In una lettera del 24 febbraio il vescovo emerito di Orléans-Nanterre, Gérard Daucourt, manifesta amarezza per la vicenda di Jean Vanier. Ma anche tanta speranza.
Cari amici,
da quando sono state rese note le terribili rivelazioni riguardanti Jean Vanier, in molti mi avete manifestato la vostra simpatia e condiviso le vostre reazioni. Vi ringrazio molto per la vostra amicizia e per le vostre preghiere.
Sono io stesso sbalordito e prima ancora profondamente rattristato per le persone che hanno subìto violenza da parte di Jean e per le comunità dell’Arca colpite dallo scandalo e dalle quali molto ho ricevuto.
Rendo omaggio alle donne, che hanno avuto il coraggio di parlare affinché l’Arca trovi un cammino giusto e vero ed eviti così simili derive. Penso alle loro sofferenze. Sono edificato da quanto hanno fatto e scritto i responsabili dell’Arca, Stéphane Posner, Stacy Cates-Carney, Pierre Jacquand e mons. d’Ornellas, affinché emerga la verità. L’Arca sarà così più libera.
Un legame ferito
Segnato da una tristezza infinita, sono turbato e scosso. Tra Jean e me, da circa 50 anni, si era stabilito un legame molto forte. Egli mi ha molto sostenuto, molto aiutato. Lui e i membri delle comunità dell’Arca hanno segnato profondamente il mio ministero presbiterale ed episcopale, voi tutti lo sapete e l’avete constatato. Jean mi ha sempre dato consigli molto saggi. Mi ha anche impedito, una o due volte, di affondare quando le acque di grandi prove nell’esercizio del ministero hanno rischiato di farmi affogare. Sì, il bene che Jean mi ha fatto e ha fatto a tante persone è enorme e rimarrà.
Con lui e nelle comunità dell’Arca ho imparato cos’è la Chiesa: una comunità di misericordia e speranza, di festa, di perdono, di servizio, nella quale le povertà e le ricchezze sono condivise da tutti i suoi membri, i quali hanno bisogno gli uni degli altri (vedi lavanda dei piedi) per crescere e maturare.
Jean e l’Arca mi hanno guidato e tenuto nel cuore del Vangelo. La mia gratitudine è, rimane e rimarrà sempre grande.
Ora che devo fare i conti con questo lato nascosto di Jean, che è stato svelato, provo disorientamento pensando alle vette luminose raggiunte in passato. Cado nell’incredulità e nell’incomprensibilità. E tuttavia, quanto accaduto è vero, è verificato, è provato.
Quello che non riesco a comprendere
Se Jean aveva avuto dei comportamenti contrari alla castità e ad un corretto comportamento morale, l’avrei rimpianto senza giudicare, fin troppo cosciente di non poter, io, gettare la prima pietra. Ma si tratta di altra cosa: Jean ha attentato alla libertà e all’integrità di numerose donne. Ha abusato di loro nell’accompagnamento spirituale, anche sessualmente, e le ha fatte soffrire. Ciò è pienamente da condannare.
Ma non è tutto ed è qui che non comprendo più nulla. È grazie a padre Thomas che Jean ha iniziato queste pratiche scandalose. Egli ha aderito (almeno fino al 2005) alle teorie erotico-pseudo mistiche di questo religioso.
Jean Vanier, professore di filosofia, uomo di grande cultura, apprezzato a livello internazionale, amico e difensore degli oppressi e dei poveri, come ha potuto credere che queste teorie e pratiche così stupide e nocive avessero origine in un segreto confidato a padre Thomas (da Dio? dalla Vergine Maria? In ogni caso, in una sedicente esperienza spirituale generante una perversione)?
Un segreto che, per il momento, la Chiesa non può comprendere (disse padre Thomas che, all’epoca, non si sorprese quando Giovanni XXIII domandò a Jean Vanier di separarsi da padre Thomas, poiché questo papa non poteva capire!).
Il silenzio inaccettabile
Non so come Jean abbia potuto credere e vivere tutto ciò ed ascoltare questa “piccola voce della coscienza”, di cui ci parlava spesso. Se egli ha taciuto sui suoi atti e ha mentito dicendo di non conoscere quelli di padre Thomas, è perché giudicava comunque che tutto ciò era cattivo o perché pensava lui stesso che noi non avremmo potuto comprendere per il momento?
In ogni caso, è inaccettabile e supera la comprensione del Jean Vanier che ho amato, del quale ho conosciuto la profondità del messaggio e l’influenza della sua personalità. Eppure non posso che riconoscere questa terribile realtà, interrogarmi e accettare nella sofferenza di non avere una risposta.
Perché ha negato fino alla fine (salvo poco prima di morire, chiedendo perdono ad una delle persone, ma dicendole: “credevo che fosse una cosa buona per te”)?
