Governo a termine?

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È davvero partito il cronometro in vista della sostituzione di Giuseppe Conte alla guida del Governo? Difficile prevedere la risultante finale di tante spinte contrapposte in atto attorno all’esecutivo.

In modo sempre più insistente si sente parlare, da settimane, di una possibile crisi del governo Conte. Come minimo di un rimpasto. Numerose le critiche e le imputazioni. Lentezze e incertezze negli aiuti all’economia. Qualche attacco anche sulla gestione sanitaria dell’epidemia. Difficoltà nel rapporto con le Regioni.

Qualche incomprensione anche con mondi fin qui in buona sintonia col suo Governo, come la CEI (per la nota questione della riapertura delle celebrazioni) e la “nuova” Confindustria a guida Bonomi. Soprattutto, divisioni evidenti nel Governo su questioni fondamentali, come il ricorso agli aiuti europei. E un protagonismo personale di Conte “uomo solo al comando” che infastidisce più d’uno.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro del Governo Conte? Difficile dare una risposta. Ma alcune coordinate si possono tracciare.

Una pericolante chiave di volta

Giuseppe Conte, come noto, non ha proprie maggioranze né autonoma forza politica. È arrivato al governo dopo le elezioni di marzo 2018 per risolvere l’empasse giallo-verde. Si ricorse al “tecnico d’area”, indicato dai M5S. Una posizione non autonoma, come quella di una chiave di volta in un arco: senza le pietre sottostanti si rovescia sul pavimento. Ma al tempo stesso una posizione cruciale: senza la chiave di volta, anche l’arco sottostante crolla.

Situazione analoga si è riprodotta al momento del cambio di maggioranza parlamentare, nello scorso agosto: alla fine Conte, che tutti davano per spacciato, si è ritrovato di nuovo “chiave di volta”, indispensabile per equilibrare le spinte tra PD e M5S. Non mancavano certo i pretendenti a quella funzione e Matteo Renzi – vero iniziatore della “operazione” di agosto – non ha gradito che quel ruolo di equilibrio sia sfuggito alla sua area. Legge finanziaria, scadenze europee, logica politica: tutto impediva negli ultimi mesi del 2019 l’immediata riapertura della crisi. Ma se ne parlava in prospettiva. Lo scarso successo nei sondaggi di Italia Viva (i cui numeri sono essenziali per la maggioranza, non dimentichiamolo) sembrava destinato ad accelerare i tempi.

Con quei sondaggi Renzi non poteva permettersi di tornare a votare, ma nemmeno acquietarsi in un ruolo di forza minore di governo, destinata a un drastico ridimensionamento elettorale. La prospettiva giusta, dunque, pareva quella di un cambio di guida al Governo – qualcuno più nelle corde dell’ex sindaco di Firenze – ma non quella di elezioni anticipate. Del resto, la balcanizzazione in atto nel M5S rendeva la posizione di Conte sempre più precaria. Ma va dato atto che Conte da tempo aveva dimostrato di sapersi “mettere in proprio” trovando anche nuovi equilibri più vicini al PD e a molti settori della società italiana. Solo questa sua capacità personale separava già a inizio 2020 il Paese dall’innesco di una crisi.

Conte alla prova del Covid-19

Arriva il virus. La dura prova della crisi-Covid ha confermato Conte nei sondaggi e nel gradimento della popolazione, almeno fino ad ora. Ma non negli equilibri sociopolitici. Gli approcci di gestione “bipartisan” della crisi, accennati tra fine marzo e inizio aprile (anche per volontà del Quirinale) sono del tutto naufragati nelle manifestazioni di piazza del 2 giugno. La questione sull’uso del Recovery Fund europeo sta mettendo una forte zeppa tra PD e ampi settori dei M5S, che a loro volta sbandano nella difficile scelta tra coerenza a passate battaglie populiste antieuropee e responsabilità imposte dal momento difficilissimo del Paese.

