Federico Lombardi, interprete discreto dei due papi

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«Circa due mesi fa, la Sala stampa del Vaticano ha chiarito ufficialmente di essere l’unico portavoce del papa. C’è bisogno di ripeterlo? Allora lo ripeto: la Sala stampa del Vaticano è l’unico portavoce del papa». Il velo d’irritazione di questa risposta di papa Francesco a La Nación di Buenos Aires (28 giugno 2016) conferma il ruolo importante del direttore della Sala stampa non solo in negativo (nessun altro ha titolo), ma anche in positivo (l’interprete più affidabile).

Nel momento del passaggio di consegne fra p. Federico Lombardi e il dott. Greg Burke (cui si affianca come vicedirettora la dott.ssa Paloma Garcia Ovejero), annunciato l’11 luglio ed esecutivo dal 1 agosto, è bene tenerne conto. Burke nasce negli Stati Uniti nel 1959, laureato nel 1983 alla Columbia University di New York ha lavorato per l’agenzia Reuters, per il settimanale Metropolitan, per il National Catholic Register, per Time, corrispondente a Roma per Fox News, collabora con la Segreteria di Stato dal 2012 ed è vicedirettore della Sala stampa dal dicembre 2015. È numerario dell’Opus Dei (celibi consacrati). Paloma Ovejero, nata in Spagna nel 1975, laureata in giornalismo all’università Complutense di Madrid, master a New York, è stata corrispondente per la radio dei vescovi spagnoli (Cope). La si ritiene vicina ai neocatecumenali. Il mondo anglofono e ispanofono sono un riferimento sia per l’appartenenza sia per la comunicazione ecclesiale, espressivi dell’internazionalizzazione della Santa Sede e della progressiva apertura alle donne di ruoli rilevanti (sono ormai il 20% della curia vaticana).

La novità delle nomine permette di valorizzare quanto precede, cioè l’attività di p. Lombardi. Nominato direttore da Benedetto XVI dieci anni fa ha cumulato per diverso tempo la carica di direttore della Radio vaticana, del Centro televisivo vaticano e della Sala stampa. Carattere schivo e cordiale ha interpretato il suo ruolo in maniera assai diversa dal suo predecessore, J. Navarro-Valls. Tanto il secondo partecipava alla “cabina di regia”, alla formulazione degli indirizzi e a un rapporto selettivo con i media, tanto il primo si è collocato come elemento di trasparenza rispetto ai papi che ha servito, un passo indietro nei luoghi di decisione e con la complicata gestione dei vari strumenti. Tanto sicuro l’uno quanto intuitivo l’altro nell’interpretare momenti e indirizzi dei quali talora non conosceva l’intero processo.

Diverso anche il delicato rapporto coi giornalisti. Al rapporto “premiale” di Navarro-Valls, Lombardi sostituisce un’uguale apertura a tutti. All’esclusione dall’aereo papale di Domenico Del Rio (Repubblica) non fa da contrappeso il ritiro dell’accredito di Sandro Magister (Espresso), perché il secondo viola l’embargo a danno dei colleghi e, probabilmente, sarebbe rientrato in occasione del sinodo del 2015 se la pubblicazione di una lettera di alcuni cardinali non fosse stata proposta a condizionamento dei lavori assembleari. Nella stessa occasione alcuni media americani sostengono una folta rappresentanza come diga rispetto alle possibili apertura del sinodo e vengono trattati come tutti gli altri. Né le critiche, né i pregiudizi hanno interrotto i rapporti dei giornalisti, spesso cordiali e immediati, con il direttore della Sala stampa.

Come direttore della Radio vaticana ha sempre difeso l’originalità dello strumento e il suo prezioso servizio alle comunità cristiane più disperse. Ma, nello stesso tempo, ha anticipato consigli e indicazioni per ridurre l’impatto economico e per armonizzare le varie fonti informative vaticane. Ha attraversato con sofferenza le accuse al Centro di trasmissione di favorire i tumori infantili dell’area contigua.

Ma le fatiche maggiori sono state relative alla valanga di critiche che si sono riversate sulla Santa Sede e sul pontificato di Benedetto in ordine agli scandali finanziari e, soprattutto, in occasione dell’esplosione dei casi di abuso del clero (dagli Usa all’Irlanda, dalla Germania all’Olanda). La remissione delle scomuniche ai quattro vescovi lefebvriani e l’ondata di protesta interna ed esterna al mondo ecclesiale è stato un altro punto di sofferenza e di difficile gestione, non meno del Vatileaks (fuga di riservatissimi documenti), nelle sue diverse stagioni.

La decisione di creare una Segreteria per i media, con a capo mons. Dario Viganò, da parte del papa ha avviato un processo di unificazione dei molti ceppi informativi del Vaticano, dalla radio al centro televisivo, dall’Osservatore romano al servizio Internet. P. Lombardi ha costituito una garanzia sia per la qualità del processo (ancora in corso), sia per le professionalità dei dipendenti. Ma a 74 anni non poteva essere lui in capo a un’impresa che richiederà tempo ed energie.

Sorpreso dalle dimissioni di Benedetto, che ha subito qualificato come atto di governo di assoluto rilievo, non di meno è rimasto stupito dell’elezione di Bergoglio e dalle forme immediate e trascinanti della sua personale comunicazione. Interrogato sulla differenza del suo ruolo fra i due pontefici ha ammesso con sincerità che tutto si giocava nel rapporto fra 80 e 20%. Con Benedetto spendeva l’80% delle sue forze a motivare scelte e indirizzi ostici alla maggioranza dei media e il 20% a incoraggiare i giudizi positivi, mentre con Francesco è stato l’esatto opposto: per l’80% a incoraggiare e il 20% a difendere. Identico, nell’uno e nell’altro caso, lo sforzo di rendere al meglio il pensiero e l’immagine del papa.

Difficile pensare che il suo futuro sia un tranquillo tempo di pensionamento. Anche perché fra qualche mese si aprirà la congregazione generale dei gesuiti e l’attuale preposito generale, p. Nicolas, si presenterà dimissionario.

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