Breve storia delle vicende dell’Esarcato di tradizione russa in Europa occidentale. Nel contesto delle tensioni e dei cambiamenti legati alla remissione del tomo costantinopolitano che riconosce l’autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina (6 gennaio 2019), avviene un cambiamento anche nell’Esarcato ortodosso di tradizione russa. Soppresso con decisione repentina dal patriarcato di Costantinopoli (27 novembre 2018) rifiuta la dissoluzione e ricompone i legami col patriarcato di Mosca da cui si era separato nel 1931. Fra i riferimenti informativi cf. SettimanaNews:
Il 7 settembre 2019 l’assemblea generale straordinaria dell’Esarcato delle Chiese ortodosse russe in Europa occidentale chiede il legame canonico con il Patriarcato di Mosca, abbandonando quello con Costantinopoli. Le 65 parrocchie, 11 chiese, 2 monasteri, 7 eremi presenti prevalentemente in Francia ma attivi anche in altre 9 nazioni europee tornano all’obbedienza moscovita.
Qualche mese prima, il 27 novembre 2018, il Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico aveva deciso di sopprimere l’Esarcato e annullare la decisione presa con il Tomos (decreto patriarcale-sinodale) firmato nel 1999 che accordava all’Esarcato europeo dei fedeli russi dell’Europa occidentale di avere un legame canonico formale e stabile con la sede del patriarca ecumenico di Costantinopoli.
La soppressione e il dissenso
La motivazione di questa soppressione da parte del Trono patriarcale e del Santo Sinodo è di ordine pastorale e probabilmente canonico, secondo la tradizionale indicazione «una città un vescovo». L’intento della decisione sarebbe di offrire la protezione alle comunità russe sul territorio europeo occidentale in cui sono presenti le metropolie del Patriarcato Ecumenico.
L’Esarcato russo europeo risale al metropolita Evlogij (Georgievskij) (1921) che l’aveva fondato come amministrazione provvisoria con la benedizione del patriarca Tychon, eletto durante il Concilio di Mosca del 1917, praticamente durante lo scoppio della Rivoluzione di Ottobre. Questa amministrazione aveva il compito di custodire e guidare le parrocchie russe nell’Europa occidentale.
Evlogij, elevato a metropolita, stabilisce la sua sede a Parigi, da dove inizia a guidare una arcidiocesi che si estendeva a tutta l’Europa occidentale e che era destinata ad ampliarsi per effetto dell’emigrazione degli esuli russi. L’arcidiocesi arrivò a contare tra il 1928 e il 1938, 110 comunità sparse su un territorio che andava dalla Finlandia al Marocco, da Londra a Firenze, dall’Olanda alla Cecoslovacchia, alla Germania. Il grosso delle parrocchie si trovava in Francia (70).
Il metropolita Evlogij fondò nel 1925 l’Istituto Teologico Saint Serge per poter garantire la formazione dei sacerdoti che avrebbero curato la crescita spirituale e pastorale delle parrocchie dell’Esarcato.
Nel 1927 il metropolita Sergij di Nizhij Novgorod, in Unione Sovietica, sotto pressioni del potere ateo accusa il clero dell’emigrazione russa in Europa di esprimere posizioni contro-rivoluzionarie. Ancora nel 1930, sempre sotto pressione del governo comunista, il metropolita Sergij chiede le dimissioni del metropolita Evlogij, accusandolo di aver pregato, durante un viaggio in Gran Bretagna, per la Chiesa russa perseguitata dal regime.
A questo punto, Evlogij si rivolge a Costantinopoli, al patriarca ecumenico Fozio II, che gli riconosce il titolo di esarca di un Esarcato provvisorio delle parrocchie russe in Europa Occidentale, che fa riferimento al santo Trono apostolico e patriarcale ecumenico
L’Esarcato è rimasto di fatto provvisorio fino al decreto del Soglio patriarcale di Costantinopoli del 1999, che riconosce all’Esarcato una certa autonomia, consentendogli di avere un proprio calendario giuliano, consono ai fedeli di tradizione russa.
Dopo 20 anni da questo importante riconoscimento, il Patriarcato Ecumenico prende la decisione opposta, quella di abolire l’Esarcato russo (27 novembre 2018).
Le ragioni
Le ragioni di questa soppressione le possiamo capire dai documenti: la dichiarazione del Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico del 27 novembre 2018 e la lettera inviata al clero e ai fedeli da parte dell’ultimo arcivescovo esarca Giovanni di Charioupolis.
Aggiungo anche qualche considerazione personale.
Motivazioni di carattere pastorale. Si deve registrare l’affermarsi, negli ultimi decenni, in modo visibile, del Patriarcato Ecumenico come realtà sovranazionale o internazionale. La sopravvivenza di una realtà nazionale visibilmente distinta e autonoma come l’Esarcato russo, sullo stesso territorio, secondo il Sinodo costantinopolitano e secondo il metropolita Emmanuel di Parigi, poteva risultare contraddittoria. Il Santo Sinodo, di cui mons. Emmanuel è figura importante, poteva motivare la soppressione e, contestualmente, promettere la custodia della tradizione russa a quelle parrocchie dell’Esarcato che sarebbero passate alle metropolie del Patriarcato Ecumenico in territorio europeo.
Motivazioni di carattere storico-culturale. Dopo la caduta del Muro di Berlino, le condizioni delle comunità sono profondamente cambiate. Per esempio, il fatto che i figli dei figli sono già integrati nella lingua e nella cultura dei paesi europei in cui sono inseriti i genitori, diluendo spesso i tratti dell’identità culturale, nazionale, liturgica, e favorendo una nuova integrazione in cui l’unità è anche garanzia della diversità (e siamo in Europa, dove la diversità culturale fra i popoli europei è di casa; è un dato secolare).
