I vescovi e i fedeli cattolici della Polonia stanno cambiando posizione rispetto alla chiusura verso i migranti e i profughi? Il consenso al nazionalismo e alle chiusure verso gli immigrati ottenuto dal governo di B. Szydlo (e dal presidente J. Kaczynski), espresso in pubblico dal clero e dal silenzio dei vescovi è stato incrinato negli ultimi giorni. Un documento del 30 giugno, firmato anche dalle Chiese ortodosse e protestanti, ha invitato tutti all’apertura e all’accoglienza. Si tratta di «educare i cuori al soccorso dei sofferenti, a quanti fuggono la guerra, le persecuzioni, con concrete opere di misericordia».
Fra il 7 e l’8 giugno vi è stata l’assemblea plenaria dei vescovi polacchi e lì si è affrontato anche il tema spinoso dei profughi e rifugiati. Il presidente del Consiglio per le migrazioni e il turismo dell’episcopato, mons. K. Zadarko, ha aperto alla possibilità di corridoi umanitari che permettano a piccoli gruppi di persone, che decidano di restare in Polonia, di raggiungere il paese, evitando i pericoli della traversata in mare e del percorso tra i vari paesi, dal Medio Oriente fino all’Europa centrale. La discussione ha permesso di illustrare le varie attività d’accoglienza della Caritas e il sostegno alle famiglie nei paesi più tormentati dalla guerra.
A pochi giorni dall’arrivo di papa Francesco per la Giornata mondiale della gioventù, la Chiesa polacca inizia il disgelo che vede una significativa resistenza popolare, oltre che politica e governativa. In un’intervista, il card. Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, ha detto: «Per gli immigrati non siamo ancora un paese che attrae, ma un paese di passaggio. Come Chiesa e conferenza episcopale distinguiamo bene fra i rifugiati che scappano dalla guerra – scappano dalla morte e non hanno dove tornare – e quelli che vengono per poter vivere meglio e guadagnare di più … Vorrei poi ricordare che in Polonia c’è una grande affluenza di immigrati dall’Ucraina, più di un milione in questo momento … È vero che c’è una diversa concezione su come ricevere i migranti in Europa: alcuni vogliono accogliere senza limiti e dopo li rifiutano. Li rifiutano, oppure si cerca di risolvere il problema grazie al patto con la Turchia, che non è chiaro fino in fondo. Però per me questa gente che scappa dalla guerra bisogna aiutarla! La domanda non è se aiutare o no, bisogna aiutare! La domanda è come e dove farlo. Bisogna farlo bene» (Vatican Insider, 6 giugno 2016). L’apertura dei vescovi polacchi forse darà coraggio anche ai silenziosi vescovi ungheresi.
Il governo e il suo partito (PiS) si sono opposti alla domanda dell’Unione Europea di collocare nel 2015 7.000 rifugiati e profughi, fra il 1.600.000 che sono arrivati. In questo sostenuti non solo da un significativo consenso interno, ma anche da analoghi indirizzi dei governi dell’Europa centrale. Il 2 ottobre prossimo gli elettori dell’Ungheria di V. Orban saranno infatti chiamati a referendum sul seguente quesito: «Volete che l’Unione Europea sia autorizzata a decidere l’insediamento obbligatorio di cittadini non ungheresi in Ungheria senza il consenso del Parlamento?». All’Ungheria era stata chiesta accoglienza per 1.300 persone. La questione immigrazione si mescola ai rigurgiti populistici e anti-europeisti, che attraversano non solo i paesi del centro-Est Europa, ma l’insieme dei paesi dell’unione. Lo stesso giorno, 2 ottobre, gli austriaci torneranno a votare per il loro presidente fra il nazionalista N. Hofer e l’ambientalista A. Van der Bellen. Anche in questo caso il fulcro del confronto sarà sull’immigrazione.