Gli Stati Uniti si sono lasciati alle spalle le Convention dei due partiti nazionali e si avviano al voto per le presidenziali in un clima di tensione sociale e di divisione interna al paese che va crescendo giorno dopo giorno.
Entrambi gli eventi hanno messo in scena, ciascuno a modo suo, anche una liturgia politico-mediale volta a impattare su un cattolicesimo statunitense lacerato in se stesso e schierato su posizioni che sembrano essere antitetiche. Una Chiesa, quindi, che è diventata lo specchio del paese senza nessuna capacità e strategia per tentare di ricomporre un minimo di terreno unitario e condiviso.
L’impressione che ne sorge è quella di un inevitabile «non può che essere così», con un grande numero di cattolici che nei prossimi mesi, e negli anni dopo le elezioni, immagineranno un presidente come rappresentante della loro fede. Con Trump e il suo entourage che hanno cavalcato abilmente questo sentimento cattolico diffuso.
Ed è in quest’ottica che la quasi totalità dei media ha letto e divulgato quanto avvenuto nelle due Convention dei partiti democratico e repubblicano.
Visto dall’altra sponda dell’Atlantico, sembra che il cattolicesimo statunitense non possa immaginarsi senza il suo cavaliere presidenziale, che le lezioni sanciranno non solo quale corrente ecclesiale risulterà vincitrice ma anche che la spaccatura interna al mondo cattolico non farà che approfondirsi nei prossimi quattro anni – senza nessuna volontà di avvicinamento e riconciliazione.
Il bagno politico a cui si sta concedendo il cattolicesimo americano e la Chiesa del paese sembra essere una sorta di abdicazione a farsi carico in proprio della predicazione del Vangelo a tutta la nazione: l’universalismo della cattolicità si è striminzito al localismo bipolare della politica. Smarrendo del tutto una sana alterità dialettica e una adeguata distanza critica dalla politica, come se oramai l’annuncio del Vangelo non possa realizzarsi che attraverso la leadership presidenziale e il potere legislativo.
Un articolo della rivista dei gesuiti statunitensi America ha colto con estrema lucidità il letto di Procuste in cui la Chiesa e i cattolici del paese si sono adagiati senza sapere più come rialzarsi da esso: «Il ruolo della religione in entrambe le Convention ha acceso un dibattito ulteriore tra i cattolici su quale dei due partiti rifletta al meglio la dottrina della Chiesa.
Inevitabilmente, il dibattito si è concentrato sull’aborto – il punto focale della politica cattolica dopo Roe vs. Wade. Ma questo dibattito, per quanto sia prevedibile, è sia surreale che futile: un po’ come mettere in ordine le sedie sul ponte del Titanic. Poco conta chi vincerà a novembre, la Chiesa ne uscirà quasi certamente sconfitta, continuando una parabola intrapresa da tempo; e lo sarà su ciò che vi è di più fondamentale: annunciare e diffondere il Vangelo».