Libro piccolino ma ben speziato. Il presbitero e teologo vicentino, direttore di Casa Mamre – centro diocesano di educazione all’amore e all’affettività e di consulenza matrimoniale –, affronta a viso aperto e coraggioso la domanda fondamentale su Dio. La risposta può illuminare vie nuove e attraenti a chi non si accontenta delle risposte preconfezionate.
I progressi della scienza e della tecnologia, la presenza ancora pervasiva del male nel mondo e il disorientamento di tanti di fronte alle domande, sensate e “buone”, rivolte a Dio e rimaste inascoltate, hanno spinto Borsato a illustrare in modo rinnovato alcuni punti delle fede cristiana, in dialogo con l’esperienza umana vissuta da tutti.
Partendo dall’affermazione di Bonhoeffer che Dio non è il “tappabuchi” che risolve i problemi che l’uomo (per ora) non riesce a superare, Borsato propone di scegliere con decisione una visione non fissista del mondo, ma dinamico-evolutiva.
Dio non ha creato tutto perfetto all’inizio, ma ha fornito una spinta di vita perché il mondo evolvesse sotto la guida e la responsabilità dell’uomo.
La Bibbia esiste per ricordarci che Dio non è onnipotente secondo una concezione greca ma, appunto, biblica.
Il suo comportamento nella storia e le sue risposte al problema gridatogli in faccia da Giobbe testimoniano di un Dio onnipotente nell’amore, un’onnipotenza però dai tratti deboli. Egli non obbliga e non forza le risposte da parte dell’interlocutore, ma attende una risposta libera dall’uomo responsabile delle proprie azioni.
In una concezione non fissista del cosmo, secondo Borsato, Dio non interviene nella storia dal di fuori, ma accompagna il cammino dell’uomo stimolando la sua responsabilità affinché prenda in mano le varie situazioni e si dia da fare per risolverle. Dio è “altro” dal mondo, ma è presente al suo interno non mescolandosi panteisticamente con esso, ma accompagnandolo con un’azione stimolatrice.
Il male è presente fin dall’inizio del mondo, realtà non perfetta all’inizio, ma solo alla fine. Dio lotta contro il male e l’uomo deve fare altrettanto, combattendolo in tutte le due forme (violenza, peccato, malattie ecc.).
Dio opera (secondo Borsato, “solo”) attraverso la risposta positiva dell’uomo che accoglie le sue stimolazioni. «Dio non ha altre mani che le nostre mani…». Il testo della canzone lo convince (anche se non convince altri, ricordo al riguardo l’idiosincrasia del card. Biffi).
Se il cammino della storia, con connessa presenza del male, è in mano alla responsabilità operosa dell’uomo chiamato a vivere nell’amore e nell’apertura all’altro, la preghiera si presenta non come una continua petizione tendente a piegare Dio alla soluzione dei problemi umani, ma come stimolazione continua e personale di ciascuno alla propria responsabilità, per attivarsi in funzione della soluzione dei problemi.
Dalla preghiera, intesa come meditazione profonda che rapporta la parola di Dio al vissuto quotidiano e ai propri doveri nel mondo, nascono le attivazioni delle risorse umane che possono operare miracoli nel quotidiano, veri e propri miracoli, anche se non miracolosi o miracolistici. I miracoli ci sono anche oggi, ma sono i prodigi dell’amore messo in atto per la pace, la solidarietà ecc. e non vanno intesi quali violazioni delle leggi naturali. E poi, perché Dio dovrebbe ascoltare alcuni malati e non altri/tutti?
Dio è “altro”, l’“Altro”, trascendente, non perché lontano dagli uomini, ma perché diverso – altro – dai loro pensieri, che spesso sono preda dell’egoismo e del delirio di onnipotenza dell’io umano assolutizzato nella chiusura in se stesso. Ogni uomo ha bisogno di Dio perché ha bisogno della trascendenza. Non una trascendenza solamente divina, ma “umana”. L’uomo si trascende quando si apre all’altro. Nell’amore fra uomo e donna, ad esempio, l’io perde il controllo pieno di se stesso, per aprirsi alla diversità dell’altra persona, così come ci si deve aprire, “trascendersi” verso una cultura o un pensiero religioso diverso dal proprio.
Di fronte alla realtà, la Chiesa è chiamata oggi a uscire da un pensiero “completo” verso un pensiero incompleto. Espressione usata tre volte da papa Francesco in incontri di alto livello composti per lo più da gesuiti, ma intesa a dare un’indicazione di ermeneutica teologica valida per tutti, l’espressione “pensiero incompleto” intende alludere a un pensiero posto fra polarità opposte (Guardini), un pensiero che non esclude né oggettivo né soggettivo, dottrina e realtà – fatta spesso di dolore, cf. la Sirofenicia del Vangelo in rapporto alla “verità” sostenuta in un primo tempo da Gesù –, ma li tiene in tensione continua.
