Approvato da papa Francesco il 23 marzo scorso è stato presentato il 25 giugno il Direttorio per la catechesi. Edito dalla Libreria editrice vaticana è un volume di 300 pagine, distinto in tre parti (formazione dei catechisti, linguaggi della catechesi, catechesi e Chiese locali) e in 12 capitoli. La complessità dell’opera richiederà tempo e competenze per essere compresa.
La sua presentazione alla stampa è stata affidata a tre esponenti del dicastero che l’ha formulato, il Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione: mons. Rino Fisichella, mons. Octavio Ruiz Arenas e mons. Franz-Peter Tebartz-von Elst.
Le domande che determineranno la recezione del testo sono sostanzialmente due. Anzitutto sul quadro teologico e pastorale compressivo, se cioè il documento risponde all’indirizzo veritativo espresso dalla Catechesi tradendae (Giovani Paolo II) del 1979 e dalla lettera Fides per doctrinam di Benedetto XVI (2013) o piuttosto a quello teologico e carismatico espresso da Evangelii nuntiandi (Paolo VI, 1975) ed Evangelii gaudium (Francesco, 2013). In secondo luogo, se l’opera risponde a un’indicazione di prevalente continuità rispetto ai precedenti Direttori (1971 e 1997), rispetto alle elaborazioni dei centri teologici e delle sperimentazioni pastorali.
Nella presentazione è emersa la complessità, varietà e durata di un lavoro compositivo che ha visto 12 bozze successive e sei anni di lavoro. Partito come “aggiustamento” del precedente Direttorio, di cui è rimasto un’eco significativa, è poi stato riformulato per intero sulla scorta di alcune attenzioni privilegiate: cultura digitale, processi sinodali, scelta kerigmatica, impianto teologico e attenzioni pastorali (in particolare verso il catecumenato e nella “via della bellezza”.
«Cuore della catechesi è l’annuncio della persona di Gesù Cristo, che sorpassa i limiti di spazio e tempo per presentarsi ad ogni generazione come la novità offerta per raggiungere il senso della vita. In questa prospettiva viene indicata una nota fondamentale che la catechesi deve fare propria: la misericordia. Il kerigma è annuncio della misericordia del Padre che va incontro al peccatore non più considerato come un escluso, ma un invitato privilegiato al banchetto della salvezza che consiste nel perdono dei peccati» (Fisichella).
Le sfide e le attenzioni
La sfida della cultura digitale innesta nel «villaggio globale» comportamenti che incidono nell’identità personale e nei rapporti sociali. Tocca in particolare temi fondamentali come la libertà e la verità. La proposta ecclesiale deve essere in grado di farsi comprendere e di mostrare l’adeguatezza ai suoi interlocutori.
La dimensione sinodale ritma negli ultimi lustri temi e urgenze pastorali che convergono nella cura dell’evangelizzazione e della catechesi: dal sinodo sull’eucaristia (2005) a quello sulla Parola di Dio (2008), da quello sulla famiglia (2015) a quello sui giovani (2018) e, in particolare, a quello sulla nuova evangelizzazione (2012) il cui frutto è Evangelii gaudium.
La catechesi che dà il primato al kerigma si pone all’opposto di ogni imposizione, fosse anche quella di un’evidenza che non permette vie di fuga. La scelta di fede, infatti, prima di considerare i contenuti a cui aderire con il proprio assenso, è un atto di libertà perché si scopre di essere amati» (Fisichella).
La dimensione teologica introduce con i mezzi della ragione nel mistero rivelato, ben consapevole che la sua realtà profonda esige il silenzio e la contemplazione.
Sul versante pastorale, il testo si mostra consapevole dell’inadeguatezza della tradizione «scolastica» della catechesi, della pretesa di farne una condizione per il sacramento o, all’inverso, di strumentalizzare il sacramento per fini non suoi. Particolarmente sottolineata la connessione della catechesi con il catecumenato, giustificata dalla distanza dei vissuti di molti dalla pratica cristiana, e la «via della bellezza» che usa l’enorme patrimonio artistico cristiano in ordine alla comunicazione della fede.