Alcune voci autorevoli parlano di ecumenismo dopo la celebrazione del quinto centenario della Riforma. I problemi teologici ancora irrisolti.
Come va attualmente l’ecumenismo? A questo interrogativo rispondono, in due circostanze diverse, il card. Walter Kasper, presidente del Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani fino al 2010, e il card. Kurt Koch, attuale presidente del medesimo Consiglio pontificio. Il card. Kasper ha risposto ad una breve intervista rilasciata a Renardo Schlegelmilch, per conto della “Domradio” di Colonia, mentre il card. Koch ne ha parlato il 12 ottobre scorso in occasione di un incontro internazionale di esperti sul tema della “Confessione di Augusta”. Ambedue i cardinali sono d’accordo nell’affermare che l’ecumenismo va avanti, ma che tutto non avviene dall’oggi al domani. C’è infatti ancora molto lavoro da compiere.
Il card. Walter Kasper
La Chiesa cattolica e quella protestante in questo momento sembrano molto occupate di se stesse. Ma come va l’ecumenismo? Procede? il card. Walter Kasper, risponde in una breve intervista.
– Quest’anno ricorre il 500° anniversario della disputa di Lipsia tra il riformatore Martin Lutero e il domenicano Johannes Eck. In questa circostanza lei è stato ospite a Lipsia e ha discusso con il vescovo Wolfgang Huber sul futuro dell’ecumenismo. L’euforia di molti dopo l’anno della Riforma luterana nel 2017 si è un po’ attenuata; forse le attese erano un po’ troppo alte?
Non direi. È normale che questi momenti di punta, anche di carattere emotivo, sbolliscano. Ma l’ecumenismo continua ad andare avanti. Naturalmente ci sono state in Germania, soprattutto sul problema della comunione, alcune difficoltà. Ma, nel complesso, abbiamo trovato, credo, nella maggior parte delle diocesi un modo di aiutare le persone che si trovano in situazioni difficili e complesse.
– Qual è la sua valutazione sull’attuale momento dell’ecumenismo?
Abbiamo già fatto molti progressi. Non bisogna dimenticarlo! In particolare, nell’anno della Riforma, l’insieme delle Chiese che esistevano già nel 16° secolo hanno firmato la Dichiarazione congiunta sulla giustificazione. In tutte le principali Chiese occidentali si è riscontrato un ampio consenso. Poi è si è aggiunta la Dichiarazione di Magdeburgo sul riconoscimento reciproco del battesimo. Ciò significa che siamo, in certo modo, anzi, in modo fondamentale, l’unica Chiesa di Cristo mediante l’unico battesimo. Sono dei progressi da non minimizzare.
Non ci possono essere sempre dei momenti di punta. Adesso si discute sul prossimo grande tema: Chiesa, eucaristia, ministero. Sono discussioni avviate non solamente a Roma nel Consiglio per l’unità. Ciò non avviene dall’oggi al domani. Ma qui sta avvenendo più di quanto si pensi. E io ritengo che, se ciascuno al proprio posto compie ciò che deve fare, allora progrediamo davvero.
– Si parla sempre più del concetto di “diversità riconciliata”. Ma ci sono anche delle critiche. Si dice che è uno sfoggio di etichetta. Il rimprovero vero è che le differenze sono presentate semplicemente in forma graziosa. Non c’è forse qualcosa di vero in questo?
Certamente c’è qualcosa di vero. A volte capita di minimizzare le differenze. La “diversità riconciliata” è un obiettivo cui tendere. Ciò vuol che oggi non ci siamo ancora arrivati. Naturalmente dobbiamo tener presenti le diversità che esistono soprattutto nell’ambito della comprensione della Chiesa e del ministero. Dobbiamo ancora lavorare molto su questi aspetti. Non intendo affatto minimizzare nulla. Ma l’obiettivo è la “diversità riconciliata”, che non è ancora riconciliata in tutto. È una meta verso cui tendere. Ciò significa che non è facile avere una Chiesa unificata, un’unica Chiesa. Ci sono anche diverse tradizioni.
Ma, per riconciliarsi, queste devono riconoscersi reciprocamente. Finora non ci siamo ancora arrivati. Ma la Chiesa unificata non c’era nemmeno nel Medioevo. C’era allora una diversità maggiore di quanto oggi esista nella nostra coscienza comune. Ma si sono riconosciute, comprese e riconosciute reciprocamente come un’unica Chiesa.
– Come potrebbe apparire una Chiesa del genere nel 21 ° secolo?