Ho sentito qualcuno dire che Jean poteva essere uno schizofrenico smemorato, del quale alcune azioni non toccano più la coscienza. Non so se ciò ha un fondamento in psicologia e psichiatria. In ogni caso, ciò non toglie niente alla gravità delle azioni commesse, né alle sofferenze causate, né alla nostra desolazione. Ciò mostra anche come, dalla sua giovinezza alla sua morte, Jean ha subìto in modo incredibile l’influenza di padre Thomas.
Le rivelazioni fatte hanno delle conseguenze incalcolabili. Penso innanzitutto alle comunità dell’Arca e di Fede e Luce così scosse. Confido nel loro futuro, poiché ho la certezza che sono le persone portatrici di handicap che, con la loro semplicità e la forza di vivere il presente, ci aiuteranno tutti a crescere con la grazia di Dio. Presenza misteriosa di Gesù, che si è identificato con loro, i quali non sono tutti sorgenti di unità?
Tenere la barra nella tempesta
Questa vicenda è anche un duro colpo per la missione della Chiesa e per coloro che, fuori da essa, sono al servizio dei poveri, degli handicappati, degli esclusi, degli oppressi. Penso anche a tutti i cercatori di senso, che si rivolgono o si rivolgevano a Dio, al Vangelo.
Non posso dimenticare coloro che costantemente attaccano i cristiani (“tutti ipocriti in una Chiesa ipocrita”). Essi trovano in tutto questo acqua per il loro mulino.
Riconosciamolo: un serio colpo di freno è stato dato all’annuncio della Buona Notizia. Non mi consolo, ma grazie alla preghiera e alla Parola di Dio, tento di rafforzare la mia fede e la mia speranza per superare questo baratro. La mia fede non viene meno, ma è interrogata. Essa non mi dà risposte e soluzioni a tutto. Camminando con la mia ragione, mi obbliga a guardare le realtà umane in faccia e a tenerne conto. Rifiuto di “spiritualizzare” in modo falso questa tragedia con parole pie e continuo a camminare convinto che né la morte, né la vita… né alcuna creatura, niente potrà separarci dall’amore di Dio che è in Gesù Cristo nostro Signore (Rm 8,38-39).
Mi interrogo ancora su un’altra conseguenza. E su Jean Vanier che, per mezzo dei suoi ritiri e conferenze, libri e incontri, manteneva il legame storico e spirituale tra l’Arca e la sua sorgente, cioè il Vangelo e dunque il Signore Gesù. Il riferimento a Jean certamente si allenterà e così anche il riferimento esplicito alla sorgente dell’Arca.
Per garantire il futuro di un’Arca aperta a tutti, bisogna sperare che ci siano sempre dei cristiani capaci di rendere conto con le parole e le azioni di ciò che ha ricevuto alla sua sorgente, poiché il Vangelo fa parte dell’identità stessa dell’Arca. È la mia personale convinzione.
Cari amici, “in preghiera con voi in mezzo alle rovine di Gerusalemme”, mi ha scritto un amico monaco. Sì, ci sono delle rovine e tutti gli abitanti del paese dell’Arca sono in esilio e noi con loro. Non c’è più “il profeta” e noi fatichiamo ad ascoltare la sua voce che rimane comunque valida. Ma “il tempio” (= l’Arca + Fede e Luce) non è distrutto e i piccoli e i poveri sono dei profeti che chiamano all’amore, frutto della compassione, della giustizia e della verità. Dobbiamo fare in modo che il nostro esilio sia un esodo che, attraverso questa prova, ci condurrà alla libertà di una terra promessa.
La prova e la maturità
I due coordinatori internazionali dell’Arca, nel loro messaggio alle comunità, hanno scritto: ciò che noi impariamo oggi è una prova che ci destabilizza ma ciò che perdiamo in certezza, speriamo di guadagnarlo in maturità e proseguire con l’Arca con più precisione e libertà. Sì, lo credo, una prova può farci perdere per guadagnare di più e meglio.
E ancora: i rovi che attraversano la nostra strada alimentano un fuoco che rischiara il cammino, come ha scritto frére Alois di Taizé. Appoggiamoci al Signore. Chiediamo la luce e la forza dello Spirito Santo. Preghiamo per l’Arca e per Fede e Luce e per tutti i loro membri e amici. Bisogna che da ora tutti possano cantare: Ecco Dio viene in mio aiuto. Il Signore è con coloro che mi sostengono. Io ti canto poiché tu mi rialzi (Taizé).
Con la mia preghiera per voi tutti e la mia amicizia.
+ Gérard Daucourt, vescovo emerito di Orléans-Nanterre.
G. Daucourt è stato cappellano di molte comunità de L’Arche e, per una durata di sei anni, vescovo accompagnatore della Federazione internazionale delle comunità de L’Arche.