PAROLE IN VIAGGIO/1
L’emergenza Coronavirus ha costretto a rinviare diversi appuntamenti di Parole in viaggio, l’iniziativa organizzata in nove città italiane per celebrare il bicentenario di Marietti 1820 (qui). Tuttavia, grazie alla collaborazione con l’Ansa, le sintesi delle lezioni vengono pubblicate sul sito dell’agenzia di stampa e le interviste agli autori proseguono in radio, con la rubrica “Il posto delle parole”, condotta da Livio Partiti. L’iniziativa si avvale della collaborazione di Bper banca, Emme promozione, Edimill e Tuna bites. Ogni sette giorni Settimananews propone le sintesi delle lezioni e le interviste radiofoniche. Iniziamo con la parola Amore, affidata a Carola Barbero, docente di Filosofia del linguaggio e Filosofia della letteratura all’Università di Torino, autrice del libro Addio. Piccola grammatica dei congedi amorosi, pubblicato da Marietti 1820.
Che dire dell’amore? Parola tanto bella quanto difficile. Numerose le sue declinazioni: l’amore per la natura, per gli animali, per i figli, per la patria, per la geografia, per le guide Michelin, per i tramonti, per il gelato, per il tango e per gli haiku. Ma non è di questi che vorrei parlare, bensì di quello tremendo e magnifico che fa battere il cuore ai limiti dell’infarto, passare l’appetito e brillare gli occhi. L’Amore, quello romantico, di cui Vinicio Capossela si chiedeva, con la sua voce roca e dolcissima, che cosa fosse, per poi rispondersi «chiedilo al vento», fornendo così una risposta simile a quella che nell’XI libro delle Confessioni Agostino dava a chi gli chiedeva che cosa fosse il tempo («se nessuno me ne chiede, lo so bene: ma se volessi darne spiegazione a chi me ne chiede, non lo so»).
Dell’amore i filosofi si son sempre occupati: Platone dice che consiste nella continua ricerca di «far uno ciò che è due» e Hegel nell’«obliarsi in un altro se stesso e poi ritrovarsi in questo oblio». E se invece convenisse rassegnarsi all’idea che sia qualcosa di «impossibile a definirsi», come sentenziava uno dei maggiori esperti in materia, Casanova (evidentemente più interessato alla pratica che alla teoria)?
Anche se così fosse, da numerosi esempi possiamo comunque imparare molto. L’amore è quel sentimento che Gatsby, il Grande Gatsby, prova per Daisy, il fiore della sua vita, la margherita (“daisy” significa “margherita”) che giorno dopo giorno ha tenuto tra le dita e vicino al cuore, staccando un petalo dopo l’altro mentre passavano gli anni («cinque anni il prossimo novembre»), nella certezza che avrebbe finito col trovarsi il petalo del “m’ama” in mano e la sua amata accanto.
Sarà pur difficile dire cosa sia l’Amore, ma considerate le peripezie degli innamoramenti, le domande sorgono numerose: siamo proprio sicuri che valga la pena di mettere il nostro cuore nelle mani di un’altra persona? E se avesse avuto ragione Marguerite Yourcenar nel dire che l’Amore è una punizione per non essere riusciti a restare soli? In effetti, anche senza prospettare finali terribili, non è forse vero che soffriamo continuamente per amore? Che più spesso di quanto vorremmo ci ritroviamo a dovere interrompere una relazione senza riuscire a farlo? Come capire che cosa è successo a quell’Amore? Dov’è andato, che fine ha fatto (come si domanda Raymond Carver in Di cosa parliamo quando parliamo d’amore)? Come si fa a dire “Addio”?
Forse è un po’ come guardare dal basso un trampolino altissimo: vengono le vertigini. Poi vediamo la scaletta e i gradini che arrivano fin lassù. Proviamo a salirli, tenendoci stretti con le mani tremanti e sudate. Ogni gradino è un ricordo, uno sguardo, un ripensamento, una spina di malinconia. Arriviamo in cima, al momento del nostro Addio: leggero, pauroso, veloce e potente come un tuffo dal trampolino più alto. Ecco, ci tuffiamo e nuotiamo via, per poi ricominciare ad amare o a vivere (il che poi è lo stesso).
Ascolta l’intervista a Carola Barbero
https://ilpostodelleparole.it/carola-barbero/carola-barbero-addio/