Via crucis composta dalle persone detenute, uomini e donne, nella Casa circondariale “Rocco D’Amato” di Bologna. Le immagini sono di Maximino Cerezo Barredo
La reclusione è una via di croce. Può condurre alla disperazione o può, nella fede, aprire all’orizzonte della Pasqua.
Le brevi riflessioni che accompagnano questa via crucis sono maturate nei gruppi di Vangelo, presenza della Chiesa in carcere per condividere la Parola, le gioie e i dolori, le angosce e le speranze e progredire insieme sulla via della libertà.
I riferimenti diretti alla condizione di reclusi, in alcuni passaggi, sono inevitabili quanto sarebbe stato insipido proporre riflessioni sconnesse dalla propria condizione di vita.
Quattordici stazioni di un cammino che ne conta molte di più, ricapitolate tutte nell’unico “stare” di Cristo con noi, che tutte le apre alla speranza della risurrezione.
Gesù le percorre da innocente. Nessuno di noi può dire altrettanto. Noi certamente no.
Non le percorre da eroe che ci umilia nella nostra colpa, ma da fratello che prende su di sé il nostro giogo di croce perché non abbiamo a soccombere.
Grazie a tutte le sorelle e i fratelli che si sono “aggiogati” a lui e a noi senza soggiogarci. E senza mai perdere la speranza.
Prima stazione
Gesù è condannato a morte
Pilato segue l’onda dell’opinione pubblica, si lascia intimidire. Il suo estremo tentativo di mandare libero Gesù fallisce. Gesù è solo, in piedi; attende la sentenza, che lo condanna pur non avendo egli “fatto nulla di male”. La lettura della sentenza in tribunale ti raggiunge in piedi e ti mette in ginocchio; ti costruisce intorno una solitudine mai provata, anche se confidi che le persone più care ti accompagnino. Ma sai bene che i molti, come è successo a Gesù, ti volgeranno le spalle.
Accade anche fuori dai tribunali dove sentenze pronunciate da sussurri pettegoli e rancorosi, o dalle pietre virtuali eppure contundenti di Internet, umiliano ancora troppe persone.
Noi abbiamo subìto una condanna non per invidia, ma – come dice il buon ladrone – “giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni”. Tuttavia, nell’espiazione di questa condanna la nostra vicenda ci fa sentire Gesù vicino: lui non ci abbandona. Egli accetta una condanna, frutto di ingiustizia e persecuzione, per condividere la nostra e impedire che sia soltanto alienazione del corpo e della mente. O addirittura annientamento. Questa è per noi la vera condanna e la nostra crocifissione.
Signore, che hai umiliato la prepotenza e l’orgoglio dei tuoi persecutori
proteggi i poveri, libera gli oppressi, concedi a tutti gli uomini la gioia pasquale.
Cristo innocente,
sostieni i condannati e i perseguitati a causa della giustizia e della fede.
Signore Gesù, hai accettato di percorrere la strada di coloro che innocenti non sono per essere in tutto e per tutto “uno di noi”,
accogli la preghiera di noi peccatori.
Seconda stazione
Gesù è caricato della croce
Nella libertà che i nostri padri e le nostre madri ci hanno guadagnato a caro prezzo, ci permettiamo di lasciarci appena sfiorare nelle emozioni dalle notizie e immagini di popoli oppressi da poteri iniqui, politici, economici, spirituali.
La tirannia del potere provoca condizioni devastanti e chi ne è vittima subisce prepotenze e abusi di ogni genere. L’oppresso vive nell’inquietudine, subisce senza sapere come reagire e l’impotenza è deprimente. Gli abusi piegano l’animo dei deboli e lasciano segni indelebili, come la croce su Gesù. Ci impedisce di soccombere la fede in Gesù, che ha subìto su di sé l’oppressione della prepotenza. E oggi di nuovo Gesù prende su di sé la croce di tutte le sopraffazioni, prende posto tra gli oppressi. Se noi restiamo tra gli indifferenti, tra quanti non si danno premura dei diritti e delle aspettative dell’oppresso ci troveremo lì dove lui non c’è.
Signore, mite e umile di cuore
rendi soave il giogo e lieve il peso di chi si trova sulla via della tua stessa croce.
