Questo comandamento, spesso legato al sesto (non commettere atti impuri) e al decimo (non desiderare la roba d’altri), prima di indicare una virtù, vuole essere tutela di una convivenza rispettosa tra individui e famiglie. Gli interlocutori delle indicazioni morali, nei popoli antichi, erano dirette agli uomini; da qui l’accentuazione del non desiderare la donna.
La cultura moderna ha di fatto aggiornato l’invito: si dovrebbe dire non desiderare l’uomo, la donna e – cosa orribile – lasciare in pace i minori. Il mondo dei desideri non ha più barriere di genere, ma si espande, senza distinzione, alle cose e alle persone.
Non è in discussione l’attrattiva tra maschio e femmina, ma la l’instabilità dei propri sentimenti e desideri che spingono a cercare “altrove” affetti e vicinanza.
I dati che ci vengono forniti dalle statistiche dei matrimoni celebrati, delle separazioni e dei divorzi, delle convivenze prematrimoniali, indicano, senza ombra di dubbio, che l’instabilità delle relazioni sentimentali è in costante crescita.
Il Rapporto Istat del 2018 evidenzia che, tra i 25 e i 34 anni, non sono ancora sposati l’81% degli uomini e il 65% delle donne. Il confronto con i dati del censimento del 1991 certifica che sono oltre 3 milioni i coniugati in meno a vantaggio di un corrispettivo aumento di celibi e nubili. Tra il 2006 e il 2016, il numero delle nozze è diminuito del 17,4%; il rapporto sulla popolazione tra matrimoni e abitanti è passato dal 4,2 ogni mille abitanti a 3,4.
Il matrimonio civile viene scelto da più di una coppia su due (50,1,9%). La crescita è dovuta ai secondi matrimoni saliti dal 13,8% del 2008 al 19,9% del 2018 e alle nozze con stranieri passate dal 15% del 2008 al 17,3% del 1018. Le unioni civili nel 2018 sono state 2.800, diminuite rispetto al 2017 (erano 4.376), con prevalenza di coppie tra uomini (64,2%).
Variazioni rilevanti riguardano anche l’aspetto economico, con il regime in comunione dei beni che è passato dal 40,9% al 27%; si tratta di un calo di 13,9 punti percentuali in soli 10 anni.
Un mondo cambiato
Il comandamento “non desiderare la donna (o l’uomo) d’altri” appare e di fatto è fuori osservanza, perché la tendenza verso forme libere di relazioni più o meno stabili sono vissute come prassi normale e non peccaminose. Un tempo, in preparazione alla prima comunione e alla cresima dei ragazzi, si proponeva la confessione ai genitori. Oggi non è più possibile, perché le cosiddette famiglie “irregolari” possono superare il 50% dei comunicandi e cresimandi. Senza parlare dei futuri sposi i quali, per oltre il 90%, già convivono.
Si tratta di instabilità, di fragilità, di superficialità, di tendenze deviate?
Sono convinto che la prassi di non osservare il nono comandamento abbia la sua radice nella fragilità relazionale che attanaglia giovani e meno giovani.
La partenza è nell’infanzia. Il bimbo o la bimba sono talmente curati, seguiti, diretti dai propri genitori da far sentire il futuro adulto come unico al mondo. Sarà il più intelligente, il più forte, il più amato, il migliore risultato dell’umanità.
Questa sensazione, avvalorata dall’esaltazione del mondo delle comunicazioni, in realtà non abitua alla solitudine, al dolore e alla fatica, ma spinge verso il futuro per trovare l’equilibrio che si ritiene giusto. Non si tratta di addestrare pretoriani e soldatesse, ma abituare alla vita che è fatta di successi, ma anche di sconfitte.
La meraviglia consiste nel constatare che, ad una maggiore libertà di movimenti, di simpatie, di relazioni non sono seguite stabilità, maturità, responsabilità, ma lo sciogliersi in avventure non sempre a lieto fine. Eppure ciascuno cerca per sé e per i propri cari sicurezza e, alla fin fine, felicità. Desiderare la donna o l’uomo d’altri – a differenza di quanto si crede – indica che la relazione, l’intimità, l’amore con chi si è scelto e amato è già fallito: nessuno abbandona ciò che ama, sia esso giocattolo, proprietà, affetti, relazioni, intimità.