La dottrina serve per confrontarsi con la realtà ed essere soggetta allo sviluppo della comprensione sempre più piena del dato biblico e teologico messo a confronto con la realtà umana che cambia. Un pensiero esplorativo, inquieto, che tenta senza paura dell’errore in cui può incappare.
Non c’è cambiamento di dottrina, ma ricerca delle potenzialità presenti nel vangelo di Cristo che, pur chiuse in esso, non sono ancora venute alla realtà. Una legge del progresso, formulata bene da san Vincenzo di Lérins: “annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate/si consolidi negli anni, si dilati nel tempo, si sublimi con l’età”, cf. p. 115).
Con un’espressione folgorante papa Francesco dichiara: «La parola di Dio non può essere conservata in naftalina, come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere dai parassiti» (11 ottobre 2017).
Con linguaggio semplice, teologico-pastorale, Borsato tenta un’impresa davvero interessante, ineludibile addirittura oggi, pena la perdita completa delle nuove generazioni: il tentativo di riformulare il pensiero cristiano alla luce della Bibbia, in piena apertura all’uomo che oggi si sente responsabile e attrezzato scientificamente, ma che tuttavia non risulta più felice e più appagato solo per aver rinunciato alla pratica religiosa e, soprattutto, al bisogno di Dio, alla “trascendenza”.
Le formulazioni contenute in questo libro potranno essere affinate nel dialogo teologico, ma è innegabile che l’autore abbia indicato un’ottima pista di lavoro, lodata anche da Paolo Ricca nella sua prefazione.
Battista Borsato, Dio è onnipotente? Una riflessione teologica e pastorale. Prefazione di Paolo Ricca, EDB, Bologna 2019, pp. 136, € 12,00, ISBN 978-88-10-20485-6.
Atti 12:20-25
Un angelo di Dio colpì Erode,
Erode morì roso dai vermi.
In questo passo Dio è intervenuto.
Liberò Pietro dalle catene.
Distrusse Sodoma, dove c’erano violentatori
e prepotenti.
Intervenne con l’inondazione.
Gesù guariva dalle malattie.
Dire che “Dio non ha creato tutto perfetto all’inizio, ma ha fornito una spinta di vita perché il mondo evolvesse sotto la guida e la responsabilità dell’uomo” è in contraddizione con quanto avviene nel libro biblico della Genesi, ossia quello in cui si cerca di rispondere alla vera domanda fondamentale, che non è se Dio è onnipotente (se ha creato dal nulla l’universo e ha un controllo tale del sistema da potere decidere, con giustizia, a quali creature concedere la beatitudine eterna, la risposta a questa domanda, con ottima approssimazione, è: “sì”), ma: “se esiste un paradiso, perché Dio non vi ha direttamente collocato tutte le proprie creature viventi?”. La Genesi cerca di giustificare la scelta, da parte di un Dio onnipotente, di estromettere le creature viventi da un paradiso, sia pure terrestre. Giustificazione che, come chiunque può constatare, appare insoddisfacente, eufemisticamente parlando. Analogamente, stando a questa presentazione, questo libro cerca di giustificare l’immobilità di un Dio onnipotente di fronte a millenni di sofferenze della maggior parte delle sue creature, semplicemente descrivendo la situazione attuale, Dio che lascia che l’umanità cerchi di migliorare una “realtà non perfetta”, senza spiegare perché Dio non adotti la soluzione apparentemente più semplice, per combattere il male, ossia rendere la realtà perfetta.
Finché non veniamo condotti nel mistero della Trinità facilmente penderemo in mille modi dal lato della astratta teoria o da quello della riduttiva pratica. La storia è spesso un oscillare tra estremi vedendone quasi uno soltanto. E spesso è assente in questi sguardi la via comunicativa tra i due poli: lo Spirito. E allora anche l’apertura all’altro estremo termina in uno svanire reciproco. In un annullamento che fa comodo solo a pochi potenti che vogliono ridurre la persona a mero consumatore isolato e massificato. Anche in campo scientifico si avvertono tali difficoltà.
Solo in Cristo, Dio e uomo, siamo sulla via che ci orienta verso l’equilibrio trinitario. Un’educazione che continui a privilegiare un estremo, l’identità o l’incontro senza tenere in considerazione, nei tempi e nei modi adeguati, anche l’altro nello Spirito può diventare, come accennato sopra, pericolosa.
Interessante la recensione di Borsato. Potrebbe aprire una nuova ” luce” e comprensione della nostra fede cristiana