«L’Unione Europea (UE) è dall’origine un progetto di pace e di riconciliazione» e i suoi dividendi sono ben presenti in questi 70 anni di sviluppo, diritti e benessere: così si esprime il card. Reinhard Marx, vescovo di Monaco e presidente della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione Europea), introducendo un documento dal titolo Promuovere la pace nel mondo: vocazione dell’Europa. Discusso nell’assemblea del 2-3 marzo scorso è stato pubblicato il 16 giugno e rappresenta il contributo dei vescovi cattolici dell’UE all’elaborazione di una futura strategia globale dell’Unione sulla politica estera e la sicurezza.
Il tema della sicurezza e della pace non è più una semplice questione di scuola. Il conflitto col Califfato in Siria, Iraq e Libia, l’occupazione russa della Crimea e la guerra dimenticata delle zone orientali dell’Ucraina, l’urgente richiesta di copertura della NATO da parte della Polonia e dei paesi baltici, l’affermazione del leader inglese, Cameron, sulla possibile uscita della Gran Bretagna dall’UE come riapertura del vaso di pandora dei nazionalismi e delle guerre, sono alcuni segnali che fanno del compito della pace un’urgenza per il nostro continente. Fra gli allarmi inquietanti il documento ricorda anche le nuove forme di terrorismo, gli imprevisti consensi alla violenza fondamentalista fra il ceto giovanile europeo, le minacce ibride, cioè operazioni di grave destabilizzazione legate alla cyber criminalità, allo spionaggio e alla disinformazione, la pressione delle masse di migranti e rifugiati che fuggono dalla guerra, dai condizionamenti del cambiamento climatico e dalla povertà, in particolare dall’Africa e dall’Asia, come pure il blocco di iniziative internazionali come l’arresto del processo di Doha per lo sviluppo o la riforma del Fondo monetario internazionale.
Tutto questo rimanda ai valori fondanti dell’Unione Europea e alla sua responsabilità storica in ordine a una cultura di ascolto e di comprensione reciproca. Tre i pilastri di una politica di pace europea: l’azione preventiva dei conflitti, la pace attraverso la giustizia, la pace in ordine alla sicurezza.
All’azione preventiva appartiene il compito di affrontare il terrorismo non solo in termini di servizi segreti e di polizia, ma anche da un punto di vista sociale, culturale e religioso. Così pure la segnalazione delle instabilità regionali alla cui soluzione la diplomazia europea e il partenariato strategico possono partecipare con tutte le forze in campo. Lo sviluppo di un approccio globale e responsabile per la politica delle migrazioni richiede l’attenzione allo sviluppo e alla cooperazione. La tragica esperienza delle guerre balcaniche ha richiamato la necessità di favorire i processi di riparazione e la gestione successiva ai conflitti.
La pace è intimamente legata alla giustizia, alla durata e solidarietà nel bene comune. I diritti dell’uomo, la pace religiosa e il dialogo politico ne sono corollari coerenti. A questi si deve aggiungere l’aiuto alla collaborazione e allo sviluppo, una politica commerciale internazionale che non sia al traino del liberalismo economico, il sostegno a sistemi fiscali giusti, la chiusura dei “paradisi fiscali”, l’impegno ecologico e una migliore gestione delle risorse energetiche.
Il diritto alla sicurezza comporta la legittima difesa, ma l’uso della «forza militare deve essere considerata come l’eccezione e va strettamente regolata nel quadro del diritto internazionale». Rispetto alla richieste di prendere atto di possibili minacce esterne, l’indicazione è per una progressiva integrazione dell’industria della difesa europea entro una strategia globale di disarmo e di controllo delle esportazioni d’armi. Le risorse per la difesa devono essere proporzionate e pertinenti. «Se vanno elaborati mezzi adeguati per ovviare a nuove vulnerabilità, in particolare nell’ambito della sfera cibernetica, l’UE non deve, dal punto di vista etico, promuovere ricerche in materia di tecnologia e di armamento, comprese quanto concerne i sistemi di armi autonome letali… In ordine ai droni armati, l’UE deve dirigere gli sforzi per un accordo internazionale che garantisca trasparenza e responsabilità rispetto al loro utilizzo».
Il testo si chiude con 22 raccomandazioni che riprendono i temi essenziali prima sviluppati. La 21a riguarda il ruolo delle Chiese e delle comunità religiose: «Riconoscere e prendere in considerazione il ruolo delle Chiese e delle comunità religiose nella prevenzione rapida dei conflitti, la lotta contro il fondamentalismo e la gestione delle situazioni successive agli scontri; rafforzare il dialogo fra l’Unione Europea e le Chiese e le comunità religiose».