Questa fragilità non è sconfitta nemmeno dall’esperienza. Veder falliti matrimoni dopo lunghe convivenze prematrimoniali, così come constatare separazioni e divorzi in età mature, lascia senza parole.
La linea spirituale
Le indicazioni della dottrina cristiana, a proposito di desideri, non ha dubbi sulla condotta da tenere nel rispetto delle cose e delle persone. È citato sempre il passo di Esodo 22, 17 con il quale si proibisce il desiderio, oltre che della roba, anche della «moglie del tuo prossimo, dello schiavo, della schiava, del bue…». Il Vangelo di Matteo è esplicito: «Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5,28).
Nella prima lettera di san Giovanni l’orizzonte si allarga ad una spiritualità che coinvolge tutta la vita, dedicata alle cose del cielo. «Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno» (Gv 2, 15-17).
Alla bramosia della carne è in genere associato il piacere dei sensi, con la propensione alla libidine, compresa l’esagerazione nel mangiare e nel bere, caratteristiche molto diffuse (si pensi all’attenzione spropositata al cibo). La bramosia degli occhi, secondo s. Agostino, può indicare curiosità e superficialità attente alle apparenze. Infine, l’orgoglio della vita riguarda la sicurezza nella propria esistenza terrena, tralasciando ogni impegno verso il mondo dello spirito.
Le risposte
Non è facile indicare vie percorribili per attenuare l’irrequietezza e l’instabilità dei sentimenti e dei desideri.
Il Catechismo della Chiesa cattolica indica nella purezza del cuore e nella temperanza le condizioni che attivano il pudore per una vita santa, secondo il Vangelo.
Tali indicazioni vanno sorrette da un equilibrio affettivo, senza il quale le virtù stentano ad essere praticate.
La prima condizione è vivere uno sviluppo affettivo equilibrato. La fase della vita, dopo la pubertà, è un momento delicato perché la spinta all’attrazione tra maschi e femmine è forte e tumultuosa. È molto instabile e poco razionale. Procura grandi entusiasmi e grandi delusioni. Si può dire che fa parte della ricerca di affetti stabili e rassicuranti. A volte si avvinghia in un percorso che porterà al matrimonio: importante che non si arrivi alle nozze con le pile scariche, perché il matrimonio (se ci sarà) andrà a pezzi rapidamente.
Trovare il partner ideale esige tenerezza, comprensione, affinità, intimità, ma non solo. Il punto delicato è il costruire una “vita”, frutto del cambiamento reciproco, orientato a creare un nuovo equilibrio. Non si tratta soltanto di slancio, di interessi comuni, di procreazione. È qualcosa di più profondo. È indispensabile ricominciare daccapo, perché stare insieme significa pace, fiducia, gioia.
Ciò vale per il matrimonio e per la convivenza. Anzi, il matrimonio può essere celebrato solo dopo aver messo in atto (nel periodo della frequentazione) questo orientamento che non è solo spontaneità e leggerezza, ma coinvolge la volontà.
Gli antichi padri della Chiesa dicevano che il “desiderare” la donna d’altri diventa peccaminoso se coinvolge la volontà.
Purtroppo viviamo in un mondo di apparenze e (diciamolo) di facili costumi. Dalla mondanità si ricevono messaggi di desideri e di amori transeunti. Chi conosce un po’ questi mondi sa bene che ogni cuore umano va alla ricerca di un equilibrio che lo faccia star bene. Ciò che appare non corrisponde affatto a ciò che si vede.
In questo contesto, la spiritualità, suggerita insistentemente dai consigli evangelici, non cancella nulla degli equilibri umani. Si poggia su questi equilibri. Gli affetti, la reciprocità, sono dono di Dio, come ha suggerito il testo della Genesi: «Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra”» (Gn 1,27-28).
Il risultato di questa vicinanza è frutto di una comprensione reciproca che non è solo spontanea, ma anche paziente, attenta, delicata, costruita. Senza la tendenza a costruire unità, né la presenza di figli, né le condizioni materiali riescono a reggere nel tempo.
Quando si celebrano i 25 o 50 anni di matrimonio, la tenerezza di quegli sposi adulti è simile a quella di adolescenti, perché si percepisce un’unica vita vissuta insieme.
Vinicio Albanesi: I Comandamenti