Un libretto pre-Covid19, evidentemente, quello del priore di Bose, ma che trova una conferma a tutto campo delle sue tesi in questi giorni di fragilità acclarata e di spaesamento a livello umano, sociale, economico e anche religioso. Laureato in Lettere classiche, nelle sue riflessioni a partire dalle sacre Scritture Manicardi è sempre attento al loro risvolto antropologico e filosofico, cercandone un’attualizzazione sapienziale e cordiale.
La fragilità è intrinseca all’essere umano, dalla sua nascita – in cui dipende in tutto dagli altri –, alla sua morte, in cui ancora una volta è affidato alle cure degli uomini e delle donne che lo circondano. Essa assume gli aspetti più diversi: limiti esistenziali, menomazioni fisiche e psichiche, difficoltà di relazioni, problematiche economiche ecc.
L’uomo è caduco perché deve finire, ma è anche fragile perché si può spezzare. La fragilità è propria dell’uomo che nasce sempre prematuro e ha bisogno di tutto per crescere. Essa è apertura agli altri, che può diventare però anche scacco e delusione.
Dalla fragilità nasce un’etica tutta dedicata. La fragilità fa appello alla responsabilità da parte dell’altro e della società nel suo insieme, se si vuole ancora mantenere e accrescere la qualità umana della convivenza e non regredire a livello di homo homini lupus. La fragilità fa appello alla responsabilità di chi deve prendersene carico, custodia e cura. Il tasso di umanità di una società si misura infatti dalla qualità della cura che mette in atto nei confronti di chi è più fragile.
La fragilità non va né elogiata né rimossa. Va accolta ed elaborata dal singolo e da chi gli è vicino. Fa appello alla resilienza in quanto ogni scacco e smentita della vita può e deve diventare un’occasione di ripresa a maggiori e migliori livelli, modificando forse vari aspetti del proprio modo di vivere. Gesù ha fatto appello alle risorse delle persone a cui guardava con misericordia, per guarirle e rimetterle in piedi.
La fragilità spesso nasce dalla difficoltà a fare i conti con se stessi, dalla vita interiore deficitaria di dialogo, di silenzio e di riflessione, tutte realtà che oggi appaiono molto difficili da coltivare. Ognuno deve lavorare su se stesso, ma sempre consapevole che vita interiore non è chiusura narcisista. Io mi realizzo nel tu, solo entrando in relazione col tu.
La morte resta sempre il limite invalicabile e inaggirabile. Nessun tecnicismo transumanista può far pensare di prolungare all’indefinito la vita umana, magari segnata da ineludibili penosi risvolti.
Un libretto che fa pensare, questo di Manicardi, scritto con empatia e sguardo di misericordia sugli uomini e le donne del nostro tempo – con uno sguardo di attenzione soprattutto ai più giovani –, alle prese con difficoltà che spiazzano la vita e la traumatizzano, ma che possono diventare occasioni perché tutti divengano ancora più umani.
In Iraq fu trovato un uomo di Neanderthal con un osso rotto ma ricomposto.
Non avrebbe potuto arrivare a 40 anni – pur rimanendo zoppo – se il suo clan non si fosse preso cura di lui, assistendolo e nutrendolo a lungo con compassione e umanità (cf. pp. 26-27).
Ed erano neanderthaliani.
Luciano Manicardi, Fragilità (Simpatetica s.n.), Qiqajon, Bose (BI) 2020, pp. 96, € 10,00, ISBN 978-88-8227-569-3