Il 19 marzo scorso il motu proprio “Communis vita” modificava il canone 694 del CJC «con un nuovo punto al paragrafo 1 del canone del Codice di diritto canonico. Se un’assenza illegittima del religioso (cioè non concessa dal superiore) e non reperibile, si prolunga oltre un anno, il superiore maggiore, d’intesa con il suo consiglio, può dimettere il religioso o la religiosa dall’istituto senza la necessità di far firmare all’interessato l’avvenuta decisione. Con l’obbligo di una conferma da parte della Santa Sede, cioè della Congregazione dei religiosi» (SettimanaNews, 27 marzo 2019).
In settembre è uscita una lettera circolare della Congregazione per gli istituti di vita consacrata in cui si chiarisce la fattispecie del caso. A chi non si può applicare la norma? Ai religiosi e religiose assenti legittimamente, ma irreperibili; agli assenti illegittimamente, ma reperibili. Quanto un religioso è considerato irreperibile? Quando di esso si conosce soltanto: il recapito telefonico, l’indirizzo di posta elettronica, il profilo sui social, l’indirizzo fittizio. In questo caso il superiore o la superiora può raccogliere informazioni dai confratelli, dagli ex superiori, dai vescovi o dai familiari. Può rivolgersi anche alle autorità civili nei limiti della legislazione e della privacy.
Il superiore è tenuto «a produrre prova certa, mediante documentazione verificabile delle ricerche espletate». Se queste hanno esito negativo, procede alla dichiarazione di irreperibilità d’intesa col suo consiglio.
Il provvedimento non è retroattivo, cioè deve risultare una data di inizio delle ricerche e una data finale. «Trascorsi dodici mesi continui, duranti i quali non fosse, in alcun modo, cambiata la situazione di irreperibilità del sodale assente illegittimamente, il superiore competente deve procedere alla dichiarazione del fatto perché consti giuridicamente la dimissione a norma del can. 694. Tale dichiarazione deve essere confermata dalla Santa Sede se l’istituto da cui il sodale viene dimesso è di diritto pontificio, mentre deve essere confermata dal vescovo della sede principale se l’istituto è di diritto diocesano». «Il nuovo dispositivo non si applica alle fattispecie antecedenti il 10 aprile 2019, in altri termini non può dirsi retroattivo».
Carisma e diritto
Il canone 694 ricorda le condizioni per le dimissioni dei religiosi: oltre all’abbandono «notorio» della fede o a un matrimonio, è stato aggiunto dal motu proprio un terzo punto, quando cioè il religioso «si sia assentato dalla casa religiosa illegittimamente, ai sensi del can. 665 art. 2, per dodici mesi ininterrotti, tenuta presente l’irreperibilità del religioso stesso», fermo restando «quanto stabilito dal diritto sulla dimissione dopo sei mesi di assenza illegittima». Al can. 729 si modifica solo il rimando agli articoli del can. 694.
Il nuovo dispositivo giuridico risolve i casi di religiosi e religiose che fanno perdere le proprie tracce senza che l’istituto religioso possa considerare non più appartenente il sodale. Dal punto di vista sostanziale, la normativa, vecchia e nuova, intende sottolineare la decisiva dimensione comunitaria della vita consacrata, la responsabilità dei superiori e la libertà degli interessati che possono, nel caso si ritenessero ingiustamente colpiti, ricorrere alla Segnatura apostolica.
Il caso considerato è un piccolo frammento di un problema più complesso e vivo, quello degli abbandoni della vita consacrata che sono circa 3.000 all’anno.
I brevi testi del motu proprio e della lettera circolare sono editi in un opuscolo della Libreria editrice vaticana.