In questo strano tempo sospeso della pandemia da Covid-19 il Sinodo Panamazzonico ha trovato un suo primo, importante, esito operativo pastorale. Seguendo la proposta dei padri sinodali, contenuta nel paragrafo 115 del Documento finale, il 29 giugno è stata creata la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia (CEA).
Si tratta di una struttura della Chiesa locale, di carattere inedito fino a questo momento, che coinvolge le nove nazioni della regione amazzonica: Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname, Venezuela e il territorio della Guyana francese.
Tre i tratti di più evidente novità della CEA: quello di essere un corpo istituzionale della Chiesa cattolica costituito non su base nazionale o continentale delle Chiese locali, ma per riferimento a un’area territoriale con un’identità e caratteristiche specifiche trans-nazionali; quello di nascere a partire da concrete esigenze pastorali proprie in maniera singolare a questa regione dell’America Latina; e, infine, quello di essere un corpo rappresentativo istituito e ufficiale della Chiesa cattolica a composizione mista per quanto riguarda gli stati di vita cristiana.
Quando la Chiesa è disponibile a una più grande aderenza alla realtà delle cose e dei vissuti umani, così come alle pratiche e questioni pastorali che di essi si fanno carico come la propria specifica missione all’interno del mandato evangelico che riguarda tutta la Chiesa, essa è in grado – seguendo le aperture decentranti di papa Francesco – di inventare nuovi modi della sua rappresentanza istituzionale.
Un percorso, questo, certamente facilitato dalla lunga e ricca esperienza pastorale della regione amazzonica, ma che potrebbe avere in sé i germi di una feconda esemplarità a favore del cattolicesimo globale – dove ogni territorio di esso è chiamato a un’innovativa docilità allo Spirito per ciò che concerne le possibilità delle configurazioni istituzionali di una Chiesa che vuole entrare nel pulsare quotidiano della vita umana.
Qualcosa di simile è stato recentemente auspicato dal vescovo di Osnabrück, mons. Bode, quando ha affermato l’importanza di iniziare a creare dei veri e propri Sinodi regionali europei – mettendo così in atto processi di sinodalità ecclesiale che non rimangono chiusi all’interno dell’opzione geopolitica tra stato e continente.
Il quadro organico della CEA
L’Assemblea costituente della CEA si è svolta in teleconferenza tra il 26 e il 29 giugno, moderata dal card. Michael Czerny che ha definito la nascita della CEA come un «evento storico» a cui si è potuti giungere grazie all’«energia e agli sforzi provenienti dalla stessa regione amazzonica».
Nel comunicato dell’Assemblea si sottolinea lo spirito sinodale che l’ha innervata e la cordiale vicinanza all’intero percorso sinodale e alle Chiese locali del territorio amazzonico. «La votazione del nome, dopo un profondo discernimento nell’attuale fase del processo (ossia, Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia) e della sua identità, composizione e regole generali di funzionamento (statuto), sono state approvate in modo unanime da parte dei membri con voto» (Comunicato dell’Assemblea).
Per quanto riguarda la parte elettiva, il card. Claudio Hummes (Brasile) è stato nominato presidente della CEA, e mons. David Martinez de Aguirre op (Perù) vicepresidente. A far parte del Comitato esecutivo della CEA sono stati scelti mons. Eugenio Coter (Bolivia), quale rappresentante delle Conferenze episcopali della regione amazzonica; i presidenti della CELAM, della REPAM, della CLARI e della Caritas amazzonica; ne fanno parte inoltre tre rappresentanti dei popoli originari amazzonici: Patricia Gualinga (popolo Kichwa-Sarayakú, Ecuador), suor Laura Vicuña Pereira (popolo Kariri, Brasile), Delio Siticontzi (popolo Asháninka, Perù).
Nello statuto della CEA si prevede una sua organicità rispetto al Consiglio permanente della CELAM e una collaborazione con la REPAM – senza che questo venga a pregiudicare in alcun modo l’autonomia della CEA.
Il forte sostegno che essa gode da parte dei popoli originari dell’Amazzonia e delle loro comunità cristiane, condiviso da laici e preti, rappresenta sia un potenziale da sviluppare sia una forza rilevante per la missione particolare della CEA in America Latina e nella Chiesa tutta.