Cristo, tu hai vissuto la nostra condizione umana,
sostieni i vacillanti, consola gli afflitti, libera gli oppressi.
Signore, oggi ti adoriamo caricato di una croce
fa’ che domani e sempre ci carichiamo noi della croce altrui e non il nostro prossimo della nostra.
Terza stazione
Gesù cade per la prima volta
La prima caduta fa male anche dentro. Ci siamo creduti più forti, più astuti, più coraggiosi. E poi il tonfo che ti accascia; l’umiliazione che ti toglie il fiato per chiedere aiuto.
Gesù ha voluto condividere la nostra vita e cade a terra sotto il peso di ogni croce. Si lascia trascinare dalle cadute della nostra vita, in particolare di quelle che non riusciamo a capire o ad accettare, perché ci sembrano ingiuste o troppo dolorose. Un lutto improvviso, una rapporto lacerato, un abbandono. La solitudine.
Di fronte a simili eventi, riconducibili o meno alla nostra responsabilità, reagiamo con la rabbia, la ribellione e il lamento. Gesù, anche se innocente, “non apre bocca”. Non recrimina e, con umiltà, si rialza. Non lo fa per eroismo, ma perché, aggrappandoci a lui, possiamo rialzarci anche noi.
Signore, mite agnello,
perdona i nostri peccati in pensieri, parole, opere e omissioni.
Cristo, mite e umile di cuore, rendici docili nell’accettare le nostre cadute
e donaci il coraggio per risollevarci.
Signore, tu non vuoi l’umiliazione del peccatore, ma che si converta e viva
rialzaci quando cadiamo sotto il peso del male.
Quarta stazione
Gesù incontra sua madre
Può forse una donna abbandonare il frutto delle proprie viscere? Può una madre lasciare che il proprio figlio percorra vie di croce da solo? Ha penato una vita perché quelle vie gli fossero risparmiate. Gli ha insegnato i sentieri della giustizia e le vie della salvezza. Ma anche quando scopre di non averlo salvato dalle vie dolorose, lei è lì per dargli nuovamente la vita, per dargli una vita nuova.
Trovarsi strappati dalla propria madre è ancora poco in confronto al dolore della madre che si vede strappare il figlio. Lo sappiamo bene e con dolore noi che, per le nostre colpe, viviamo lontano dalla nostra famiglia e abbiamo lasciato figli lontani dal padre e dalla madre. Sappiamo bene, e con speranza, che la dedizione e l’amore di una madre non si esaurisce di fronte a nessuna prova o dolore arrecato da un figlio. Quando il dolore è di una madre, è sempre dolore di un parto, che genera vita.
In un dialogo immaginario così Gesù si rivolge a Maria:
«Nei tuoi occhi, madre carissima, leggo tutta la disperazione che vivi in questo momento per la condanna e il sacrificio al quale sono stato consegnato.
Mi hai cresciuto con amore e ora i tuoi occhi sono impregnati di tristezza per la sorte che mi aspetta. Il tuo dolore è fecondo e apre le porte della vita a chi sulle strade della vita si è smarrito e cerca me».
Signore, Figlio del Padre,
non permettere che nessuno vada perduto dei fratelli che ti sono stati affidati.
Cristo, nato da Maria Vergine,
la nostra vita di figli sia onore per i nostri padri e le nostre madri.
Signore, Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo,
donaci la fede per rinascere alla vita di figli.
Quinta stazione
Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene
L’incontro di Gesù con Simone di Cirene è un’incontro silenzioso: la Parola, che è Gesù, e la carità di Simone si incontrano nel silenzio. Una silenziosa lezione di vita. Non è Dio il mandante della sofferenza né è l’autore del nostro male, ma ci indica che portare gli uni i pesi degli altri, condividere la sofferenza nella fede è via di croce sì, ma di salvezza. L’accettazione della sofferenza, così come l’accettò Gesù, non sia rassegnazione né martirio, ma l’incontro con la verità delle nostre ferite e la capacità di affidarle a Gesù.
La croce della nostra vita, alla quale siamo appesi a volte dai nostri stessi errori, non è paragonabile a quella di Gesù. Anche noi però incontriamo tanti Simone di Cirene che ci sorreggono nelle nostre vie crucis. Ci aiutano tutti coloro che portano la parola di Dio perché ci mostrano il volto della misericordia e del perdono e così «il suo giogo è leggero».
