione del mistero e del ministero, indissolubilmente umano e cristiano, della famiglia è oggetto di attenzione e di riflessione ormai ben presente alla sensibilità ecclesiale, sul piano pastorale come nell’ambito teologico. L’impegno speciale che vi è stato dedicato dal duplice Sinodo mondiale dei vescovi, rilanciato dall’Esortazione apostolica Amoris laetitia, appare decisamente insediato nella coscienza ecclesiale.
Non c’è dubbio, d’altra parte, che questo impegno abbia anche messo in rilievo il lavoro – straordinariamente e per certi aspetti anche inedito – che deve essere investito nel chiarimento e nell’arricchimento della pratica pastorale e della stessa intelligenza credente. Si tratta infatti di interrogare la Parola di Dio e la tradizione della fede nell’ottica di una costellazione problematica di inconsueta radicalità, che mette in discussione evidenze che, solo ieri, potevano ancora apparire scontate e non bisognose di particolare elaborazione culturale.
Di fatto, il cristianesimo odierno ne viene sollecitato a riscoprire – come in effetti accade – anche ricchezze trascurate del tesoro che il Vangelo di Gesù ha deposto nel cuore della storia, perché lo Spirito le illuminasse e le rendesse comprensibili al tempo opportuno. “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio […] Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, Egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future” (Gv 15, 26-27; 16, 12-14).
Il momento presente della Chiesa è sempre il luogo delle “cose future” di cui parla la promessa del Signore ai suoi apostoli. Noi siamo precisamente, sempre, nel luogo in cui il Signore si aspetta che facciamo la nostra parte di diligenti scribi del regno di Dio, che traggono dal suo tesoro, le cose antiche e le cose nuove che sempre gioiosamente confermano le sue inviolabili promesse e le sue inattese illuminazioni. Egli si aspetta da noi uno spirito di gioiosa comunione nell’attento discernimento delle sue conferme e delle sue illuminazioni. La verità del Signore porta la libertà e la pace, non la contesa.
La famiglia: dimensione ecclesiale e civile
In questa chiave, desiderio ora indicare uno spunto di approfondimento, sul tema della comunione ecclesiale – ma anche civile – della quale la famiglia, in primo luogo quella cristiana, è non solo testimone, ma, per così dire mediatore maieutico, una vera e propria levatrice. In un passo significativo di Amoris laetitia leggiamo: “La relazione tra i fratelli si approfondisce con il passare del tempo e il legame di fraternità che si forma in famiglia tra i figli, se avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace. In famiglia, tra fratelli, si impara la convivenza umana […] Forse non sempre ne siamo consapevoli, ma è proprio la famiglia che introduce la fraternità nel mondo! A partire da questa prima esperienza di fraternità, nutrita dagli affetti e dall’educazione familiare, lo stile della fraternità si irradia come una promessa sull’intera società” (n. 194).
Di questa indispensabile mediazione della famiglia, in certo modo, tutti ne sono consapevoli. Nella congiuntura odierna del legame sociale, tuttavia, questa consapevolezza appare piuttosto debole, remota, quasi evanescente. La famiglia si sente più minacciata nella sua vulnerabilità, che non convocata a valorizzare la sua forza, in ordine alla qualità del legame sociale.
Non si può negare, in effetti, che la famiglia sia oggi incalzata da una pressione di conformità e, rispettivamente, da una cultura di disgregazione, che ne indebolisce fortemente la matrice comunitaria e la mediazione educativa nei confronti dell’umanità condivisa e dei suoi valori fondanti. Da un lato, l’esasperazione del modello antropologico individualistico toglie letizia e forza all’ordine degli affetti familiari che deve assicurare l’apprendistato del valore delle relazioni umane e personali.
Dall’altro, l’astratto formalismo dei legami funzionali e l’egemonia finanziaria dei rapporti economici, contribuiscono alla diffusione di una sostanziale insensibilità per la matrice affettiva e comunitaria che la radice coniugale e l’iniziazione famigliare introducono nell’esperienza dei valori fondamenti dell’umano. Lo sviluppo economicistico e tecnocratico della società civile e il sentimento umano e comunitario dei popoli sono in rotta di collisione. E in cerca di una via d’uscita.
