Da circa trent’anni si isola in un ufficio luminoso e insonorizzato. Ora l’Orient-Express passa sotto le sue finestre, da quando le edizioni du Seuil hanno traslocato al 19° arrondissement.
Laure Belloeuvre, nome quanto mai azzeccato, ha il difficile compito di leggere i 3.500 manoscritti che arrivano, via posta, ogni anno, alle edizioni francesi du Seuil. Il loro numero in questi anni è in continuo aumento. «Modificando il rapporto con la scrittura, l’informatica ha cambiato la situazione. Il livello si è un po’ abbassato. Si scrive di più e si legge di meno, lo si percepisce. La scrittura è anche il prodotto della lettura». Anche i temi, i soggetti e le storie variano. «Il servizio dei manoscritti è un po’ la cassa di risonanza della società», aggiunge Laure.
Sono gli uomini in numero maggiore a buttarsi e i parigini sono più coraggiosi dei provinciali nell’accettare la sfida. Gli apprendisti autori utilizzano diversi metodi di approccio: dalla lettera laconica (alcuni dimenticano addirittura di riportare il proprio indirizzo) alla domanda di matrimonio; dal mazzo di fiori alla richiesta di un appuntamento per spiegare le proprie buone ragioni; dal semplice curriculum vitae al pacco con formaggio e bottiglia di vino…
Funambola sul mio filo sottile
Passata questa soglia, il lavoro di Laure Belloeuvre comincia dallo sfogliare. Apre i manoscritti, uno ad uno, umetta un dito e sfoglia fino a 30 pagine per “provare la temperatura”. «Quando non c’è né sintassi né filo narrativo, inutile continuare. Prendo in considerazione i testi dalla scrittura accurata, elaborata, dove colgo una certa esigenza letteraria, per consacrarmi maggiormente ad essi una volta terminata questa prima scrematura». Il suo occhio ascolta: «Sono molto sensibile alla musicalità delle frasi».
Quando ha iniziato, negli anni Settanta, questo servizio impiegava due persone e mezzo, con il supporto di sei lettori esterni. Trent’anni dopo, l’effettivo si è ridotto sempre più. Oggi è rimasta sola alla sbarra.
«Funambula sul mio filo sottile, devo rimanere concentrata. Non smetto mai di passare da un universo all’altro, da uno stile a un altro. È al contempo appassionante e faticoso. Per combattere la saturazione, mi riservo delle pause regolari, proprio per far riposare gli occhi. A questo scopo distribuisco anche nel tempo le mie vacanze». Passare ore e ore a subire testi, per lo più brutti, richiede una certa forza morale. «È un’ascesi. Mi sento come una monaca benedettina. A volte ho come l’impressione di essere entrata nella vita religiosa».
3.500 candidati, uno solo verrà scelto
Una volta alla settimana, il rituale del “piccone” mira a togliere i suoi dubbi. Laure si riunisce con uno degli editori della casa. Insieme soppesano punti forti e debolezze del testo loro sottoposto. Quando il richiedente esce vincitore da questo esame che può durare anche tre ore, gli resta l’ultima prova, l’ultimo gradino, decisivo o fatale, del comitato di lettura, il martedì mattina. Tutto lo stato maggiore del Seuil è convocato. Tredici persone attorno al tavolo. In un’ora, dopo presentazioni argomentate, la decisione è presa. «Non è mai la decisione del capo – assicura Laure Belloeuvre –, ma una vera deliberazione democratica, da dove deve uscire un consenso, cosa che non esclude i giochi di potere…».
Evidentemente, 3.500 candidati per un solo scelto, fa capire la frustrazione di colei che deve, prima, scartarne il più grande numero, tuffarsi in manoscritti indigesti, insulsi, poveri, poi sostenere e difendere quelli che sono riusciti a sedurla. «Ho i miei momenti di traversata nel deserto…», confessa.
“Un rifiuto è sempre violento”
Momenti, però, ricompensati da grandi fortune. Come quando scopre e con stupore ed entusiasmo si affretta a comunicare a tutti i colleghi E l’ombra porta con sé i suoi passeggeri, di Marin Tince, che uscirà dal suo ufficio come rivelazione letteraria nel settembre 2019. «Scoprire un autore è un mestiere meraviglioso, sapete…».
Stessa felicità per aver portato fino alla pubblicazione Mogok, di Arnaud Salaun, che uscirà in primavera.
Per i bocciati, le risposte variano dalla lettera-tipo alla missiva più circostanziata. «Un rifiuto è sempre traumatico per colui che attende una risposta necessariamente positiva. Non c’è nessun motivo per essere brutali verso chi ha messo tanta speranza nel suo manoscritto. Ma la reazione può diventare un dialogo tra sordi. Alcuni arrivano agli insulti, alle minacce».
Le succede tuttavia di non abbandonarli tutti; di seguirne alcuni, di consigliarli, di accompagnarli per qualche mese. E la sera, cosa fa dopo queste lunghe giornate di lettura? «Leggo con gusto dei buoni libri».
Nostra traduzione dal francese. Articolo pubblicato su La Croix, 8 gennaio 2020.