Signore vogliamo essere tuoi discepoli per essere capaci di portare la croce tutti i nostri giorni; la porteremo con speranza perché sappiamo che tu la porti con noi come Simone di Cirene la portò con te, certi che la meta non è il Calvario, ma la Pasqua di liberazione.
Signore, aiutaci ad ascoltare la tua parola.
Essa ci aiuta a capire e avere fede così che la speranza non muoia mai.
Cristo, porta con noi il peso della croce.
Il tuo perdono riscatti le nostre sofferenze perché non sono inutili.
Signore, fedele e misericordioso verso di noi.
Donaci di avere misericordia per noi stessi e ad accettare nella fede la nostra croce.
Sesta stazione
Veronica asciuga il volto di Gesù
Cristo e la Veronica: sguardi che si incrociano, sofferenze che si comprendono, cuore che si apre, amore che rompe ogni divieto. Una madre, una donna davanti a tanto orrore non resiste, rompe ogni regola, supera ogni ostacolo, prende forza e coraggio per fare quel poco che è nelle sue possibilità: asciugare, pulire quel volto trasfigurato, donare un po’ di tenerezza tra tanto odio e tanta bruttura; far riaffiorare il volto del figlio amato.
Signore quante vie della croce dobbiamo ancora percorrere per non vedere più volti come il tuo, trasfigurati dall’odio razziale, dall’egoismo, dalla cupidigia, dalla sete di potere?
Signore, cura i nostri occhi
per vedere la sofferenza sul volto del fratello.
Cristo, donaci il coraggio delle donne
per infrangere i cortei degli aguzzini e i cori di quanti li applaudono.
Signore, liberaci dall’abitudine che sbiadisce la tua immagine sul volto del fratello
e mostraci il tuo volto.
Settima stazione
Gesù cade per la seconda volta
La seconda caduta fa più male della prima. Il carcere si fa più chiuso la seconda volta. Ci dimentichiamo dei colori della vita, ma restiamo sorridenti. Sappiamo che le cadute ci lasciano cicatrici indelebili, ma Gesù che cade come noi e si rialza portando la croce fino al Calvario è la tenerezza della speranza che cura il nostro cuore.
Signore Gesù, se tu cadi è perché noi cadiamo. Le nostre vite a volte appaiono senza via d’uscita. I pregiudizi, il risentimento, la sfiducia induriscono i nostri cuori e ci schiacciano a terra. Come hai fatto tu, anche noi cerchiamo ogni volta di rialzarci fino a quando ci rialzeremo per sempre con te dal tonfo della morte.
Signore, fa’ che non induriamo i nostri cuori davanti all’odio, i pregiudizi e le ingiustizie
ma come te riusciamo quotidianamente a rialzarci.
Cristo, fa’ che possiamo tenere gli occhi, il cuore, le orecchie sempre aperte
per trovare la sapienza del tuo Spirito che ci aiuta a non inciampare.
Signore, insegnaci a rialzarci quando sbagliamo
e a non essere mai di inciampo per i nostri fratelli.
Ottava stazione
Gesù consola le donne di Gerusalemme
Gesù non è stato indifferente e, pur nella sua grande sofferenza, ha capito il dolore delle donne arrivate a Gerusalemme per accompagnarlo alla sua ora estrema, trovando la forza di consolarle.
Tutti abbiamo bisogno di essere consolati perché tutti soffriamo. Per le nostre colpe, per le colpe altrui, o semplicemente perché questa è la vita.
La durezza del carcere, come la durezza della vita, ci spingono a indossare maschere per nascondere il bisogno di essere consolato. Ma se lasciamo trasparire la nostra afflizione e sappiamo ascoltare, dietro le maschere, il grido di invocazione che viene dal fratello, allora si verificano prodigi di umanità. E il legno secco torna legno verde.
Signore Gesù, quando mi trovo nella tristezza e ho bisogno di conforto,
stammi vicino con la tua Parola.
Cristo Gesù, fa’ che ascoltiamo il tuo invito a riconoscere le nostre responsabilità nei mali che affliggono il mondo,
trovando la forza di cambiare per rendere migliore la vita nostra e degli altri.