Un vuoto sociale
L’insoddisfazione che va alimentando il disagio dei popoli, spesso incapace di trovare parole per dirsi e per comprendersi, anche nei Paesi di lunga tradizione democratica, è largamente rivelatrice dell’emarginazione della costellazione familiare e dell’incolmabile vuoto sociale che essa introduce in qualsiasi sistema della convivenza civile. Molti indizi, a quanto sembra, mostrano che la conflittualità dell’uomo e della donna, che, invece del rilancio dell’alleanza, cerca soluzione nella sostituzione della differenza sessuale con l’indifferenza di genere, manifesta un significativo incremento del ricorso alla violenza.
L’evidenza che ne scaturisce, con ogni verosimiglianza, può essere formulata in modo semplice e diretto. La dedizione per l’alleanza dell’uomo e della donna, che si lascia plasmare nella forma della comunità familiare, è una scuola di libertà e di pace. Essa costituisce, proprio in questo modo, la matrice insostituibile della composizione umana degli affetti e della libertà responsabile, della comunità e della pacifica convivenza.
Non devo certo spiegare qui, nel dettaglio, i contenuti e le ragioni di questa visiona antropologica fondamentale della realtà familiare. La persuasiva e rigorosa elaborazione di questa struttura antropologica è, oggi, il vero tema del rapporto tra l’alleanza coniugale-familiare dell’uomo e della donna. La crisi della democrazia sostanziale e della matrice familiare si tengono strettamente. E si risolvono congiuntamente.
Lo ha messo opportunamente in evidenza, nel suo Messaggio per la giornata della pace 2017, di poco successivo alla promulgazione di Amoris laetitia, lo stesso papa Francesco: “Se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all’interno della famiglia. È una componente di quella gioia dell’amore che ho presentato nello scorso marzo dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, a conclusione di due anni di riflessione da parte della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. La famiglia è l’indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono. Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società. D’altronde, un’etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli non può basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura, ma sulla responsabilità, sul rispetto e sul dialogo sincero”.
Non per caso, tra l’altro, questo passo si conclude menzionando tra le urgenze che impongono un deciso contrasto ai più vistosi fenomeni di degrado della libertà e della pace fra i popoli e nei popoli, il disarmo della deterrenza nucleare e la violenza domestica su donne e bambini.
Dedizione e custodia
La dedizione richiesta per l’edificazione e la custodia della comunità familiare, naturalmente, non si realizza soltanto nella luce della sua estetica, ma anche attraverso le ombre della sua drammatica. La fede cristiana, per prima, ne deve essere profondamente consapevole. Essa è particolarmente chiamata, nella congiuntura presente, alla leale chiarificazione di questa dialettica e al generoso superamento dei suoi effetti demoralizzanti e debilitanti.
Non per la presunzione di una magica immunizzazione dai suoi rischi, ma per la misericordiosa grazia del suo riscatto: gratuitamente donato dalla fede, generosamente offerto nella fede. La famiglia cristiana è il mediatore maieutico normale di questa missione testimoniale e amorevole della potenza della grazia che riscatta l’alleanza dell’uomo e della donna e consente di portare gli uni i pesi degli altri. Questa sussidiarietà diventa oggi cruciale per la restituzione di piena trasparenza e verità al mandato della riconciliazione con Dio: e della comunione fraterna che ne deve rappresentare l’evidenza non effimera nell’ambito della stessa comunità civile.
La fedeltà alla missione ricevuta con la sequela del Signore, e la generosa disposizione all’obbedienza dello Spirito che le apre la via, possano generare frutti di sapienza e di amore anche attraverso il mandato che è affidato a questo Istituto, sul quale la Chiesa fa conto per la diffusione della gioia del Vangelo fra i popoli.
Grazie per l’ascolto.