Inutile dire che un eccesso di autoreferenzialità della Presidenza del Consiglio nella emissione dei decreti, nel ricorso alle conferenze stampa, non è piaciuta a tanti settori politici. Ora, all’avvio della fase 2, molti non vedono il governo in grado di gestire la “ricostruzione”. Aumentano le tensioni sociali con categorie anche storicamente molto vicine a Conte, come Confindustria. Pezzi di “arco” in sgretolamento sotto di lui. Ma i sondaggi nel Paese per Conte restano buoni: e le tentazioni di concretizzarli in una propria forza politica crescono.

Il voto impossibile

Tutto porterebbe a trarre le conclusioni su una breve durata del governo, ma vari fattori invitano alla prudenza. Il primo – non dimentichiamolo – è l’evidente impossibilità di ricorso alle urne in caso di crisi. In primis, perché sarebbe una scelta devastante per la credibilità del sistema politico, in un momento come questo. In secondo luogo, organizzare le elezioni è fisicamente difficile (è stato difficile fissare una data anche per le amministrative).

Ma, soprattutto, non dimentichiamo che si è rinviato il referendum costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari previsto a marzo: il Parlamento ha votato, ma il percorso non è compiuto formalmente. Chi pensa di poter davvero votare, in una situazione costituzionalmente così ambigua? La crisi, dunque, se ci fosse, dovrebbe essere “a colpo sicuro”: non può sfociare in uno scioglimento delle Camere.

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Proprio questa necessità di una “crisi pilotata” richiederebbe una salda regia politica, che oggi appare più che mai assente (basti vedere le difficoltà delle forze politiche a concordare il “decreto di aprile”, poi divenuto di “maggio” e infine il complesso del Recovery Plan).

Né Renzi, né Pd, né men che meno i M5S appaiono in grado di gestire una crisi così complessa. Iniziarla, sì. Ma gestirla e condurla in porto è tutt’altra cosa. Ed è assurdo pensare che il Quirinale possa esservi protagonista. Mattarella svolgerà – se dovesse esservi costretto – la sua funzione costituzionale, con estrema correttezza, come sempre. Nulla più, malgrado tante pressioni.

Il bene del Paese?

Chiunque stia leggendo questo articolo si sarà già posta la domanda: ma come si fa a parlare di simili cose, mentre si annuncia un crollo del PIL a due cifre? Come dargli torto! La crisi rischia di essere la definitiva dimostrazione che la politica italiana è lontana mille miglia dal Paese reale. Con esiti sociali e politici imprevedibili.

Ma, al tempo stesso, è obiettivo che l’azione di Conte sta lasciando molti insoddisfatti. Le misure di ripartenza sono al palo. E altri sono insoddisfatti degli equilibri politici. Ivi compreso Silvio Berlusconi (che da tempo soffre Lega e Meloni): mai come ora il suo supporto a un diverso governo sarebbe giustificabile per il “superiore bene del Paese”.

Se queste sono le coordinate, si capisce bene la situazione: la “chiave di volta” Conte è davvero sottoposta a spinte contrapposte e scomposte delle arcate che la reggono e che fin qui ha tenuto (sempre più faticosamente) in equilibrio. Ma sostituire la “chiave di volta” nel mezzo di un simile terremoto – anche se a molti pare utile o necessario – è davvero un’operazione complicata. Più facile, forse, arrivare a sostituire alcune “pietre” nell’arco della compagine del Governo, specie quelle dimostratesi più fragili e incapaci in queste settimane.

Difficile, per non dire impossibile, fare previsioni. Di certo, nessun automatismo e nessun “conto alla rovescia” per Conte. Il rischio concreto è quello di rovesciare il Paese, non solo Conte. Nei, fatti, l’alternativa irrisolta tra paralisi economica e rischio politico insito nella crisi genera ancora più divisioni e impasse. Che, potremmo concludere, sono da sempre l’habitat ideale proprio di… Giuseppe Conte.

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