Signore Gesù, dona la tua beatitudine
a quanti consolano gli afflitti.
Nona stazione
Gesù cade per la terza volta
Quando siamo caduti non tre, ma più volte; quando le cadute ormai ce le aspettiamo; quando basta un solo piccolo sasso per darci di inciampo; quando perdiamo la voglia di rialzarci per il timore di cadere nuovamente; quando la nostra sola buona volontà non basta e lo sappiamo; quando inutilmente cerchiamo di tirarci su per i capelli; quando ci diamo per persi, Gesù accetta di cadere ogni volta dal suo cielo perché la nostra vita non sia senza cielo. E non avrà finito di ascendere al cielo finché non porterà con sé l’ultimo uomo caduto a terra.
Gesù, cadi per la terza volta sotto il peso della croce, resa insopportabile dalla grande sofferenza, fisica e spirituale, dell’umanità.
La tua croce è insopportabile, come la nostra, perché è la nostra.
Signore Gesù, se sono stato pietra di inciampo per qualcuno dei miei fratelli,
perdona il mio peccato e convertimi perché io sia di sostegno al debole.
Cristo Gesù, quando tutto sembra crollarmi dentro,
mostrami la tua compassione e porgimi sostegno.
Signore Gesù, tu conosci la fatica della croce, tu conosci anche il mio abisso,
tu conosci anche i gesti e le parole per risollevarmi.
Decima stazione
Gesù è spogliato delle vesti
Quando ci spogliamo per indossare un vestito migliore pregustiamo la gioia di sentirci ammirati. Quando veniamo spogliati a forza, in nome della legge, in nome della sicurezza, in nome di una presunta proprietà sul nostro corpo, ci viene tolto insieme ai vestiti l’ultimo brandello di dignità che rimane.
Ancora oggi, il Figlio dell’Uomo viene umiliato dalla prepotenza che strappa di dosso le vesti, dal controllo che denuda e perquisisce, dalla violenza dentro casa e sulla strada che spoglia della dignità chi la esercita e chi la subisce, dallo stupro singolo e di massa.
Ogni spoliazione, ogni umiliazione si tira dietro una crocifissione.
Signore Gesù, donaci l’umiltà
e liberaci dall’umiliazione.
Cristo Gesù, spogliaci da ogni forma di violenza, fisica e morale
e rivestici della tua mitezza.
Signore Gesù, rivestici di te,
così nessuna umiliazione potrà mai privarci di questa nostra dignità.
Undicesima stazione
Gesù è inchiodato sulla croce
Gesù nel suo infinito amore chiede perdono al Padre per l’umanità tutta, anche per i suoi crocifissori.
Il tuo amore è così grande, il tuo perdono così sconvolgente da sembrarci impossibile poterlo accogliere.
Il tuo amore e il tuo perdono sono la tua vera onnipotenza, alla quale non hai rinunciato lasciandoti crocifiggere insieme a due malfattori!
Noi, come il ladrone al tuo fianco, non abbiamo nulla da presentare a te, Signore, se non il nostro cuore, aperto dal pentimento; nulla se non il nostro bisogno del tuo perdono.
Le tue mani inchiodate aperte alla croce non si chiudano mai più al nostro abbraccio e siano la promessa certa che siamo sempre da te accolti se anche noi non neghiamo mai il nostro perdono al fratello.
Signore, che hai affidato i tuoi crocifissori alla misericordia del Padre,
non negarci mai il tuo perdono e ricordati della tua misericordia.
Cristo, che hai perdonato la peccatrice perché ha molto amato,
rendici capaci di riparare con gesti di carità il male da noi fatto.
Signore, che al ladrone pentito facesti la grazia di entrare con te nel tuo Regno,
non abbandonarci alla tentazione di disperare del nostro peccato.
Dodicesima stazione
Gesù muore in croce
Dinnanzi alla morte di Gesù̀ c’è solo silenzio. Anche le nostre parole muoiono. Perfino i nostri sentimenti si raggrumano come acqua colpita dal gelo improvviso.
Vorremmo saper scrivere il silenzio per farne preghiera e accompagnare la contemplazione dell’abbandono che segna questo momento.