La riflessione canonica ed ecclesiologica, secondo il già citato e antico motto «una città e un vescovo», poteva ispirare una decisione che il metropolita Emmanuel auspicava. Va sottolineato il crescente influsso del patriarcato di Costantinopoli e una crescente autocoscienza dell’importanza dello stesso nel consesso non solo turco, ma anche europeo, mondiale. Questo sviluppo interno al Patriarcato Ecumenico della coscienza-autocoscienza della sua primazia, lo mette in grado di poter prendere delle decisioni importanti come questa, senza – così sembra – un consulto previo con i diretti interessati, compreso l’arcivescovo Giovanni di Charioupolis, il gerarca dell’Esarcato russo d’Europa.
Contatti e pressioni
Il Patriarcato Ecumenico abolisce, dunque, l’Esarcato russo. In risposta, l’arcidiocesi delle parrocchie russe in Europa rifiuta di obbedire al Santo Sinodo di Costantinopoli e annuncia la convocazione di un’assemblea generale straordinaria per il 23 febbraio 2019. La Chiesa ortodossa russa, nel frattempo, si dichiara disposta ad accettare l’Esarcato europeo russo sotto la propria giurisdizione.
Nel gennaio 2019 arrivano ai sacerdoti dell’Esarcato russo delle lettere dei metropoliti del patriarcato che li invitano a passare sotto la loro giurisdizione e a non seguire le linee della dirigenza dell’arcidiocesi russa europea e del vescovo Giovanni. Azioni che sono state giudicate dall’Esarcato come interferenza negativa, in una situazione che avrebbe necessitato invece di dialogo e discussione. L’assemblea generale del 23 febbraio 2019 vota quasi all’unanimità (191 su 206) contro la decisione di Costantinopoli.
Giovanni di Charioupolis motiva la scelta
Sette mesi dopo, con un travaglio molto tormentato all’interno dell’Esarcato, l’arcivescovo Giovanni di Charioupolis scrive una lettera (14 settembre 2019) per motivare il passaggio all’obbedienza moscovita. Insiste sul fatto che «non possiamo fermarci ad una risposta giuridica ad una questione pastorale» e ripercorre la storia dell’Esarcato e la sua incorporazione canonica nel Patriarcato Ecumenico.
La decisione del Santo Sinodo di Costantinopoli del 27 novembre 2018 che ha abrogato il Tomos del 1999 con il conseguente “atto di sottomissione canonica” alle metropolie del Patriarcato Ecumenico (12 gennaio 2019), secondo l’arcivescovo Giovanni, hanno brutalmente messo fine all’Esarcato. La pretesa dell’«atto di sottomissione» ha obbligato i membri dell’Esarcato a guardare ad altre Chiese ortodosse, ad una peregrinazione alla ricerca di una Chiesa patriarcale da raggiungere.
L’arcivescovo continua dicendo che la votazione dell’assemblea generale del 23 febbraio 2019 ha rifiutato la dissoluzione dell’Esarcato con una maggioranza del 93%. In seguito al voto, i responsabili si sono rivolti alla Chiesa d’oltre Frontiera ROCOR (una Chiesa ortodossa di tradizione russa operante in varie aree del mondo), che pochi anni prima si era ricongiunta con la Chiesa russa del patriarcato di Mosca. Essa non ha risposto all’attesa di autonomia dei membri dell’Esarcato. Si sono rivolti alla OCA (Chiesa ortodossa nata negli Stati Uniti) che ha rifiutato l’eventualità.
Sono entrati in dialogo con il metropolita Giuseppe di Romania, che avrebbe accettato, ma solo i singoli membri e non la struttura. L’arcivescovo Giovanni incontra direttamente il 17 agosto 2019 il patriarca ecumenico Bartolomeo, che riafferma senza concessioni la decisione del 12 gennaio 2019.
Alla fine, i responsabili aprono contatti con il patriarcato di Mosca che si mostra attento, garantisce un’autonomia nel modo di procedere, in coerenza con gli statuti del Concilio del 1917 che l’Esarcato segue fin dall’inizio. Il concilio ortodosso russo del 1917, per esempio, prevede la partecipazione sinodale di tutti i fedeli alla vita ecclesiale. Un approccio molto simile alle decisioni del concilio Vaticano II della Chiesa cattolica.
Una decisione pastorale
La richiesta di un ricongiungimento con il patriarcato di Mosca, preparata d’intesa con il patriarcato di Mosca, viene presentata all’assemblea generale straordinaria dell’Esarcato il 7 settembre 2019. Il rinnovato legame con Mosca avrebbe permesso la preservazione dell’Esarcato e la sua autonomia. Il 58% dei votanti ha chiesto di lasciare il patriarcato di Costantinopoli e di raggiungere il patriarcato di Mosca, mentre il 41 % ha votato contro questo progetto di congiunzione.
Nella sua lettera, l’arcivescovo Giovanni si chiede quanti effettivamente avrebbero voluto continuare a stare sotto il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e afferma un necessario cammino di pace. La votazione dell’assemblea, pur non avendo superato i 2/3 necessari per la sua validità, permette all’arcivescovo una decisione chiara per quello che lui ritiene essere un criterio pastorale. E afferma che, da quel momento, commemorerà il patriarca di Mosca nella liturgia, considerando rotto il legame canonico con il patriarca ecumenico di Costantinopoli. Cioè passa al patriarcato di Mosca che garantisce l’autonomia e la regolamentazione dell’Esarcato europeo fino ad oggi osservata.
L’arcivescovo chiede perdono a coloro che saranno feriti da questa decisione presa in coscienza come garante del ministero pastorale e viene accolto con grandi onori e rispetto dal patriarca e dal sinodo moscoviti.