Siamo passati dall’esercito dei selfie a quello dei single. Il primo (il selfie o autoscatto) ricorda una canzonetta del 2017, il secondo (il single o chi vive da solo) è l’immagine che esce dall’indagine Istat resa nota il 31 dicembre scorso. Logica conseguenza di un processo iniziato da tempo.
Diceva la canzonetta: «Siamo l’esercito del selfie… non abbiamo più contatti, soltanto like a un altro post»; che è come dire che una bella fetta di popolazione si relaziona principalmente con, e attraverso, il suo smartphone. Abitudini che sembrano essersi fatte stile di vita, disabituando alla relazione.
L’immagine dell’Italia è proprio questa: una famiglia su tre è unipersonale, ossia costituita da una sola persona. Pensiamolo, camminando per strada: una casa su tre di quelle che vediamo è abitata da single.
Secondo l’Istat le famiglie italiane sono 25 milioni e 700 mila e «sono sempre più numerose e sempre più piccole». Ben 8 milioni e mezzo sono infatti i nuclei costituiti e dichiarati all’anagrafe come unipersonali.
Un altro terzo delle famiglie italiane è formato da due persone: sono o una coppia senza figli o un genitore con un figlio a carico.
Solo due famiglie su dieci costituiscono la classica famiglia di quattro persone: il che la dice un romantico retaggio del passato, oggi limitato a un quinto dei nuclei familiari (5.140.000).
Questi dati fanno da contraltare all’altra caratteristica italiana: il continuo diminuire della natalità. Nel 2018 i nati si sono fermati a 439 mila e 747: il nostro minimo storico dall’Unità ad oggi. E non può che essere così dato che i single non vivono in coppia e, tendenzialmente, non fanno figli. E se lavorano, non hanno tempo e modo di prendersi cura dei genitori quando invecchiano o si ammalano.
Perché, se i giovani diminuiscono e i nati colano a picco, le persone anziane, invece, sono cresciute a tal punto d’aver fatto dell’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo. Ogni cento persone con meno di 15 anni ce ne sono 173 con 65 anni e più.
La longevità è una gran bella notizia in sé. Dice che la speranza di vita alla nascita, ossia la vita media, è risalita e si attesta ora sugli 80,8 anni per i maschi e 85,2 per le femmine. Anche il numero dei decessi è diminuito, fermandosi a 633.133 (193.386 morti più delle nascite).
Famiglie più piccole con una o due persone, vita più lunga, posti di lavoro risaliti ai livelli precrisi (2008), ma con la differenza di essere soprattutto a tempo determinato, scattano la fotografia di un’Italia con famiglie più libere dai legami familiari rispetto al passato, ma anche più povere. Tanto è vero che le famiglie in povertà assoluta sfiorano i due milioni (il 7%), comprendendo 5 milioni di persone. Molte di queste famiglie sono formate da un adulto con un minore a carico.
Non si tratta solo di curiosità: questi numeri delineano il nostro oggi e tratteggiano il futuro che ci aspetta. È un disegno credibile, fondato sulla forza dei dati e non sull’astrattezza di tante previsioni che ad ogni inizio anno imperversano su riviste e TV.
Ebbene, questi numeri ci fanno intravedere un domani in cui non solo il lavoro delle fasce giovanili ma soprattutto l’anzianità sola e la salute saranno, per i gli amministratori di tutti i livelli, le voci di primaria urgenza ed emergenza.
Simonetta Venturin è direttore de Il Popolo di Pordenone. Agenzia SIR, 8 gennaio 2020.