Mentre morivi gridando a Dio: «Perché mi hai abbandonato?» nascevi interamente alla nostra umanità segnata dalla solitudine e dall’abbandono. Mentre sperimentavi nella tragedia il silenzio di quel Padre che hai promesso avrebbe risposto sempre alle nostre preghiere, eri davvero nostro fratello, uno di noi che conosce la dolorosa esperienza dell’abbandono.
Nel frastuono incessante del carcere, nel silenzio che viene imposto ai nostri affetti, il cuore, per non soffrire troppo, è tentato di chiudersi nell’aridità. Ma anche quando tu ci sembri muto, sappiamo che mai sarai sordo alla nostra invocazione.
Dalla tua croce ci assicuri che hai preferito morire pur di non abbandonarci; hai preferito essere condannato come un malfattore piuttosto che condannare noi malfattori; hai preferito pensarti abbandonato da Dio piuttosto che pensare di abbandonarci.
Signore Gesù, tu, che sulla croce sei stato abbandonato ma non hai abbandonato,
conforta quanti si sentono nella solitudine e nell’abbandono.
Cristo Gesù, insegnaci a vivere nella preghiera e nella comunione col Padre le nostre solitudini,
nella certezza che mai ci abbandoni.
Signore Gesù, che nel momento della morte hai dato vita a una nuova famiglia, affidando tua madre a Giovanni,
insegnaci a costruire relazioni sempre nuove.
Tredicesima stazione
Gesù è deposto dalla croce
Tutto è finito. Non c’è più nulla da fare. Fallimento totale. Quale futuro c’è davanti a un morto?
Forse più volte, nel percorso della nostra vita, ci siamo lasciati andare alla disperazione. Forse più volte siamo stati spinti alla disperazione. Malattie senza guarigione, condanne senza un futuro, morti senza risurrezione. Non credere più in niente, non avere più nulla per cui lottare, per cui vivere, non stimarsi nemmeno più come persona.
Anche attorno a te, Gesù, c’è un vuoto disperato. Non c’è più nessuno. I tuoi discepoli si sono nascosti: uno ti ha tradito, uno ti ha rinnegato, gli altri se ne tornano a casa delusi perché tu li hai abbandonati.
Ma tu hai vinto tutto questo. E noi possiamo sperare.
Signore Gesù, che col tuo ultimo alito di vita hai detto «Tutto è compiuto»,
liberaci dalla tentazione di crederci dei falliti.
Cristo Gesù, alla tua morte la terra si è oscurata, e il velo del tempio si è squarciato;
squarcia il velo delle nostre tenebre e fai risplendere su di noi la tua luce.
Signore Gesù, deposto dalla croce hai conosciuto la compassione e la fede di chi ti è rimasto accanto,
mandaci incontro, nelle nostre depressioni, una madre pietosa e un Giuseppe di Arimatea premuroso.
Quattordicesima stazione
Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro
La disperazione depone un corpo morto nel sepolcro per metterci una pietra sopra e provare a smettere di soffrire smettendo di aspettarsi qualcosa. La speranza lo depone nel sepolcro come l’agricoltore depone il seme nella terra, attendendo la primavera.
Chi dispera dell’uomo rinchiude il malfattore e butta via la chiave. Chi spera nell’uomo si fa prossimo al fratello rinchiuso perché possa fiorire una vita migliore.
Smettere di attendere qualcuno, di attendere qualcosa, di attendersi qualcosa da qualcuno è il freddo di una tomba. Aspettare qualcuno, aspettare qualcosa, aspettarsi nonostante tutto qualcosa da qualcuno è il mattino del giardino della risurrezione.
Sentiamo su di noi lo sguardo di Maria, che osserva, in attesa, dove viene deposto il corpo del suo Figlio Gesù. Il suo sguardo non abbandona i suoi figli consegnati alla pena, nostra o altrui, meritata o non meritata, in attesa di vederci fiorire in creature nuove fino al giorno in cui sarà pienezza di vita nella risurrezione.
Signore Gesù, accogli le nostre sofferenze
come condivisione della tua passione.
Cristo Gesù, conforta tutti coloro che sperimentano la lacerazione di un lutto
e aiutali a vivere quel dolore in una attesa di fede nella risurrezione.
Signore Gesù, che hai dato la vita per noi,
accogli tutti coloro che danno la vita al servizio dei fratelli.
Grazie!
Grazie! Chiara