Per il mondo e per ogni essere umano che abita la nostra terra Francesco ha convocato questa sera alle 18 l’intera comunità dei credenti sparsi su tutto il globo. Pescando dall’antico tesoro della Chiesa: Parola, adorazione eucaristica, benedizione universale. Il rivolgersi a noi di Dio, la sua certa presenza tra noi, la sua benedizione per noi, per tutti.
Tutto questo perché scenda su questo mondo piagato dalla pandemia il mantello benevolo della sua misericordia. Per tutti: chi vive, chi è ammalto, chi sta morendo, chi è morto. Gesti semplici che ci mettono tutti in comune, la cui forza di gesto genera la possibilità di sentirci accomunati oltre ogni barriera: quella delle mura di casa, quella della malattia, quella della morte.
Nel momento del massimo isolamento l’invocazione certa di una potenza benevola che abbraccia ogni singolo uomo e donna, tutta l’umanità. Che si fa prossima a ogni vissuto, per sostenerlo e fargli sentire la vicinanza amica di Dio, in primo luogo, e di tutta la comunità dei credenti, poi.
Gesti che ci dicono che siamo popolo anche in momenti come questi, dove non ci è possibile riunirci come comunità. Gesti che ci ricordano, a noi credenti, che il nostro essere popolo è tale solo se pratichiamo un’effettiva solidarietà di destino con tutti i popoli.
Non sono l’ultima magia di Houdini, ma l’umiltà della fede di colui a cui è toccato mettersi al timone della barca di Pietro. Abbiamo un papa che crede, che non nasconde la sua fede dietro il rigore dell’ufficio, e che è fermamente convinto che la devozione metta in circolo la fede nel mondo. Chiariamolo subito, la devozione non è fede superstiziosa, ma la persuasione profonda che la fede passa attraverso pratiche che non mirano all’utilità, alla prestazione, alla pianificazione.
Sono pratiche che sospendono il fare delle cose produttive e interrompono il movimento compulsivo di un tempo che non si può mai fermare. Sono sosta e invocazione a Dio, affinché stenda la sua mano e ci riscatti dal male. Pratica dell’affidamento a Dio per sgravare tutti coloro che mettono in gioco la loro vita, per prendersi cura di un’umanità scossa dal male della pandemia, dal dover essere anche la nostra salvezza. Un peso che non è giusto scaricare su di loro.
Anche questo succederà nel tardo pomeriggio di oggi. L’invocazione a Dio che egli faccia il suo lavoro, così che noi si possa fare il nostro senza riversare su nessuno la pretesa di dover essere, anche solo per un momento, Dio.
Che tutto questo accada nel vuoto di una piazza San Pietro deserta, ci rende sicuri – forse per la prima volta nella storia – che la Chiesa di Francesco non è in cerca di numeri che ne affermino il potere mondano, ma si prende cura di ogni persona col suo volto e la sua storia. Poco importa dove essa sia. Parola, presenza e benedizione sono proprio per lei e per i suoi affetti più cari. Ovunque, per tutti, in questo nostro mondo di oggi.