Non penso affatto di giocare con la sabbia per dire come dovrà apparire. Lo Spirito Santo è sempre pronto alle sorprese.
Si devono compiere i passi che attualmente sono possibili insieme e in maniera responsabile. Ci sono molte cose che i cristiani possono fare insieme.
E da molti rigagnoli, alla fine, nascerà un ruscello e un grande fiume. Ma non faccio qui grandi progetti per il futuro.
– Lei a Lipsia ha parlato di diaspora: in una situazione del genere si può promuovere e alimentare l’ecumenismo quando una Chiesa è in uno stato di minoranza?
Sì, certamente, nella misura in cui c’è una maggiore consapevolezza di ciò che vuol dire essere cristiani e cosa significhi. Questo non avviene allo stesso modo qui da noi in Germania occidentale e nella Germania del sud-ovest. Affrontiamo sfide simili. Anche le minoranze possono avere un significato per la società. Se sono attive, consapevoli e, nello stesso tempo, aperte.
– Noi cattolici, in questa regione di lingua tedesca, siamo relativamente vicini ai protestanti. In altre regioni, ci sono meno punti di contatto e più critiche. Ciò rende il dialogo più complicato?
Evidentemente ci sono situazioni diverse. Io vivo già da 20 anni in Italia. Anche qui trovo molto interesse per l’ecumenismo, anche se non ci sono molti contatti diretti. C’è un interesse per l’ecumenismo con le Chiese orientali ma anche con il protestantesimo. Ci sono diverse velocità. È una cosa che non va, se noi tedeschi diamo l’impressione di voler indicare agli altri quale strada intraprendere. Dobbiamo fare molta attenzione. La Chiesa universale non è la Curia romana. Ci sono 1,3 miliardi di persone che, nel mondo, si riconoscono cattoliche. E fa parte dell’essere cattolico anche ascoltare cosa dicono gli altri, quali esperienze e aspettative hanno. Noi tedeschi possiamo esercitare il nostro influsso e offrire il nostro contributo. Ma non possiamo dire quale strada intraprendere.
Il card. Kurt Koch
Secondo il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, c’è ancora molto lavoro da fare soprattutto dal punto di vita teologico. Decisivo, infatti, è giungere ad un consenso vincolante sui temi riguardanti la Chiesa, l’eucaristia e il ministero. Diversamente da quanto si sente dire, non tutti i problemi e le differenze sono stati teologicamente risolti, nonostante i notevoli progressi compiuti in questi ultimi anni.
Lo ha dichiarato il 12 ottobre scorso, durante un incontro internazionale di esperti sul tema della Confessione di Augusta formulata dal riformatore Philipp Melantone nel 1530.
La Confessione intendeva essere uno strumento per i cattolici e gli evangelici del Reichstag di Augusta.
Melantone non aveva alcuna intenzione di creare una nuova Chiesa, ma si proponeva soltanto di superare i malintesi al suo interno. La situazione tuttavia dopo Augusta finì con l’irrigidire la divisione che perdura fino ad oggi.
Koch, durante l’incontro, ha chiesto che il testo storico della Confessione di Augusta sia considerato come un punto di partenza per l’attuale dialogo. Ha citato il gruppo di lavoro ecumenico di teologi protestanti e cattolici secondo cui le Chiese occidentali, nel 1530, erano più vicine che mai. Per questo, secondo il cardinale, il prossimo 2030, quinto centenario della Confessione di Augusta, deve essere celebrato «in comunione ecumenica».
Per il presidente della Commissione ecumenica della Conferenza episcopale tedesca, mons. Gehrard Feige, è importante valorizzare gli impulsi ecumenici del 2017, anno commemorativo del 5° centenario della Riforma, per approfondire le questioni ancora controverse. In particolare quella del ministero consacrato. Secondo la concezione cattolica – ha spiegato il card. Koch – il sacerdote è consacrato in persona Christi. Ciò si esprime in particolare nella celebrazione dei sacramenti, come la santa messa. La Chiesa cattolica si rifà alla “successione apostolica” secondo cui i vescovi attuali sono in una continuazione ininterrotta con i primi Apostoli. Anello di collegamento è la consacrazione episcopale legittimamente trasmessa.
Nella Chiesa evangelica, al contrario, non esiste alcun ministero consacrato, ma solo un cosiddetto “ministero ordinato” che si esprime annunciando, con l’aiuto del Vangelo, il messaggio degli Apostoli ed è pertanto apostolico. La teologia protestante sottolinea in particolare “il sacerdozio comune dei battezzati” e non conosce pertanto alcun ministero consacrato.