Dal 19 al 26 giugno si è tenuto sull’isola di Creta il Santo e grande sinodo della Chiesa ortodossa. Si è trattato senz’altro di un evento storico, poiché ha affermato il valore attuale dell’antica istituzione dei concili. Malgrado l’assenza di alcuni patriarcati (Antiochia, Bulgaria, Georgia, Mosca), i lavori si sono svolti, in generale, in un clima di concordia.
Più forte dei tradizionalismi
I padri sinodali hanno esaminato i documenti preconciliari sottoposti loro ad referendum: sulla missione della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo; sullo status ecclesiastico di autonomia; sulla diaspora ortodossa; sull’importanza del digiuno; sulle relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano e sul sacramento del matrimonio. L’agenda dell’assise conciliare si è quindi focalizzata su temi concernenti l’Ortodossia ad extra (missione, rapporti con gli altri cristiani), sui rapporti interni tra le Chiese ortodosse e su questioni di carattere disciplinare-pastorale, come il matrimonio e la pratica del digiuno, ritenute rilevanti per la vita spirituale del pleroma ecclesiale.
Nel suo discorso di apertura, il patriarca ecumenico Bartolomeo ha fatto accenno alle radici storiche del sistema sinodale e all’importanza di questo per la fede, la comunione e l’unità ecclesiale (infatti, la Chiesa si esprime al singolare grazie al Sinodo e non per i pareri o le opinioni individuali). Ha dunque evidenziato l’autorità dei concili sulla dottrina, la pastorale e la missione ecclesiale. Lo svolgimento del Concilio ha voluto rispondere alle nuove esigenze createsi con l’emersione delle Chiese autocefale locali e alle sfide legate ai problemi globali del mondo contemporaneo. L’assise ha complessivamente portato avanti un programma di apertura, senza rassegnarsi alle diverse opposizioni di stampo tradizionalista. Inoltre, ha prospettato come impegno primario della Chiesa, a detta dello stesso Bartolomeo, quello di uscire nel mondo per comunicare l’amore di Cristo, proclamare la risurrezione e partecipare alle angosce esistenziali dell’uomo di oggi.
Lo spirito di Creta
Al termine dei lavori il Concilio ha approvato sei documenti e congiuntamente ha promulgato un’enciclica e un messaggio indirizzato «al popolo ortodosso e a ogni uomo di buona volontà». Alla luce di questi è utile interrogarsi sullo spirito che è prevalso a Creta.
In primo luogo, si può sottolineare la sensibilità pastorale che ha permeato alcune decisioni sinodali. Il testo sul matrimonio, ad esempio, senza alterare quanto stabilito sul piano teologico-canonico, ha affidato ai sinodi locali la possibilità di concedere deroghe per la celebrazione dei cosiddetti «matrimoni misti», applicando il principio di economia (la cura rigorosa dei sacri canoni proibirebbe dette unioni). Identico è stato, inoltre, il criterio impiegato nell’osservanza del digiuno da parte dei fedeli. Anche qui, infatti, saranno le chiese locali a decretare, sulla base della propria esperienza pastorale, eventuali eccezioni dalle tradizionali prescrizioni.
Molto rilevante è stato poi il documento riguardante la missione dell’Ortodossia nel mondo di oggi. Esso ha messo in moto una dinamica teologica che non rinuncia al dovere profetico dell’Ortodossia di annunciare il Vangelo e di denunciare le cause religiose che provocano il male. Al tempo stesso, nel testo si ricorda che la Chiesa «non è di questo mondo», ma si rivela come segno dell’eschaton; e perciò essa deve, oltre che annunciare il Vangelo, intuire i segni escatologici (libertà, giustizia, pace, dignità umana) presenti nella storia, sebbene essi possano provenire da contesti non cristiani. E in questo modo si è aperta, discretamente, l’opzione per una possibile collaborazione interreligiosa.
Con il resto del mondo cristiano
Più ardue, come prevedibile, le discussioni sul documento relativo ai rapporti dell’Ortodossia con il resto del mondo cristiano. Vi si sono confrontate due visioni ecclesiologiche piuttosto differenti: una di orizzonte ecclesiale più aperto e propensa al dialogo con gli altri cristiani (rappresentata perlopiù da Chiese missionarie o di solida coscienza ecumenica); e un’altra di mentalità legata alla concezione più restrittiva e apologetica della spiritualità ortodossa (espressa da ecclesiastici o teologi appartenenti a correnti teologiche etnocentriche).
Di fronte al rischio di un’impasse, o perfino del rinvio del documento a un prossimo concilio (con inevitabili ripercussioni sui dialoghi bilaterali in cui l’Ortodossia è coinvolta), nel documento su «Le relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano» è stata scelta una formulazione che fosse accettabile da tutte le parti: «La Chiesa ortodossa accetta la denominazione storica delle altre Chiese e confessioni non ortodosse che non sono in comunione con essa» (§6). Il testo condanna anche «ogni strappo all’unità della Chiesa, intrapreso da singoli o gruppi col pretesto di preservare, o di difendere, la pura Ortodossia» (§22). Vi si afferma inoltre che l’impegno ecumenico non è in contrasto con la natura e la storia dell’Ortodossia (§4).
Il messaggio finale del Concilio ridimensiona un po’ l’indole positiva di questo documento conciliare, giacché nel messaggio si parla del dialogo come di un mezzo tramite cui «il restante mondo cristiano conosce in modo più preciso la purezza della Tradizione ortodossa, il valore dell’insegnamento patristico, la esperienza liturgica e la fede degli ortodossi» (§3). Nonostante i problemi a cui potrebbe indurre tale frase, è rimasto intatto il monito di «prega[re] incessantemente per l’unione di tutti» e di ricercare «vie e modi per ripristinare l’unità dei credenti in Cristo» («Le relazioni…» §4).
Un bilancio
Quale, quindi, la novità del Concilio ortodosso? In primo luogo, esso ha investito di vigore canonico i lavori preconciliari (guidati da una generazione di teologi di grande caratura intellettuale, quali il metropolita Ioannis Zizioulas, l’arcivescovo di Albania Anastasios Yannoulatos e lo stesso patriarca ecumenico Bartolomeo), arricchendoli in alcuni casi (come nel documento sulla missione) e rendendoli un punto di riferimento per il pleroma ecclesiale.
Inoltre, il Concilio ha aggiornato la testimonianza della Chiesa alle circostanze odierne, evitando di richiudersi in definizioni eccessivamente dottrinali (non senza reazioni come si è visto). Il Concilio ha anche dato ascolto a un’Ortodossia «nuova», ovvero a Chiese (dell’Africa, dell’Estremo Oriente) che non sono vincolate dalle esperienze del passato e hanno sollecitato piuttosto dichiarazioni positive (di tendenza meno apologetica). Spetterà ora ai vertici ecclesiastici, alla comunità teologica e alla base ecclesiale rispettivamente, la comunicazione, l’approfondimento e la recezione dei documenti nella vita ecclesiale.
Dimitrios Keramidas, teologo greco-ortodosso, è specializzato in teologia ecumenica e missiologia. Docente di dialogo cattolico-ortodosso presso la Pontificia università San Tommaso (Angelicum) a Roma; membro del corpo docente della Hellenic Open University.
Per documenti e per approfondire:
https://www.holycouncil.org/home (sito web ufficiale del Concilio ortodosso)
www.ortodossia.it (arcidiocesi greco-ortodossa d’Italia e Malta)
www.orthodoxcouncil.org (ufficio stampa del patriarcato ecumenico)